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Gli antibiotici possono rendere i polmoni più sensibili ai virus influenzali

Ecco come i batteri intestinali aiutano difendere i polmoni dal virus dell'influenza, a detta di uno studio pubblicato su Cell Reports.
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Gli antibiotici possono rendere i polmoni più sensibili ai virus influenzali

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Stato dell’arte
Il pathway di segnale degli interferoni α/β innesca la protezione antivirale evitando il danno tissutale dovuto all’infiammazione. Ma come questi percorsi di segnalazione raggiungano il giusto equilibrio tra massimizzare la protezione antivirale e ridurre al minimo l’infiammazione eccessiva non è chiaro.

Cosa aggiunge questo studio
I batteri intestinali aiutano a mantenere una prima linea di difesa nel rivestimento polmonare, proteggendo i topi dal virus dell’influenza. Se i roditori con batteri intestinali sani sono infettati dal virus dell’influenza, circa l’80% di sopravvive. Ma solo un terzo degli animali sopravvive se gli viene somministrato un antibiotico prima di essere infettato dal virus.

Conclusioni
I risultati supportano studi precedenti che dimostrano che i topi trattati con antibiotici per via orale sono più suscettibili alle infezioni virali e mostrano che i batteri intestinali aiutano a preparare le cellule non immunitarie a combattere le infezioni.


I batteri intestinali aiutano a mantenere una prima linea di difesa nel rivestimento polmonare, proteggendo i topi dal virus dell’influenza. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Cell Reports, che evidenzia come gli antibiotici possano lasciare i polmoni vulnerabili ai virus dell’influenza.

Il pathway di segnale degli interferoni α/β (IFN α/β) svolge un ruolo chiave nell’aiutare il sistema immunitario a combattere le infezioni virali. Questi percorsi immunitari attivano la protezione antivirale evitando i danni ai tessuti a causa dell’infiammazione. Tuttavia, l’attività dell’IFN deve essere controllata con precisione. Infatti, le persone che hanno una variante genetica che determina un’alta produzione di IFN da un lato hanno un’aumentata risposta immunitaria contro i virus, ma dall’altro mostrano segni di infiammazione cronica.

Il modo in cui la segnalazione IFN α/β raggiunge il giusto equilibrio tra la massimizzazione della protezione antivirale e la riduzione al minimo dell’infiammazione eccessiva non è chiara. Così Konrad Bradley, Katja Finsterbusch e i loro colleghi al Francis Crick Institute di Londra hanno deciso di esaminare i topi con una mutazione che aumenta i livelli del recettore IFN α/β, con conseguente aumento della segnalazione di IFN α/β.

Combattere l’influenza

L’80% dei topi con batteri intestinali sani, una volta infettato dal virus dell’influenza, è sopravvissuto. Quelli con una maggiore segnalazione di IFNa/β erano più resistenti all’infezione del virus dell’influenza e hanno mostrato meno perdita di peso, bassa espressione genica del virus otto ore dopo l’infezione, e ridotta replicazione del virus dell’influenza due giorni dopo.

Ma quando i ricercatori hanno trattato i topi con antibiotici per due o quattro settimane, l’effetto protettivo dell’aumentata segnalazione di IFNa / β è stato ridotto e solo un terzo degli animali infetti è sopravvissuto. La diminuzione della segnalazione di IFNα / β è stata osservata principalmente nelle cellule non immuni che costituiscono il rivestimento dei polmoni.

Il trapianto fecale nei topi trattati con antibiotici ha invertito la loro suscettibilità all’infezione da virus influenzale, il che suggerisce un ruolo del microbiota intestinale nel controllo della segnalazione dell’IFN.

Protezione polmonare

Successivamente, il team ha scoperto che le cellule che rivestono i polmoni, piuttosto che le cellule immunitarie, erano responsabili della resistenza all’influenza precoce indotta dai batteri intestinali. Infatti, i segnali IFN guidati dal microbiota mantengono attivi i geni antivirali nel rivestimento polmonare, impedendo al virus di replicarsi nei polmoni.

Secondo gli scienziati, i risultati mostrano che i batteri intestinali preparano le cellule non immuni a combattere le infezioni attivando i geni antivirali ancor prima che il virus arrivi.

Il lavoro supporta anche studi precedenti che dimostrano che i topi trattati con antibiotici orali sono più suscettibili alle infezioni virali, aggiungendo ulteriori prove al fatto che gli antibiotici non dovrebbero essere assunti o prescritti in modo non appropriato.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione

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