Sclerosi multipla: vantaggi del digiuno intermittente legati al microbiota intestinale

Il digiuno intermittente ha dimostrato benefici in modelli murini di sclerosi multipla andando ad agire anche sul microbiota intestinale.
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Sclerosi multipla: vantaggi del digiuno intermittente legati al microbiota intestinale

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Il digiuno intermittente ha dimostrato numerosi benefici in modelli murini di sclerosi multipla andando ad agire anche sul microbiota intestinale. Risultati analoghi sono stati riscontrati in pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente.

È quanto emerge dallo studio italo-americano coordinato da Francesca Cignarella e recentemente pubblicato su Cell Metabolism.

La sclerosi multipla (SM) colpisce ad oggi circa 2.5 milioni di persone al mondo presentandosi sotto diverse forme e gradi di severità.

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È di fatto una patologia neurodegenerativa dall’eziologia complessa e multifattoriale. Ai determinanti genetici infatti se ne associano altri di tipo ambientale tra i quali la dieta che ha dimostrato in più occasioni essere associata non solo all’introito calorico e nutritivo dell’individuo ma anche al suo sistema immunitario, al decorso di un eventuale stato infiammatorio e soprattutto alla composizione e funzionalità della componente batterica intestinale. Tuttavia, nei pazienti con sclerosi multipla il ruolo delle abitudini alimentari relativo alla progressione e alle manifestazioni cliniche della malattia solleva ancora molti interrogativi benché sia stato dimostrato come il microbiota di pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente (RRSM) sia peculiare rispetto a soggetti sani e come una restrizione calorica prolungata sia in grado di migliorare significativamente la condizione clinica in vivo.   

Lo studio sui modelli murini di sclerosi multipla

Attraverso questo studio quindi, i ricercatori della Washington University School of Medicine, negli USA, hanno valutato l’ipotesi che un digiuno intermittente (IF) possa dare vantaggi in situazione di sclerosi multipla rispetto a una dieta normale (gruppo di controllo).

Essendo però la restrizione calorica cronica difficile da far accettare alla maggior parte dei pazienti e considerando come anche un IF comporti la maggior parte degli effetti visti con il primo intervento, si è optato per questo secondo schema ovvero IF.

I test sono stati condotti in primo luogo attraverso i modelli murini di patologia EAE (encefalomielite autoimmune) in quanto quelli maggiormente utilizzati anche nello sviluppo di nuovi farmaci in questo settore e, successivamente, su un ristretto numero di pazienti (n=17) colpiti da RRSM e trattati con corticosteroidi mediante uno studio clinico randomizzato controllato (RCT).

Durante la fase in vivo i campioni di siero, sangue e feci sono stati collezionati rispettivamente al baseline (T1), dopo 4 settimane dall’inizio del IF vs dieta normale ma prima dell’immunizzazione per EAE (T2) e tra il 18° e 20° giorno di EAE dopo un giorno di digiuno per il primo gruppo (T3). Per quanto riguarda invece il trial pilota con i pazienti, i campioni fecali sono stati collezionati dopo 15 giorni dall’inizio dell’intervento (IF vs dieta normale).

Ecco dunque i risultati principali di questo ampio lavoro di ricerca ottenuti rispettivamente da test in vivo e dallo studio clinico.

Il digiuno intermittente migliora il decorso clinico

Monitorando e confrontando i parametri clinici dei due gruppi di topi a 4 settimane si è notato che:

  • Il digiuno intermittente ritarda notevolmente lo sviluppo di EAE
  • Nel gruppo in IF, 3 dei 10 modelli non hanno sviluppato episodi clinici di EAE, andandosi di contro a manifestare nella totalità dei casi nell’altro gruppo
  • Il decorso della patologia è nettamente meno severo nel gruppo in IF

Queste osservazioni sono supportate da dati immunologici. I modelli trattati con IF hanno presentato infatti minori livelli di infiltrazione di cellule infiammatorie tra le quali IL-17A, IFN-γ e GM-CSF oltre che una più ridotta demielinizzazione.

Inoltre, con riferimento specifico all’immunità locale dell’intestino si è osservato come IF riduca la proporzione di Th17-CD4+ e come di contro aumenti quella di Treg nei linfonodi mesenterici.

Il digiuno intermittente comporta cambiamenti nei livelli sierici di adipochine, corticosterone e chetoni in modelli murini

  • In T2 i valori sierici di leptina hanno dimostrato un buon decremento nel gruppo in IF rispetto alla controparte. Tuttavia, questa differenza non è stata riscontrata in T3
  • I livelli di adiponectina sono risultati più elevati nel gruppo in IF al tempo T2
  • Sia in T2 che in T3 si è riscontrato un aumento dei valori di corticosterone nel gruppo in IF rispetto ai controlli
  • Tra i chetoni, il beta-idrossibutirrato ha dimostrato un notevole incremento nel gruppo in IF sia in T2 che in T3
  • In T2 i valori di tutti gli analiti considerati sono risultati comparabili dopo un giorno di digiuno o dieta normale ad eccezione di leptina (diminuita solo dopo digiuno) e corticosterone (aumentato solo dopo digiuno)

Il digiuno intermittente favorisce la diversità e altera la composizione del microbioma intestinale

I due gruppi hanno mostrato un microbiota analogo al baseline sia in termini di composizione che di ricchezza, situazione ribaltata in T2 e T3 dove sono emerse sostanziali differenze. Nel dettaglio:

  • Nel gruppo di controllo la diversità batterica si è mantenuta stabile durante tutto lo studio
  • I modelli in digiuno intermittente hanno presentato un aumento di diversità in T2 e T3 rispetto al baseline
  • Le famiglie Bacteroidaceae, Lactobacillaceae e Prevotellaceae sono risultate incrementate nel gruppo in IF rispetto ai controlli in T2 ma soprattutto in T3
  • A livello di specie il gruppo in IF ha mostrato aumentata espressione di Lactobacillus johnsonii, Lactobacillus reuteri, Lactobacillus murinus e Lactobacillus sp. ASF360
  • Alcuni parametri sierici hanno dimostrato correlazioni con ceppi batterici tra i quali:
  • Associazione positiva tra corticosterone e Lactobacillaceae e tra leptina e Rikenellaceae e Lachnospiraceae
  • Associazione negativa tra leptina e Bateroidetes e un ceppo non classificato di Lactobacillaceae

Il digiuno intermittente altera le funzionalità metaboliche del microbioma intestinale

27 vie metaboliche sono risultate differentemente espresse nei due gruppi. In particolare:

  • Il gruppo in IF ha presentato un aumento nella sintesi e degradazione dei corpi chetonici e nel metabolismo del glutatione migliorando quindi l’apporto antiossidante
  • Di contro, scarsa rappresentanza l’ha dimostrata soprattutto la via di biosintesi dei lipopolisaccaridi suggerendo possibili benefici per la condizione di EAE attraverso una minor stimolazione del sistema immunitario innato

Il trapianto di microbiota fecale da modelli trattati con digiuno intermittente migliora il quadro clinico indotto di EAE

Per approfondire le conoscenze su quale sia il meccanismo attraverso il quale IF diminuisca la severità di EAE e se questo implichi la componente batterica, i ricercatori hanno condotto un trapianto di microbiota fecale in modelli animali di EAE pretrattati con antibiotici prelevando il materiale da altri donatori murini trattati con IF vs dieta normale.

Solamente il trapianto di microbiota da modelli in IF ha comportato nei riceventi un miglioramento del quadro clinico supportando il ruolo positivo della componente batterica peculiare in quel gruppo.  

La restrizione calorica intermittente ha mostrato risultati in parte sovrapponibili a quelli ottenuti in vivo su pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente

Come anticipato, dopo una prima fase di studio su modelli animali, i ricercatori sono passati a valutare la sicurezza, la fattibilità e l’impatto di un regime di restrizione calorica non continuativa (IER) su 17 pazienti con RRSM randomizzati 1:1 confrontandola con una dieta normale.  

Complessivamente IER è risultata ben tollerata e sicura comportando cambiamenti, già visti in vivo, sul profilo sierico ed ematico di alcuni metaboliti o componenti cellulari oltre che batterico.  Nel dettaglio, al giorno 15 è stato osservato che:

  • I livelli sierici di leptina sono notevolmente diminuiti nel gruppo IER
  • Adiponectina è aumentata in entrambi i gruppi
  • IER non ha comportato alcun effetto sui valori di beta-idrossibutirrato
  • I valori assoluti dei linfociti T e B hanno presentato un aumento nel gruppo di controllo rispetto alla controparte che invece ha mostrato livelli stabili o addirittura diminuiti se confrontati con quelli di baseline
  • CD4+ e CD8+ hanno subito un decremento nel gruppo in IER
  • La conta assoluta dei Treg è analoga nei due gruppi nonostante presenti un leggero decremento nel gruppo di controllo rimanendo invece stabile nell’altro
  • L’abbondanza di Faecalibacterium, Lachnospiracea incertae sedis e Blautia ha presentato un aumento nel gruppo in IER sebbene in maniera non statisticamente significativa
  • Faecalibacterium ha dimostrato una forte associazioni positiva con i livelli ematici di adiponectina

Lo studio, come sottolineano gli stessi autori, presenta però alcune limitazioni in entrambe le fasi. Relativamente ai test in vivo, l’uso di modelli di EAE e non prettamente di SM potrebbe aver alterato i risultati benché siano questi quelli maggiormente utilizzati in questo ambito di ricerca; il microbiota di modelli murini per quanto possa essere indotto e manipolato per assomigliare a quello umano presenta inevitabilmente delle differenze a vari livelli; gli adattamenti funzionali osservati nel gruppo IF non hanno rispecchiato del tutto quelli riscontrati sull’uomo. Per il trial pilota invece il ristretto numero di pazienti e il trattamento con corticosteroidi potrebbero minare l’affidabilità dei dati.

In conclusione possiamo affermare che:

  • Il digiuno intermittente migliora il decorso clinico di sclerosi multipla in modelli animali (EAE)
  • Il digiuno intermittente favorisce la diversità batterica alterandone inoltre la composizione e la funzionalità metabolica
  • Il trapianto di microbiota da modelli in digiuno intermittente protegge da EAE nei modelli riceventi
  • Le evidenze preliminari riscontrate nel trial clinico con pazienti RRSM in regime di IER confermano parzialmente i risultati ottenuti in vivo

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