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Tumore al seno: microbioma tissutale possibile target per diagnosi e terapie

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Tumore al seno: microbioma tissutale possibile target per diagnosi e terapie

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La composizione del microbiota espresso da un tessuto colpito da tumore al seno differisce da quella presente nel tessuto mammario sano adiacente, e potrebbe essere coinvolta nel determinare il profilo di insorgenza tumorale.

Questo è ciò che affermano i risultati di uno studio statunitense condotto alla Mayo Clinic, recentemente pubblicato in PLOS ONE, basato su campioni di tessuto mammario tumorale e non.

È già noto da tempo come il microbiota di tessuti colpiti da tumore dimostri differenze significative rispetto ad altri, anche vicini, ma privi di cancerogenicità. Questo è stato dimostrato infatti per il tumore alla prostata, al polmone, al colon, alla cervice e, per l’appunto, al seno.

Il tumore al seno è uno di quelli più diffusi a livello mondiale e nonostante siano molti i passi avanti fatti sia nella diagnosi sia nei trattamenti, il numero di decessi rimane elevato e lo squilibrio ormonale, pronunciato soprattutto nella post-menopausa, sembrerebbe esserne la causa principale. A questo proposito, è di recente scoperta come il metabolismo degli estrogeni in menopausa sia correlato alla diversità del microbiota attraverso la via della beta-glucoronidasi.

Data l’importanza e la diffusione del tumore al seno e la scarsa conoscenza su come il microbiota possa interferire con il microambiente biologico canceroso, Kevin J. Thompson e colleghi del Minnesota hanno quindi voluto valutare in che misura l’espressione batterica a livello topico sia correlata con i profili di espressione tumorale (triplo negativo, HER2+, ER+) ed, eventualmente, in che vie metaboliche il microbiota sia coinvolto.

Così cambia il microbioma tissutale in presenza di tumore al seno

Sono stati quindi analizzate le sequenze di RNA di 668 campioni di tessuto mammario tumorale e 72 di tessuto non canceroso adiacente provenienti dalla più ampia coorte di campioni biologici disponibile per il tumore al seno, la TCGA (The Cancer Genome Atlas). Per una migliore qualità e affidabilità dei risultati, i ricercatori hanno applicato correzioni statistiche per meglio omogeneizzare le caratteristiche del materiale presi in esame.

I campioni di tessuto tumorale e di quello non canceroso adiacente (NCA) sono stati quindi suddivisi rispettivamente in 2 cluster cioè tumore 1-2 e NCA1-2. Dal confronto di espressione batterica nei diversi quadri clinici, è stato interessante notare come 327 specie batteriche, 24 in particolare, siano risultate comuni a tutti i campioni e come Proteobacteria (48%), Actinobateria (26.3%) e Firmicutes (16.2%) siano quelle in generale più espresse.

Più in dettaglio, il phylum Proteobacteria si è dimostrato prevalente nei tessuti tumorali mentre Actinobateria in quelli non cancerosi adiacenti. Particolarmente espressi nel tessuto tumorale sono risultati anche Streptococcus pyogenes e Lactobacillus rossiae, rispettivamente coinvolti nel metabolismo di estrogeni e nella maturazione cellulare.

Da ultimo, i ricercatori hanno voluto approfondire un’eventuale correlazione tra OTUs (operational taxonomic unit) e profilo tumorale espresso.

Listeria fleischmannii è risultata fortemente associata con i geni coinvolti nel processo di transizione epiteliale-mesenchimale mentre Haemophilus influenzae si è mostrato coinvolto in due tra le più importanti tappe del ciclo cellulare che, se alterate, contribuiscono all’insorgenza del tumore cioè la G2M che regola la mitosi e la E2F per la trascrizione, oltre che lo step di fusione mitotica.

Di fatto, però, H. influenzae è definito come “patogeno opportunista” in quanto, come già riscontrato in modelli murini affetti da tumore polmonare, promuove la risposta immunitaria infiammatoria e, di conseguenza, la crescita tumorale.

L’aumento di Haemophilus influenzae è stato tuttavia registrato anche nei campioni di tessuto NCA suggerendo come possa essere un segno distintivo anche dei siti in prossimità del tumore vero e proprio.

In conclusione, si può quindi affermare come la determinazione delle specie batteriche del microbiota tissutale, data la specificità di espressione, possa essere in un prossimo futuro un valido aiuto nella diagnosi e, possibilmente, nel trattamento del tumore al seno.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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