La sensibilità al glutine non celiaca è una condizione clinica in ampio aumento, il cui quadro clinico sintomatologico è molto spesso sovrapponibile a quello di una IBS ed è caratterizzato da alterazioni del transito intestinale, comparsa di meteorismo, sovradistensione addominale da eccessiva produzione di gas intestinale, dolore addominale oltre che da manifestazioni extra intestinali.
Dagli studi pubblicati si evince che il microbioma intestinale potrebbe avere un importante ruolo nell’insorgenza della sensibilità al glutine.
Infatti, è stato evidenziato uno stato di disbiosi intestinale nel paziente affetto da questa condizione clinica, con una riduzione nel microbiota di bifidobatteri e di batteri butirrato-produttori specializzati nella produzione di acidi grassi a catena corta tra cui l’acido butirrico.
Inoltre vi è un’iperproduzione di lipopolisaccaridi, quindi della struttura della parete esterna dei batteri gram negativi, oggi riconosciuti come potentissimi mediatori infiammatori in grado di arrecare un danno strutturale alle giunzioni serrate, determinando uno stato di alterazione della permeabilità intestinale.
Da qui deriva la traslocazione dal lume intestinale al torrente circolatorio di specifici mediatori, tra i quali proprio i lipopolisaccaridi, ma anche di citochine pro-infiammatorie che possono iperstimolare la risposta immunitaria accendendo un’infiammazione non solo intestinale, ma anche sistemica.
Una dieta aglutinata e un’integrazione di probiotici mirata possono sicuramente essere considerati importanti ausili nella gestione clinica di questi pazienti.
Ne parliamo con Marcello Romeo, PhD in biomedicina e neuroscienze e docente al Master in nutrizione clinica dell’Università di Pavia.