Uno studio dell’Università di Ferrara ha analizzato l’impatto di due batteri, Atopobium vaginae e Porphyromonas somerae, in cellule endometriali umane.
Il focus è stato l’utero, ambiente considerato sterile per quasi un secolo. Il microbiota locale, infatti, è stato caratterizzato solo di recente grazie all’avvento di tecnologie di next generation sequencing e si è scoperto essere molto diverso dal più abbondante e conosciuto microbiota vaginale.
«In alcuni studi recenti – ci spiega Irene Soffritti, ricercatrice presso l’ateneo estense – è stato ipotizzato come il microbiota uterino abbia un ruolo in diverse patologie tra cui endometriosi, infertilità e tumore. In particolare, uno studio del 2016 ha rilevato una forte associazione tra Atopobium vaginae, Porphyromonas somerae e tumore endometriale. Quindi ci siamo focalizzati sull’espressione di citochine pro-infiammatorie perché stimolano l’instaurarsi di un ambiente infiammatorio che favorisce sia l’inizio, sia la progressione di cancerogenesi. E i nostri risultati hanno dimostrato che i due batteri riescono a indurre una sovraespressione di diverse citochine pro-infiammatorie soprattutto se presenti in associazione tra loro.»
«I nostri dati – conclude Irene Soffritti – suggeriscono che la presenza di alcuni specifici batteri all’interno del microbiota uterino possa avere un ruolo nel determinare l’instaurarsi o il progredire di un processo tumorale. Le prospettive future sono quelle di ampliare le nostre ricerche e lo scopo finale è trovare strumenti utili per una diagnosi migliore e più efficaci trattamenti clinici.»
Intervista realizzata durante il 47° congresso nazionale della Società Italiana di Microbiologia.