Metaboliti del microbiota intestinale correlati a rischio cardiovascolare

Leggi l'articolo completo | Tulane University, New Orleans, LA (USA) | Pubblicato su Journal of the American Heart Association
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Metaboliti del microbiota intestinale correlati a rischio cardiovascolare

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Elevate concentrazioni nel sangue di metaboliti del microbiota intestinale, in particolare la trimetilammina-N-ossido (TMAO) e i suoi precursori, sarebbero legate a un aumento del rischio cardiovascolare correlato a eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) e a un aumento del rischio di mortalità.

Ad affermarlo sono i ricercatori dell’Università di Tulane (New Orleans, USA) che, in una revisione sistematica pubblicata su Journal of the American Heart Association, hanno analizzato 19 studi prospettici pubblicati tra il 2013 e il 2017 nei quali emerge il legame tra la molecola e il rischio cardiovascolare.

La trimetilammina-N-ossido è un composto organico derivante principalmente dalla colina (presente nella carne rossa, nel pesce, nel pollame e nelle uova).

Quest’ultima è metabolizzata dai batteri del microbioma intestinale in trimetilammina (TMA) che, a sua volta, viene assorbita nel sangue e ossidata in TMAO dall’enzima monoossigenasi contenente flavina presente nel fegato.

Precedenti studi hanno dimostrato che la TMAO modula il metabolismo di colesterolo e steroli inducendo infiammazione a livello delle cellule endoteliali aortiche, contribuendo a incrementare, seppur in parte, il rischio di malattie cardiovascolari.

Inoltre, alti livelli di questo composto sono stati associati al maggiore carico aterosclerotico nei pazienti coronaropatici e all’alterato signaling del calcio che provoca iper-reattività delle piastrine e fenotipo protrombotico in vivo.

Nel complesso, il legame esistente tra la trimetilammina-N-ossido e il rischio di patologie cardiovascolari è già noto. Nessuno tra gli studi precedenti, però, ha condotto una meta-analisi finalizzata a quantificare il rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori in relazione alla concentrazione del composto e dei suoi precursori nel sangue.

È per questo motivo che i ricercatori dell’Università di Tulane, coordinati da Kathryn M. Rexrode, hanno analizzato 19 studi provenienti da 16 pubblicazioni (per un totale di 19.256 soggetti e 3.315 casi incidenti) e hanno incluso nel loro lavoro stime quantitative dell’associazione tra TMAO e rischio di MACE e/o decesso.

Così cambia il rischio cardiovascolare

Dalla revisione sistematica emerge che il rischio relativo (RR) complessivo di sviluppare un evento avverso cardiovascolare maggiore nei soggetti con elevati livelli di TMAO, in confronto agli individui in cui è stata rilevata una limitata presenza della molecola, è pari a 1,62. Il dato sale a quota 1,70 se nel calcolo viene escluso l’unico studio, tra i 19 presi in esame, su soggetti afroamericani (Shafi et al.).

Similmente il RR di mortalità, considerando 2.498 casi di morte su 11.676 soggetti, è 1,63 volte maggiore in presenza di elevate concentrazioni di TMAO. Anche in questo caso si osserva un incremento dopo l’esclusione dello studio di Shafi et al., con il rischio relativo che arriva a 1,72.

Gli scienziati canadesi non hanno trovato altre fonti di eterogeneità nei 18 studi rimanenti. L’analisi di metaregressione ha infatti rivelato che l’associazione tra l’elevata concentrazione di TMAO e il rischio di MACE è costante a prescindere da fattori quali età, diversa BMI, attitudine al fumo, presenza di marker di disfunzioni ai reni, durata del follow-up delle patologie oggetto dei singoli studi esaminati, pressione sanguigna e livelli di lipidi o proteina C-reattiva nel sangue. Gli stessi livelli iniziali di TMAO non hanno influenzato il calcolo del rischio relativo.

Anche i precursori contano

Soltanto sei pubblicazioni hanno fornito i dati necessari a permettere di quantificare il rischio relativo di MACE in presenza di alti livelli di L-carnitina, colina e betaina, precursori della trimetilammina-N-ossido.

Il RR complessivo nei casi di elevata concentrazione di L-carnitina e colina insieme e della betaina da sola è risultato, rispettivamente, 1,26 e 1,43 volte maggiore rispetto ai casi di bassa concentrazione.

La meta-analisi dei dati provenienti dagli studi prospettici ha fornito stime complessive quantitative dell’associazione tra i livelli di trimetilammina-N-ossido e dei suoi precursori nel sangue e l’incidenza di eventi avversi cardiovascolari maggiori e di mortalità.

Rispetto ai soggetti con bassi livelli di TMAO, per gli individui con alti livelli dello stesso composto i ricercatori hanno calcolato un rischio di sviluppo di MACE e di mortalità superiori, rispettivamente, del 62% e 63%. Questa associazione non è soggetta a cambiamenti in base alle condizioni di salute dei pazienti alla baseline.

Proprio per questi motivi è fondamentale tenere conto del microbioma intestinale come un organo endocrino in grado di svolgere un ruolo fondamentale nella regolazione della funzione cardiometabolica: è attraverso esso, infatti, che vengono modulati i livelli di metaboliti bioattivi nel sangue.

Senza dimenticare il fatto che l’ambiente microbico è influenzato da diversi fattori ambientali: la dieta, per esempio, può alterare la composizione batterica, modificando i livelli di TMAO e dei suoi precursori e impattando sulla probabilità che si verifichino eventi avversi cardiovascolari maggiori, nonché sul rischio di mortalità.

Giovanni R. Dioretico

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