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Intestino e depressione, correggere la disbiosi può migliorare la qualità di vita

Il nostro intestino è considerato sede di un secondo cervello che partecipa attivamente allo stato di salute e di benessere del nostro organismo. Inoltre, cervello enterico e cervello superiore sono implicati in una comunicazione bidirezionale complessa che avviene grazie a numerosi mediatori che circolano tra questi due organi.

Il microbiota intestinale è uno degli attori protagonisti di questa comunicazione e diversi studi hanno dimostrato come alcune delle sue specie batteriche partecipano attivamente alla produzione di specifici neurotrasmettitori come la serotonina, la dopamina e l’acido gamma aminobutirrico.

Pertanto, avere un microbiota intestinale in equilibrio, adeguatamente strutturato e con un’ampia biodiversità batterica è importante per la funzionalità del cervello enterico e per le implicazioni che quest’ultimo può avere sul cervello superiore. Alla luce di ciò, disbiosi intestinale, infiammazione, alterazione dello stato di permeabilità intestinale, alterazione della barriera emato-encefalica e neuroinfiammazione possono essere responsabili di una patologia depressiva o dell’insorgenza di neuroinfiammazione tipica del paziente con depressione maggiore. Un’integrazione probiotica mirata a correggere lo stato di disbiosi intestinale e il conseguente carico infiammatorio può essere oggi considerato un ausilio per migliorare la qualità di vita del paziente con alterazioni del tono dell’umore.

Ne parliamo con Marcello Romeo, PhD in biomedicina e neuroscienze e docente al Master in nutrizione umana dell’Università di Pavia.

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