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IBD: microbiota “controllore” della tolleranza intestinale

Nell’apparato gastrointestinale vi è la maggiore superficie di contatto tra sistema immunitario e stimoli esterni, tra cui il microbiota intestinale.
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IBD: microbiota “controllore” della tolleranza intestinale

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L’apparato gastrointestinale rappresenta la maggiore superficie di contatto tra il nostro sistema immunitario e gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno.

Tra questi rientrano anche gli alimenti e il microbiota intestinale. Al contrario di quello che accade in altri distretti corporei l’esposizione a una così vasta gamma di potenziali antigeni non innesca, in condizioni fisiologiche, alcuna risposta infiammatoria.

Tutto questo è possibile senza abolire lo stato di allerta: di fronte a un agente patogeno le cellule immunitarie presenti a livello della lamina propria devono essere in grado di montare una risposta rapida ed efficace mentre le stesse cellule rimangono inerti di fronte a un frammento proteico derivante dalla digestione di un alimento.

Di questo argomento si sono occupati Hélène Descamps e Christoph A. Thaiss dell’University of Pennsylvania in un recente articolo pubblicato sulla rivista Immunity. La comprensione di questi meccanismi potrebbe portare all’elaborazione di un’innovativa strategia terapeutica nei confronti delle malattie infiammatorie intestinali.

Per spiegare come sia possibile mantenere l’equilibrio omeostatico a dispetto del continuo contatto con molecole antigeniche sono stati proposti diversi meccanismi d’azione che coinvolgono:

  • i circuiti di controllo nelle sottopopolazioni di cellule mieloidi,
  • le cellule dell’immunità innata,
  • i linfociti T presenti al livello della lamina propria,
  • e i linfonodi mesenterici.

Un ruolo chiave nel determinare lo switch tra tolleranza e risposta immunitaria è quello svolto dai fagociti mononucleati (MonoNuclear Phagosytes, MNPs) che esprimono il recettore CX3CR1 e che pertanto vengono indicati come CX3CR1+ MNPs. Il CX3CR1 è un recettore a sette domini transmembrana accoppiato a proteine Gi specifico per la chemochina CX3C (anche nota come fractalkina o FKN).

Ai CX3CR1+ MNPs sono state attribuite diverse e contradditorie funzioni. Questo tipo particolare di fagociti mononucleati:

  • partecipa all’immunità antifungina,
  • promuove la risposta immune mediata dall’IL-22,
  • induce la formazione di linfociti T regolatori (Treg) a partire da cellule T precorritrici naïve,
  • sopprime la colite.

La variabilità di funzione dei CX3CR1+ MNPs dipende ampiamente dal contesto (come direbbero gli anglosassoni è higly context-dependent) ed è stato ipotizzato che sia proprio la flora batterica residente a guidare queste cellule verso la tolleranza. Per comprendere meglio questa funzione sono state usate tecniche di deplezione cellulare.

In uno studio condotto da Kim et al. (1) si è potuto verificare che nei topi colonizzati con un microbiota complesso i CX3CR1+ MNPs:

  • hanno limitato la quantità di interferon-γ (IFN- γ) prodotto in risposta all’invasione di Salmonella typhimurium,
  • hanno promosso la tolleranza orale nei confronti dell’antigene ovalbumina,
  • e hanno protetto dalla comparsa della colite dopo “trasferimento cellulare adottivo” di linfociti T colitogenici.

Questa serie di azioni è stata resa possibile inibendo l’attivazione di linfociti T helper 1 (Th1) antigene-specifici presenti a livello dei linfonodi mesenterici e della lamina propria mentre veniva promossa l’espansione dei Treg. A questo punto gli Autori hanno dimostrato che a seguito della deplezione dei CX3CR1+ MNPs si assiste all’instaurarsi di uno stato infiammatorio e all’incapacità di stabilire la tolleranza.

I CX3CR1+ MNPs riescono a controllare la funzione dei linfociti T previa presentazione dell’antigene e rilascio di IL-10. Dunque in condizioni omeostatiche queste cellule sono in grado di modulare la risposta infiammatoria con una modalità antigene-specifica. Questa affermazione è avvalorata dal fatto che la deplezione delle cellule CX3CR1+ non influenza in alcun modo la risposta immunitaria non specifica. Si comprende come un simile meccanismo possa contribuire a rendere possibile la relazione mutualistica tra noi e il nostro microbiota.

L’impoverimento del microbiota intestinale trasforma i CX3CR1+ MNPs da tollerogenici a infiammatori. Lo hanno dimostrato Kim et al. infettando con Salmonella ed esponendo all’ovalbumina una popolazione di topi trattati con antibiotici. Quello che hanno potuto verificare è che i CX3CR1+ MNPs non producevano più IL-10 né promuovevano la formazione di linfociti T regolatori. Piuttosto inducevano la formazione di linfociti Th1 antigene-specifici associandosi sul piano clinico all’instaurarsi di uno stato infiammatorio intestinale e alla comparsa di reazioni allergiche all’ovalbumina.

Microbiota intestinale e infiammazione

Come fa il microbiota intestinale a controllare l’interazione tra i linfociti T e i CX3CR1+ MNPs in modo da modulare lo stato infiammatorio?

Sono stati ancora una volta Kim et al. a rispondere per primi a questa domanda portando a termine una serie di esperimenti di colonizzazione selettiva con differenti ceppi di Escherichia coli in topi trattati con antibiotici.

Soltanto i ceppi che avevano la capacità di aderire all’epitelio intestinale erano in grado di indurre la produzione di IL-10 da parte dei CX3CR1+ MNPs, riducendo così lo stato infiammatorio intestinale e limitando allo stesso tempo la produzione di IFN-γ antigene-specifica in presenza di Salmonella. Questa scoperta amplia il repertorio di funzioni assegnate ai batteri aderenti all’epitelio intestinale (epithelial-adherent bacteria) che, se da una parte esercitano un effetto anti-infiammatorio passando attraverso il coinvolgimento dei CX3CR1+ MNPs, sono in realtà anche i maggiori determinanti dello stato infiammatorio perché in grado di stimolare la proliferazione dei linfociti Th17.

Come questi batteri siano in grado di fare l’una e l’altra cosa rimane ancora da chiarire. In alcuni studi precedenti era stata messa in evidenza l’esistenza nelle cellule CX3CR1+ di protrusioni trans-epiteliali che aggettano nel lume intestinale (2) e che sono capaci pertanto di entrare in contatto con i batteri aderenti alla parete intestinale. In alternativa a questa ipotesi si potrebbe pensare che le cellule CX3CR1+ siano in grado di produrre un cocktail di mediatori solubili di natura variabile in relazione alla composizione del microbiota e, attraverso questo cocktail, di condizionare il comportamento delle cellule immunitarie.

Oltre a cercare di comprendere quale sia la modalità con la quale i batteri aderenti alla parete intestinale interagiscono con i CX3CR1+ MNPs e con i linfociti T, gli scienziati si pongono un’altra domanda: perché ciò accade? Il fenomeno potrebbe avere a che fare con la necessità di conservare la nicchia batterica prossima all’epitelio (epithelial-proximal bacteria) persino nel caso in cui l’intestino subisca l’insulto da parte di un elemento estraneo (batterio o antigene).

Volendo complicare ulteriormente il ragionamento ci si chiede se per il corretto funzionamento di questo pool di cellule sia necessario realizzare all’un tempo l’incontro con l’antigene/batterio patogeno e quello con i batteri aderenti all’epitelio. È stato dimostrato che il trasferimento dell’antigene avviene tra le cellule CX3CR1+ e le cellule dendritiche intestinali contrassegnate dal Cluster of Differentiation 103 (CD103+). I CD103+ sono un subset di cellule coinvolte nella migrazione dei linfociti T a livello dei linfonodi mesenterici e nell’avvio della risposta immunitaria. Ci si chiede se la presentazione dell’antigene ai linfociti T sia un evento necessario anche all’avvio dell’attività anti-infiammatoria delle cellule CX3CR1+.

Zigmond et al. hanno dimostrato che l’interazione tra l’IL-10 e le cellule CX3CR1+ e la successiva ulteriore produzione di IL-10 da parte di queste stesse cellule hanno la capacità di mantenere l’omeostasi intestinale e di sopprimere la colite (3).

Per quanto molte domande rimangano ancora senza risposta lo studio di Kim et al. conferma l’esistenza di un meccanismo di tolleranza intestinale modulato dal microbiota (microbiome-driven).

In questo meccanismo potremmo trovare la spiegazione del fatto che i trattamenti antibiotici nei pazienti affetti da MICI (Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali) producono effetti spesso contrastanti. Una migliore comprensione di questi meccanismi potrebbe darci la possibilità di trattare e risolvere i problemi di ipersensibilità o le patologie intestinali su base infiammatoria.

Roberta Martinoli

Bibliografia

  1. Kim M., Galan C., Hill A.A. et al. (2018). Critical role fort the microbiota in CX3CR1+ intestinal mononuclear phagocyte regulation of intestinal T cell responses. Immunity 49, 151-163.
  2. Niess J.H., Brand S. et al. (2005). CX3CR1-mediated dendritic cell access to the intestinal lumen and bacterial clearance. Science 307, 254-258.
  3. Zigmond E., Bernshtein B. et al. Macrophage-restricted interleukin-10 receptor deficiency, but not IL-10 deficiency, causes severe spontaneous colitis. Imnunity 40, 720-733.

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