Parkinson e disbiosi: microbiota intestinale per monitorare la progressione

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Nei pazienti con Parkinson la conta batterica intestinale diminuisce col tempo. Il profilo di riduzione, oltre che dal quadro clinico dell’individuo, varia a seconda della specie permettendo di prevedere se il decorso di malattia seguirà tempi brevi o più dilatati.

L’implicazione della disbiosi intestinale nella progressione del Parkinson qui riportata, è stata infatti dimostrata da un recente studio giapponese pubblicato in PLOS ONE.

Ricerche precedenti avevano riportato una correlazione tra Parkinson e disbiosi:  pazienti affetti da questa patologia mostravano infatti un’alterata permeabilità intestinale testimoniata ad esempio da alti livelli di lipopolisaccaridi circolanti oltre che da un aumento di specie batteriche associate a costipazione, sintomo caratteristico di questa patologia, quali E. coli, Enterobacteriaceae, Prevotella, L. gasseri e C. coccoides.

Sulla base di questi dati, Tomomi Minato e colleghi della Nagoya University Graduate School of Medicine hanno voluto approfondire il legame presunto tra microbioma e Parkinson seguendo 36 pazienti per 2 anni e analizzando, attraverso l’analisi di campioni fecali, in particolare i cambiamenti batterici intestinali. Tuttavia, ai fini dell’analisi dei risultati finali è stato considerato solamente il materiale di 28 di loro.

Come affiancamento delle procedure di indagine strumentale di sequenziamento genico e di quantificazione del legame proteico, sono state applicate scale di valutazione ad hoc per andare a determinare la gravità del quadro clinico tra le quali UPDRS I-IV (Unified Parkinsons’s Disease Rating Scale), HY (Hoehn- Yahr scale), MoCA-J (Montreal Cognitive Assessment) e MMSE (Mini Mental Sate Examination). I pazienti, in base al cambiamento di punteggio UPDRS totale a due anni, sono stati suddivisi quindi in stabili (gruppo 1) e progressivi (gruppo 2).

Sono state comparate le rispettive caratteristiche cliniche, i livelli di anticorpi sierici specifici per lipopolisaccaridi (LBP) e quelli di espressione batterica tra i due gruppi.

Nel gruppo con decorso di patologia il punteggio UPDRS si è dimostrato più elevato rispetto al gruppo 1 mentre analoghi sono risultati i livelli di LPS.

In riferimento alla conta batterica, complessivamente non si sono riscontrate marcate differenze nonostante nel gruppo 2 la quantificazione di Bifidobacterium alla baseline sia stata inferiore rispetto all’altro gruppo, suggerendo come questo parametro possa essere un fattore predittivo di progressione.

Inoltre, dal confronto tra valori registrati al baseline e quelli a 2 anni, sono stati registrati punteggi UPDRS, HY e MoCA-J totali elevati solo nel gruppo con Parkinson progressivo come del resto i livelli di LBP anche se questi ultimi non in maniera statisticamente significativa.

La conta batterica si è ridotta in entrambi i gruppi ma coinvolgendo specie differenti. Il gruppo di pazienti stabili infatti, a 2 anni ha infatti registrato un decremento relativo a Bifidobacterium, un sottogruppo di C. leptum, Bacteroides fragilis, Atopobium cluster, Enterococcus, un sottogruppo di L. gasseri e di L. reuteri. Tra i soggetti progressivi invece una diminuzione significativa si è riscontrata solo per un sottogruppo di L. gasseri.

Questi ultimi dati hanno quindi messo le basi per un’ipotesi di correlazione tra modificazione della conta batterica, il decorso della patologia e i livelli di LBP, confermando così la relazione tra Parkinson e disbiosi.

I ricercatori hanno quindi condotto un’analisi di regressione lineare considerando i dieci gruppi, generi e specie batteriche più rappresentative.

Le conte di Bifidobacterium e Atopobium alla baseline sono risultate un buon valore predittivo per il cambio di UPDRS totale. In particolare, solo la modifica di UPDRS I è risultata negativamente correlata all’espressione di Bifidobacterium e B. fragilis.

Il cambio di livelli sierici di LBP nei 2 anni è stato invece positivamente correlato alla conta iniziale di L. brevis e L. plantarum.

Parkinson e disbiosi, risultati da confermare

Il microbiota intestinale sembrerebbe quindi esser coinvolto nell’evolversi della malattia di Parkinson. La conta batterica fecale in tutti i pazienti è risultata diminuita al termine del periodo di osservazione interessando tuttavia linee batteriche diverse nel gruppo dei pazienti stabili vs progressivi.

Tra i dati ottenuti quelli più significativi riguardano il diverso grado di espressione di Bifidobacterium andando quindi a suggerire un effetto protettivo da parte soprattutto di questa specie nei confronti della progressione di Parkinson.

Si tratta tuttavia di risultati preliminari e, a detta degli stessi autori, da confermare alla luce di studi clinici più ampi e mirati ad approfondire le conoscenze relative al ruolo che Bifidobacterium, ma anche altre specie batteriche rivestono in una patologia ormai diffusa e, ad oggi, senza una terapia risolutiva.

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