Cerca
Close this search box.

IBD, quanto “pesano” la predisposizione genetica e il microbiota intestinale?

Le varianti genetiche che influenzano il sistema immunitario impattano anche sulla tassonomia e funzionalità batterica in pazienti con IBD.
CONDIVIDI →

IBD, quanto “pesano” la predisposizione genetica e il microbiota intestinale?

CONDIVIDI →
Stato dell'arte
Corredo genetico e microbioma intestinale sono noti attori nella patogenesi dell’infiammazione intestinale cronica (IBD). Eventuali loro interazioni rimangono tuttavia da definire.
Cosa aggiunge questa ricerca
Con lo scopo di valutare l’impatto della genetica dell’ospite sulla popolazione batterica intestinale (e viceversa) di pazienti con IBD, ne sono stati analizzati campioni fecali confrontandoli con quelli di controlli sani.
Conclusioni
Varianti genetiche sia comuni sia rare correlate al sistema immunitario impattano il microbiota intestinale in pazienti con IBD suggerendo la possibilità di approfondire queste relazioni nella ricerca di capire meglio i meccanismi della malattia.

In questo articolo

Genetica e microbiota intestinale in condizioni di infiammazione cronica intestinale (IBD) hanno mostrato un ruolo attivo. La loro azione non è però a direzione univoca.

Sembrerebbero esserci infatti specifiche interazioni interne che suggeriscono quindi nuove vie di ricerca per l’approfondimento di queste condizioni clinica così comune e, tutt’ora, priva di una strategia terapeutica risolutiva.

È quanto conclude lo studio di Shixian Hu e colleghi della University Medical Center Groningen (Olanda), di recente pubblicato su BMJ Gut.

IBD e microbiota intestinale

L’infiammazione cronica intestinale o IBD è una condizione in continuo aumento soprattutto nei Paesi occidentali e che comprende varie manifestazioni cliniche quali morbo di Crohn o colite ulcerosa.

L’avvento della genomica ha permesso di identificare più di 200 loci genici coinvolti in IBD comprensivi di geni immunitari e relazionati con i ceppi batterici intestinali.

Analogamente, il microbioma intestinale di questi pazienti ha mostrato caratteristiche distinte dai controlli con, generalmente, inferiore ricchezza, assenza di certi ceppi anaerobi e, di contro, l’espansione di patobionti.

Nonostante queste relazioni, però, né la sola predisposizione genetica né un microbiota alterato hanno mostrato di essere gli iniziatori per sé di IBD.

Si tratta, infatti, di una condizione multifattoriale. Interazione è stata però dimostrata, anche nell’uomo, tra geni associati a IBD e ceppi batterici, attraverso la regolazione della barriera mucosale e della risposta immunitaria.

I dati disponibili sono però parziali in quanto principalmente ottenuti da una popolazione generica e/o mancanti di informazioni su loci quantitativi dell’esoma batterico (microbial quantitative trait loci o mbQTL) in pazienti con IBD.

Lo studio sulle interazioni tra batteri e patrimonio genetico

Con lo scopo quindi di ampliare la conoscenza attuale sull’interazione ospite-microbioma in presenza di IBD, i ricercatori hanno combinato l’intero genoma dell’ospite con quello batterico fecale di 525 pazienti (di questi 435 idonei per le analisi di cui 242 con morbo di Crohn, 161 con colite ulcerosa e 32 con IBD non classificata) vs 939 controlli sani.

A ciò si è poi aggiunta l’analisi di interazioni patologia-specifiche e di come anche rare varianti nel microbiota possano influire nella malattia. Di seguito i principali risultati.

Confrontando il gruppo di pazienti con i controlli si sono registrate differenze sia nella genetica sia nel profilo batterico. Nel dettaglio:

  • La condizione di IBD è risultata associata a variazione in loci già in precedenza correlati a un suo aumentato rischio. Tra questi, loci dell’antigene leucocitario umano (HLA; s77504727, c.740C>T, p.Arg247His ad esempio) e di NOD2 (rs2066843, c.1296C>T)
  • Aumentata l’abbondanza del phylum Bacteroidetes nel gruppo con IBD
  • Diminuiti in presenza di IBD invece pathways correlati alla fermentazione del piruvato in propanoato, quelli della conversione di piruvato in acetato o lattato invece nei controlli sani

L’analisi dell’esoma batterico ha poi rivelato loci mbQTL in geni correlati anche alla risposta immunitaria. Delle 10 varianti genetiche, 4 sono risultate associate al metabolismo batterico coinvolto nella degradazione del glucarato, nel ciclo dell’acido tricarbossico (TCA), nella biosintesi del coenzima A e di glicogeno.

Le sei rimanenti hanno invece mostrato associazione con l’abbondanza batterica relativa. Tra le associazioni più significative:

  • L’allele minore dell’introne SNP (rs2238001, c.46+4245T>C) del gene MYRF ha mostrato correlazione con la diminuzione dell’espressione di due pathways batterici coinvolti nel metabolismo dei carboidrati e glicolisi
  • E. coli ha, in particolare, mostrato il maggior coinvolgimento con MYRF tra tutti i 242 taxa identificati nonostante non raggiunga la significatività
  • L’allele minore del gene CABIN1 (rs17854875, c.5745C>T, p.Ala1915Ala) ha mostrato associazione con un aumento della degradazione del D-glucorato
  • Un ulteriore SNP accanto al gene IL17REL (rs5845912) è risultato associato a una minor abbondanza di Alistipes indistinctus
  • Analisi di funzionalità genetica riferite a tutte le 10 varianti hanno identificato una relazione con la differenziazione delle cellule B, CD4 e CD8-T

Analizzando poi questi loci mbQTL in maniera mirata è stato possibile individuarne espressamente correlazioni a geni-IBD e varianti non comuni. Tra queste:

  • La variante rs10781497 del gene SEC16A ha registrato una correlazione con una ridotta biosintesi batterica di tiamina fosfato e tiazolo
  • SNP in WDR78 (rs74609208) invece con elevati valori di ramnosio
  • Otto sono state le associazioni individuate tra quattro varianti non comuni e otto pathways batterici. Ad esempio, due mutazioni di GPR151 hanno mostrato un legame con bassi livelli di metabolismo dei carboidrati; altre due riferite invece al gene CYP2D6 con una ridotta biosintesi di vitamina K. Il gene CD160 con duplicazione esonica ha poi mostrato associazione con una riduzione nell’espressione di Lachnospiraceae

Considerando infine come sia il profilo batterico sia quello genetico siano diversi dalla popolazione sana, i ricercatori hanno incluso nelle analisi un dataset di interazione tra malattia e genetica andando a vedere che le interazioni tra malattia e ospite comprendevano 18 varianti genetiche e 19 batteriche (10 pathways e 9 taxa). Di queste:

  • Il gene BTNL2 (rs2076523, c.586T>C, p.Lys196Glu), precedentemente già associato alla regolazione della proliferazione di cellule T, ha mostrato legami anche con l’aumento di Bacteroides cellulosilyticus in presenza di IBD
  • TNFSF15 (rs4246905, c.302-63T>C) e HLA-B (rs2074496, c.900C>T, p.Pro300Pro) hanno invece mostrato correlazione rispettivamente con la degradazione del glicogeno e il ceppo Ruminococcaceae bacterium
  • Il gene NDST1 (rs61732050, c.1701G>A, p.Ala567Ala) ha poi registrato associazione con una diminuzione nell’abbondanza della famiglia Lachnospiraceae nonostante sia risultata significativa solo nel gruppo con morbo di Crohn

Conclusioni

Questo studio sottolinea quindi come le varianti genetiche, rare o comuni, che influenzano il sistema immunitario siano anche in grado di impattare sulla tassonomia e funzionalità batterica.

Considerare queste ulteriori interazioni sarà dunque importante nell’approfondimento dei meccanismi di questa complessa e diffusa condizione clinica.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

Potrebbe interessarti

Oppure effettua il login