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Parkinson: scoperti batteri intestinali che riducono l’efficacia di levodopa

Il microbiota intestinale potrebbe influire sull'efficacia dei farmaci. È il caso della levodopa, come dimostra un recente studio olandese.
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Parkinson: scoperti batteri intestinali che riducono l’efficacia di levodopa

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Stato dell’arte
I batteri intestinali interferiscono con molti trattamenti farmacologici intervenendo soprattutto in fase di metabolismo. Nel caso del morbo Parkinson, anche la terapia levodopa/inibitori di carbossilasi ha mostrato fluttuazioni di efficacia, ma rimane ancora da capire l’eventuale ruolo della componente batterica.

Cosa aggiunge questa ricerca
Lo studio ha lo scopo di valutare la capacità di alcuni batteri colonizzanti il tratto del digiuno nel trasformare la levodopa in dopamina, rapidamente metabolizzata dal nostro organismo.

Conclusioni
I batteri intestinali che esprimono il gene per la decarbossilazione della tirosina (TDC) interferiscono con il metabolismo della levodopa e richiedono un aumento di dosaggio per ottenere un’efficacia terapeutica. I pazienti che non rispondono alla terapia hanno un maggiore contenuto fecale di questi batteri.


Quando si parla di efficacia dei farmaci, ognuno è un caso a sé. Anche con i farmaci di prima linea, o quelli più comuni, si possono infatti ottenere risposte ben diverse da individuo a individuo.

Tra i molti fattori che influenzano la risposta ai medicinali rientra anche la variabilità del microbiota intestinale. Alcuni batteri infatti sono in grado di interferire con il farmaco alterandone soprattutto il metabolismo. È il caso della levodopa e dei batteri che esprimono il gene di decarbossilazione della tirosina o TDC.

Lo dimostra lo studio coordinato da Sebastiaan P. van Kessel dell’University of Groningen, in Olanda, pubblicato su Nature Communications.

La combinazione di levodopa e inibitori delle dopacarbossilasi (la carbidopa per esempio) è il trattamento d’elezione in caso di morbo di Parkinson. Questa terapia, però, non è efficace in tutti i pazienti oppure possono essere necessarie dosi sempre maggiori col passare del tempo. Le differenze di composizione e/o espressione batterica sono tra le possibili spiegazioni di questo fenomeno.

Numerosi sono infatti i microrganismi intestinali, Lactobacillus ed Enterococcus in primis, che esprimono geni codificanti enzimi decarbossilasi potenzialmente in grado di intervenire sul farmaco data l’analogia di struttura con il loro substrato fisiologico, la tirosina. Determinare in che modo e con quale impatto è lo scopo del presente studio. Per farlo sono stati condotti esperimenti di incubazione in vitro, analisi di campioni fecali di pazienti responsivi vs resistenti e test in vivo con modelli di ratto. Di seguito i principali risultati suddivisi per le varie fasi di studio.

Trasformazione di levodopa in dopamina: il meccanismo batterico in vitro

Trattando cellule intestinali di ratto con levodopa e analizzandone il cromatogramma si è visto come la decarbossilazione del farmaco a dopamina coincida con la trasformazione di tirosina in tiramina. Inoltre, solo quando la tirosina è decarbossilata avviene la produzione di dopamina. Di contro, nelle cellule controllo non si è osservata la presenza di dopamina.

Questi dati supportano quindi il coinvolgimento dei geni di decarbossilazione della tirosina (TDC), espressi da determinati batteri, anche nel metabolismo e quindi nella biodisponibilità di levodopa a livello intestinale.

Ma quali sono i batteri che esprimono TDC che possono interferire con questo trattamento?

Per scoprirlo, i ricercatori si sono basati su un database di genoma batterico (HMP) selezionando più di 50 ceppi di Enterococcus (E. faecium ed E. faecalis in particolare), oltre che di Lactobacillus (L. brevis) e Staphyloccocus. L’effettiva capacità di decarbossilare la levodopa si è però mostrata differente in base al ceppo. E. faecium ed E. faecalis hanno per esempio presentato un’attività molto maggiore di L. brevis.

Una volta identificati gli attori principali si è passati a verificare che il gene TDC sia effettivamente il solo responsabile di questo processo. Per farlo, un ceppo wild-type di E. faecalis v583 è stato confrontato con un analogo modificato per non esprimere il gene in questione.

Dopo una notte di incubazione con levodopa, la dopamina è risultata presente solo nel mezzo di coltura del ceppo non mutato, confermando il ruolo essenziale di TDC.

Stando poi alla fisiologia, la tirosina, in quanto substrato dell’enzima codificato da TDC, potrebbe ostacolare l’azione batterica sul farmaco. È realmente così? Sembrerebbe di no.

Dopo aver incubato rispettivamente E. faecalis v583 ed E. faecium W54 con levodopa (100μM) e un eccesso di tirosina (500 μM) si è osservata una conversione sia di levodopa in dopamina sia di tirosina in tiramina. La reazione di decarbossilazione si è tuttavia registrata in diversi momenti della vita cellulare a seconda del ceppo. Con E. faecalis v583 durante la fase di attiva proliferazione, con E. faecium W54 invece a crescita già avvenuta.

Se un eccesso di tirosina non ha ostacolato il metabolismo batterico, potrebbero farlo gli inibitori di dopacarbossilasi umani (carbidopa, benserazide, metildopa), usati correntemente nella pratica clinica in combinazione levodopa proprio per aumentarne la biodisponibilità.  Anche la carbidopa, il più efficace dei tre, non è riuscito a ostacolare la trasformazione e quindi l’attività di TDC.

Differenti dosaggi nei pazienti: il ruolo del microbiota

In alcuni pazienti, il trattamento con levodopa può non dare alcuna efficacia clinica o, con il tempo, richiedere un consistente aumento di dosaggio. Per verificare se queste condizioni potrebbero essere correlate alla presenza di batteri intestinali esprimenti il gene TDC, sono stati analizzati i campioni fecali di questa tipologia di soggetti.

Si è osservata una correlazione forte e positiva tra l’abbondanza relativa di batteri con TDC e la necessità di incrementare la dose di terapia oltre che la durata della stessa.

Livelli di levodopa plasmatici in vivo

Da ultimo, i ricercatori hanno voluto constatare se l’abbondanza del gene TDC a livello intestinale rispecchiasse una certa concentrazione di levodopa/carbidopa o dopamina nel plasma trattando 18 modelli di ratto.

I livelli di farmaco e metabolita plasmatici sono risultati negativamente correlati con l’abbondanza di TDC, al contrario delle loro concentrazioni intestinali. Infine, modelli colonizzati con E. faecalis v583 wild-type hanno presentato livelli plasmatici di levodopa/carbidopa significativamente inferiori rispetto a quelli colonizzati con il ceppo mutato.

In conclusione, possiamo affermare che:

  • il gene batterico TDC è attivamente coinvolto, nonché indispensabile, per la conversione di levodopa in dopamina
  • nonostante siano diversi i ceppi esprimenti tale gene, la reale capacità di metabolismo è ceppo dipendente
  • elevate concentrazioni di tirosina, substrato enzimatico fisiologico, non proteggono il farmaco dal metabolismo
  • i classici inibitori di dopacarbossilasi, somministrati nella pratica clinica con levodopa, non ostacolano l’attività enzimatica dei batteri esprimenti TDC
  • i pazienti che richiedono aumenti di dosaggio presentano elevate concentrazioni di batteri esprimenti TDC a livello fecale

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