È stato pubblicato pochi giorni fa uno studio su Annals of Internal Medicine sugli outcome del trattamento con antibiotici o con trapianto di microbiota fecale su pazienti con infezione da Clostridium difficile ricorrente.
I ricercatori del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, autori dello studio, si sono concentrati su tre fattori: incidenza di sepsi post C. difficile, sopravvivenza overall e lunghezza dell’ospedalizzazione.
In termini di incidenza di sepsi il gruppo sottoposto a trapianto fecale ha fatto registrare una riduzione dal 22% al 5%, con un impatto diretto sulla lunghezza dell’ospedalizzazione: dai 30 giorni in media nel gruppo trattato con antibiotico ai 13 giorni nel gruppo con trapianto fecale. Ancora più interessante è stato l’aumento dal 60% al 90% (rispettivamente gruppo antibiotico e trapianto fecale) della sopravvivenza overall a tre mesi, segno che il trapianto di microbiota intestinale, a prescindere dalla cura della malattia specifica, è in grado di aumentare la sopravvivenza in generale. I motivi sono da ricercate, con tutta probabilità, nella capacità di ripristinare le funzioni metaboliche e immunologiche del microbiota in persone che, essendo ospedalizzate, sono mediamente anziane e defedate.
È lo stesso Gianluca Ianiro, gastroenterologo del Policlinico Gemelli e primo nome dello studio, a fare una sintesi dei risultati in questa intervista realizzata durante la decima edizione del congresso Probiotics, prebiotics & new foods di Roma.