Asse intestino-cervello: memoria a rischio se la dieta è scorretta

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Asse intestino-cervello: memoria a rischio se la dieta è scorretta

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Un gruppo di ricercatori della University of Southern California ha pubblicato di recente una revisione sistematica che fa il punto della situazione sull’impatto negativo che una dieta ricca di grassi saturi e zuccheri aggiunti, tipica dei Paesi Occidentali, può avere sulle funzioni cognitive, e in particolare sui processi mnemonici a carico dell’ippocampo.

Secondo quanto riportato sulla rivista Frontiers in Behavioral Neuroscience, sono numerose le ricerche che suggeriscono un ruolo chiave del microbioma intestinale: se da una parte i batteri che popolano l’intestino sono in grado di influenzare le funzioni cognitive attraverso il cosiddetto asse cervello-intestino, dall’altra è stato dimostrato che una dieta occidentale altera la composizione dei microrganismi commensali del tratto gastrointestinale.

Una delle conseguenze della disbiosi causata da questo tipo di alimentazione è la ridotta produzione di acidi grassi a catena corta: si tratta di molecole, sintetizzate dai batteri intestinali, che hanno un effetto neuroprotettivo e un’azione antinfiammatoria a livello sia enterico sia cerebrale.

Un’altra funzione del microbiota dell’intestino è quella di regolare l’integrità della barriera emato-encefalica, importante sia per garantire l’apporto di nutrienti e sostanze necessarie alle funzioni del cervello, sia per impedire l’ingresso di tossine potenzialmente pericolose.

Schema riassuntivo dell’ipotetico meccanismo che correla la dieta occidentale (Western Die, WD), il microbioma intestinale e le disfunzioni cognitive. [1] Un apporto eccessivo di zuccheri/grassi con dovuto alla WD altera il microbioma intestinale. [2] La WD riduce la concentrazione di acidi grassi a catena corta (short chain fatty acids, SCFA), e questo ha un effetto negativo sulla neuroprotezione e sui processi infiammatori a livello enterico. Gli SCFA modificano il signaling dell’insulina stimolando la produzione di GLP-1 da parte delle cellule L. [3] La WD può danneggiare la barriera intestinale e promuovere la traslocazione nel sangue di batteri Gram – produttori di endotossine. [4] Le citochine infiammatorie e/o la riduzione della sensibilità insulinica indotte dal microbioma intestinale mutato a causa della WD possono avere un effetto negativo sulle funzioni dell’ippocampo e sulla memoria. [5] Una WD può compromettere l’integrità della membrana ematoencefalica che può essere in parte correlata all’alterazione dell’equilibrio del microbioma intestinale. [6] La WD compromette significativamente le funzioni di apprendimento legate all’ippocampo e la memoria. (da Front. Behav. Neurosci., 30 January 2017 | https://doi.org/10.3389/fnbeh.2017.00009)
Alcuni studi hanno dimostrato un’associazione fra una dieta di tipo occidentale e il danneggiamento di questa struttura anatomica: resta quindi da stabilire se il nesso causale tra i due sia proprio la disbiosi intestinale.

Gli autori della revisione sistematica hanno identificato anche altri due meccanismi in grado di influire sulle funzioni cognitive: la neuroinfiammazione e la resistenza all’insulina. Nel primo caso si sottolinea la capacità della dieta occidentale di aumentare, probabilmente attraverso l’alterazione del microbioma intestinale, i livelli di marker neuroinfiammatori associati a deficit cognitivi.

Questo tipo di alimentazione, infatti, non solo favorisce l’espansione dei ceppi batterici che producono endotossine, ma riduce anche la concentrazione dei microrganismi con azione antinfiammatoria.

Per quanto riguarda l’insulina, recenti studi hanno dimostrato la capacità dei batteri intestinali di modulare la sensibilità insulinica periferica attraverso meccanismi che sembrano coinvolgere l’infiammazione e la traslocazione batterica.

Sulla base dei dati raccolti, gli autori della revisione sistematica puntano quindi il dito sul microbioma intestinale, identificandolo come principale bersaglio su cui basare, da qui in avanti, la ricerca di nuove strategie terapeutiche per contrastare le disfunzioni neurobiologiche e cognitive legate a un’alimentazione di tipo occidentale.

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