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Alte dosi di vitamina D alterano il microbiota e inducono infiammazione

Il sovradosaggio di vitamina D peggiora lo stato di colite comportando un cambiamento di microbiota intestinale.
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Stato dell’arte
La carenza di vitamina D è spesso associata allo sviluppo di vari disordini immunitari quali l’infiammazione cronica intestinale o la colite ulcerosa, poco si sa invece di cosa provochi un suo eccesso in queste condizioni cliniche.

Cosa aggiunge questa ricerca
La somministrazione di alte dosi di vitamina D peggiora lo stato di colite comportando inoltre un cambiamento della composizione batterica intestinale.

Conclusioni
Ulteriori studi saranno necessari per determinare se i cambiamenti del microbiota fecale siano una conseguenza diretta delle variazioni di dose di vitamina D o siano mediati da altri sconvolgimenti immunitari tipici della patologia.


La somministrazione di alte dosi di vitamina D peggiora lo stato di colite comportando inoltre un cambiamento di composizione batterica intestinale.

È quanto dimostra lo studio coordinato da Simon Ghaly (The University of Western Australia, Perth) e di recente pubblicato su Scientific Report, rivista del gruppo Nature.

È ormai ben noto come la vitamina D sia coinvolta nella regolazione della risposta immunitaria innata e adattativa e di come una sua carenza sia associabile allo sviluppo di vari disordini immunitari, infiammazione cronica intestinale o colite ulcerosa ad esempio, sebbene siano numerosi i fattori confondenti, tra i quali la ridotta esposizione al sole, il deficit di introito con la dieta o alterazioni nell’assorbimento, che rendono difficile un’interpretazione chiara dei rapporti causa-effetto.  

Poco si sa invece riguardo agli effetti di un sovradosaggio di questa vitamina in condizioni di disordini immunitari.

A tal proposito, i ricercatori australiani hanno confrontato l’impatto di una dieta ad alto dosaggio di vitamina D (D++, 10.000 IU/kg, n=33) seguita per 4 settimane con una a dosi standard (D+, 2.280 IU/kg, n=34) e un’altra priva di supplemento (D-, n=35) in modelli murini ai quali è stata poi indotta colite mediante somministrazione di solfato sodio destrano (DSS).

Da ultimo è stato indagato l’effetto delle differenti dosi vitaminiche nel microbiota fecale e di come questo sia eventualmente da correlare alla patologia in questione.  Tutti i modelli in intervento sono stati dunque confrontati con controlli sani, privi cioè di patologia ma con lo stesso piano vitaminico.

Per fare ciò sono state condotte diverse analisi come ad esempio la colonscopia, l’endoscopia, l’irradiazione con raggi UV, valutazioni istologiche e sieriche, PCR e l’analisi batterica fecale.

Ecco dunque i principali risultati.

Vitamina D e metaboliti sierici

Analizzando i livelli sierici dei metaboliti della vitamina D, ovvero 25-idrossivitamina D3 o 25(OH)D3 e 1,12-diidrossivitamina D3 o 1,12(OH)2D3, si è visto che:

  • Il gruppo D++ ha i maggiori livelli di 25(OH)D3 rispetto a D+ o D-
  • I livelli di 1,12(OH)2D3 non hanno invece presentato differenze significative tra i gruppi in supplemento mentre sono risultati leggermente inferiori nei modelli D-

Effetti della vitamina D nei modelli di colite indotta

Come anticipato, dopo 4 settimane di trattamento a vari dosaggi di vitamina D, ad alcuni modelli è stata indotta una condizione di colite attraverso la somministrazione di DSS. Sono stati quindi raccolti dati ponderali e campioni di liquidi fecali durante la prima settimana.

  • Tutti i modelli con colite hanno registrato calo di peso rispetto al periodo pre-DSS sebbene negli ultimi giorni di osservazione il gruppo D++ e D- abbiano presentato un peso complessivamente più basso rispetto a quello D+
  • L’indice MEICS usato per determinare il grado di severità della colite si è presentato maggiore per il gruppo D++ (6.3 +/- 0.30) rispetto al gruppo D+ (4.1+/- 0.30) e D- (3.9 +/- 0.33) al sesto e quattordicesimo giorno, differenza annullata al giorno 21 e 35 in corrispondenza alla remissione di malattia
  • I valori istologici del colon registrati al giorno 14 in presenza di colite sono risultati più elevati nei modelli D++ rispetto agli altri due gruppi, 8.22 vs 1.42 e 1.43 rispettivamente
  • I modelli D++ hanno presentato valori di infiammazione superiori se confrontati agli altri due gruppi seppur in maniera non statisticamente significativa
  • Complessivamente l’indice MEICS è risultato positivamente correlato al calo ponderale e ai referti istologici
  • I livelli di albumina sierica al giorno 7 sono emersi inferiori in tutti i modelli di colite rispetto ai controlli sani nonostante i valori minimi siano stati mostrati dal gruppo D++
  • L’espressione genica di TNF-alpha è risultata incrementata in tutti i modelli di colite, D++ in particolar modo, rispetto ai controlli come del resto, seppur in maniera inferiore, quella delle citochine sieriche. Solo IL-12p40 ha infatti mostrato valori significativamente superiori nel gruppo D++ rispetto al D-

Concentrazione sierica dei metaboliti e dei recettori della vitamina D

Tali valori sono stati registrati al settimo giorno dall’induzione di colite.

  • I livelli sierici di 25(OH)D3 hanno presentato una diminuzione di più del 60% nei modelli D++ con colite fino al giorno 35, andamento analogo anche nel gruppo D+
  • Decremento significativo negli stessi gruppi è stato mostrato anche da 1,12(OH)2D3 suggerendo come la diminuzione dell’altro metabolita, ossia 25(OH)D3, non sia da imputare alla sua conversione appunto in 1,12(OH)2D3
  • I recettori per la vitamina D (VDBP) hanno invece sorprendentemente presentato un incremento in tutti i gruppi con colite, D++ e D- in particolare

Regolazione genica correlata a vitamina D nei modelli di colite

Nel tentativo di spiegare la riduzione sierica dei due metaboliti della vitamina D a 7 giorni dall’induzione di colite, sono stati valutati gli eventuali cambiamenti dell’espressione degli enzimi coinvolti nel suo metabolismo.

  • Né il CYP2R1 epatico né il CYP27B1 renale hanno mostrato cambiamenti sostanziali dopo l’induzione di colite sebbene siano stati registrati alcune variazioni
  • CYP24A1 ha presentato una concentrazione circa 5.5 volte superiore a livello renale nel gruppo D+ con colite e di 4.3 volte nei D- con colite rispetto ai controlli
  • Nei controlli, CYP24A1 renale ha presentato livelli circa 4.5 superiori nei D++  rispetto ai D+

L’aumento del metabolismo renale potrebbe quindi essere la causa della riduzione sierica di 25(OH)D3 e 1,12(OH)2D3 nel gruppo D+ con colite mentre rimane ancora poco chiaro il meccanismo che sta alla base della loro diminuzione nei modelli D++.

Raggi UV e colite

La riduzione dei livelli circolanti di 25(OH)D3 e 1,12(OH)2D3 potrebbe essere riconducibile anche a un ridotto assorbimento intestinale della vitamina D, situazione in parte correggibile a livello cutaneo grazie all’esposizione ai raggi UVB. Un sottogruppo di modelli è stato quindi trattato con radiazioni UV continuativamente per 4 giorni e, successivamente, due volte a settimana. A 4 giorni dal pre-trattamento con UV gli è stato dunque somministrato DSS per altri 6 giorni.

  • I modelli del gruppo D- ma esposti a raggi UV (UV+) hanno presentato livelli sierici di 25(OH)D3 pari a 58.0 +/- 2.49 nmol/L rispetto ai 4.8 +/-0.15 nmol/L della controparte (D- ma UV-)
  • A 6 giorni dal trattamento con DSS l’endoscopia non ha registrato alcuna variazione consistente in termini di severità della patologia tra i modelli D- UV+ e D- UV- né con i D+ UV-
  • Al giorno 7 i livelli di 25(OH)D3 e 1,12(OH)2D3 sono risultati significativamente inferiori nel gruppo D- UV- e, in generale, in tutti i modelli con colite rispetto ai controlli sani

Sulla base di questi dati i ricercatori hanno dunque concluso che il calo di circolazione dei metaboliti della vitamina D qui osservato non sia da correlare al malassorbimento ma all’esposizione ai raggi UV.  

Effetti della vitamina D sul microbiota intestinale

L’analisi del microbiota fecale è stata realizzata su un totale di 42 campioni prelevati da 5 esemplari per gruppo con DSS e di controllo al giorno 7 e da altri 4 per gruppo di controllo senza DSS al giorno 35.

Dai dati ottenuti esaminando tutti i campioni dei controlli, nei quali cioè non è stata indotta colite, si è visto che:

  • Nessuna differenza è emersa in termini di alpha e beta-diversity tra il giorno 7 e 35
  • L’aumento di dosaggio di vitamina D non ha impattato sulla ricchezza delle specie espressa con l’indice di Chao1 ma ne ha ridotto la diversità tra il gruppo D++ e D-
  • 40 taxa hanno presentato differenze di espressione fra i tre gruppi in trattamento
  • Paulidibacter|OTU46, Bacteroidales|OTU58, Sutterella|OTU174 e Coprococcus|OTU118 hanno mostrato correlazione positiva con i livelli sierici di 25(OH)D3
  • Paulidibacter|OTU46, Bacteroidales|OTU58 e Sutterella|OTU174 hanno presentato un incremento in relazione a un aumento di introito di vitamina D, Coprococcus|OTU118 al contrario una diminuzione

Passando poi ai campioni prelevati dai modelli con colite:

  • Il trattamento con DSS ha ridotto il numero degli OTUs a 7 giorni all’interno del gruppo D- ma non in quello D++ rispetto ai controlli D-
  • DSS ha complessivamente influenzato la composizione batterica o beta-diversity determinando un arricchimento dei taxa appartenenti a Proteobacteria e, di contro, un impoverimento di quelli legati a Firmicutes
  • Sutterella|OTU174 in particolare ha mostrato significativo aumento di abbondanza nei modelli con colite rispetto ai controlli
  • Nel complesso la componente batterica dei modelli D++ ha mostrato uno spostamento verso quella tipicamente presentata da modelli con colite

In conclusione dunque, sulla base di questo studio, un eccessivo apporto di vitamina D in modelli di colite ha comportato:

  • Peggioramento della severità della patologia in base ai parametri endoscopici e istologici
  • Calo ponderale
  • Diminuzione dei livelli di albumina e dei metaboliti della vitamina D nel siero
  • Aumento dell’espressione di TNF-alpha
  • Cambiamento della componente microbica fecale a favore di specie pro-infiammatorie e suscettibili a colite

Come suggeriscono gli stessi autori, ulteriori studi sono però necessari al fine di approfondire meglio se gli effetti di alte dosi di vitamina D siano sovrapponibili a quelli di una sua carenza a livello intestinale e se i cambiamenti del microbiota fecale siano una conseguenza diretta delle variazioni di dose di vitamina D o siano mediati da altri sconvolgimenti immunitari tipici della patologia.

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