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Cavalli da endurance: studio indaga correlazione tra microbioma e performance sportiva

Uno studio dell’Università Paris-Saclay ha analizzato il microbioma intestinale di cavalli da endurance, valutandone l'impatto sulle prestazioni sportive e sul profilo metabolico e biochimico. Ecco i risultati.
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Cavalli da endurance: studio indaga correlazione tra microbioma e performance sportiva

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Stato dell'arte
Un’attività fisica intensa influisce anche sul microbioma intestinale e, con ogni probabilità, sulla salute dell’ospite. Come questo avvenga nei cavalli da endurance è ancora poco chiaro.
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo dello studio è stato quello di integrare analisi compositive e funzionali del microbioma intestinale con quelle biochimiche, metaboliche e di performance di 52 equini da endurance allenati a coprire distanze diverse (90, 120 e 160 km).
Conclusioni
Analisi di cluster batterico hanno individuato 2 profili principali con caratteristiche peculiari per composizione e funzionalità. Nessuna associazione significativa però è emersa tra il microbioma e i parametri fisiologici misurati o le prestazioni agonistiche. Trattandosi di uno studio preliminare, sono necessarie ulteriori conferme.

In questo articolo

Nonostante il microbioma intestinale di cavalli da endurance possa variare per composizione e funzionalità soprattutto in base alla dieta, ciò non sembrerebbe influire sulle loro prestazioni sportive e sul loro profilo metabolico e biochimico. Lo dimostra lo studio preliminare condotto da Sandra Plancade e colleghi dell’Università Paris-Saclay, di recente pubblicazione su Scientific Reports.

L’endurance, competizione equestre basata sulla resistenza, richiede agli animali un notevole sforzo fisico e allenamento. Recenti studi di metagenomica hanno evidenziato come anche un’attività fisica intensa possa ripercuotersi sul microbioma intestinale e, potenzialmente, sulla salute complessiva dell’ospite. Evidenze a riguardo dei cavalli da endurance sono però scarse. A tal proposito, i ricercatori francesi hanno analizzato il microbioma intestinale di 52 esemplari (8 maschi, 22 giumente e 22 castrati) impegnati in questo tipo di sport e allenati per coprire distanze pari a 90 km (n=19), 120 km (n=17) e 160 km (n=16). Alla determinazione batterica è seguita la valutazione e la correlazione di parametri biochimici, metabolici e sportivi. Di seguito i risultati.

Composizione e funzionalità del microbioma

L’analisi della composizione filogenetica complessiva ha dimostrato che:

  • Firmicutes (60.1 ± 3.70%), Bacteroidetes (19.3 ± 4.28%), Fibrobacteres (9.6 ± 5.11%) e Spirochaetes (8.9 ± 2.26%) sono i phyla maggiormente espressi;
  • Lachnospiraceae (27.4 ± 2.51%), Ruminococcaceae (24.78 ± 4.29%), Fibrobacteraceae (9.7±5.26%), Spirochaetaceae (9.1±2.33%) e Prevotellaceae (8.37±2.02%) sono le famiglie più rappresentate;
  • a livello di genere la predominanza di Clostridium XIVa (16.2 ± 2.34%), Fibrobacter (11.0 ± 5.81%) e Treponema (10.3 ± 2.57%);
  • è presente un core batterico composto da 23 generi, tra i quali Clostridium XIVa, Fibrobacter, Treponema e Ruminococcus. Altri generi, non inclusi nel core, hanno comunque dimostrato buona abbondanza (Alloprevotella, Anaerovibrio, Desulfovibrio, Paludibacter, Streptococcus e membri non classificati di Ruminococcaceae);

Confrontando invece il microbioma tra i vari esemplari è risultata evidente la suddivisione in due profili batterici indicati come “comunità 1” e “comunità 2”, differenti sia per composizione, con la significativa differenza nell’espressione di 76 generi, sia per funzionalità.

Nel dettaglio, la comunità 1, condivisa da 15 esemplari principalmente castrati e allenati per i 160 km, ha dimostrato:

  • una ridotta ricchezza, diversità e omogeneità batterica, seppur con una buona espressione di specie “rare” e non appartenenti al core;
  • scarsa abbondanza di taxa associati a Bacteroidetes e Proteobacteria;
  • alta abbondanza di taxa relativi ad Actinobacteria e Firmicutes;
  • elevata espressione di batteri amilolitici (Streptococcus), ma ridotto numero di batteri cellulosolitici (membri di Ruminococcaceae e Lachnospiraceae), proteolitici (Prevotella ecc.) e coinvolti nella produzione di butirrato (Butyrivibrio per esempio);
  • presenza peculiare di generi quali Dietzia, Escherichia/Shigella, Saccharopolypsora,

Ureibacillus e Weissella. Preponderante rispetto all’altra comunità l’espressione di Actinoplanes, Bacteroides, Caryophanon, Corynebacterium, Rummeliibacillus, Staphylococcus e membri della famiglia Micrococcineae;

  • un buon livello di correlazione tra i generi (139 associazioni per 46 generi), principalmente a carico di Prevotella oltre che di Anaerosporobacter, Anaerovibrio, Gordonia e Coprococcus.

Per quanto riguarda la comunità 2, associata a 36 esemplari (femmine e castrati per la maggior parte e adatti per i 90 e 120 km), è emerso che:

  • elevati sono i valori di ricchezza batterica a livello di genere (indice Chao1);
  • ruolo chiave è da attribuire a membri della famiglia Ruminococcaceae, Eubacteriaceae, Lachnospiraceae, oltre che Anaerovorax e Clostridium XIVa;
  • il grado di inter-correlazione batterica è inferiore rispetto alla comunità 1, con solamente 64 associazioni tra i 31 generi risultanti;
  • maggiore rispetto alla comunità 1 è la carica fecale di funghi anerobi, invariata quella di protozoi e batteri.

Esaminando oltre alla composizione anche la relativa funzionalità, la comunità 1 ha registrato più alti livelli di acetato, la 2 invece di propionato e butirrato. Iso-butirrato e iso-valerato hanno, di contro, presentato livelli similari.

Microbiota, variabili dell’ospite e ambientali

Lo studio è dunque proseguito integrando i dati sul microbiota sulla base di sesso, età e razza di ciascun esemplare. Nessuna correlazione significativa è tuttavia emersa, suggerendo come la comunità batterica non sia influenzata da questo tipo di variabili dipendenti dall’ospite. Nemmeno fattori ambientali quali la qualità del viaggio, l’alloggio, o le condizioni di allevamento hanno mostrato associazione con la comunità batterica.

La dieta ha di contro registrato un forte impatto sulla comunità batterica, senza però avere un riscontro sulle prestazioni fisiche dell’esemplare (velocità, ritmo cardiaco, distanza raggiunta ecc.), come del resto i parametri biochimici e metabolici talvolta differenti in base al profilo batterico.

In conclusione, dunque, il microbioma intestinale di cavalli sottoposti a sforzo fisico intenso può variare in termini di composizione e funzionalità, senza però che questo comporti un’alterazione delle loro performance sportive.

Trattandosi tuttavia di uno studio preliminare e condotto su un ristretto numero di esemplari, ulteriori approfondimenti sono necessari al fine di validarne i risultati e di comprendere meglio il ruolo della dieta in questa categoria di equini.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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