Nonostante i microrganismi coinvolti siano spesso gli stessi – candida e batteri aerobi o anaerobi – le infezioni vaginali si dividono eventi acuti o eventi cronici e ricorrenti. La differenza potrebbe celarsi dietro un meccanismo batterico: la costituzione di una matrice che negli anni abbiamo conosciuto e identificato come biofilm.
La distinzione tra una forma acuta e una forma cronica è rappresentata dalla persistenza di microrganismi patogeni, funghi o batteri che siano, in una sorta di net di matrice che permette una crescita non confusionaria (plantonica), bensì persistente.
In tal modo, i microrganismi sono in grado di eludere la risposta immunitaria e resistere ai normali presidi terapeutici.
Uno studio dell’Università di Trieste ha identificato alcuni di questi microrganismi di tipo anaerobio capaci di creare un biofilm patogeno in corso di vaginosi batterica. Non solo. Gli ultimi dati con DNA sequencing hanno dimostrato una complessità del biofilm superiore a quella che ci si attendeva.
Per cui, altri microrganismi come prevotelle e fusobatteri potrebbero essere in grado di creare questa sorta di “pellicola” e instaurare un processo patogeno continuativo. E per lo stesso motivo, in futuro sarà possibile tentare, attraverso trial clinici, di promuovere la formazione di un biofilm “buono” in luogo di quello patogeno: un biofilm di difesa costituito dai principali ceppi endogeni indigeni della vagina, rappresentati prevalentemente da lattobacilli.
Ce ne parla Francesco De Seta, ginecologo dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste.