Un case report pubblicato su BMC Veterinary Research dimostra che il trapianto di microbiota fecale (FMT) rappresenta un valido trattamento per la cura di diarrea associata a infezione da Clostridium difficile nei cani.
La patogenesi dell’infezione da Clostridium difficile (CDI) nell’uomo è ben definita, e implica sia la produzione di tossine da parte delle colonie sia la deplezione di tutto il microbiota non- Clostridium difficile. Questo microrganismo è stato isolato sia dalle feci di cani affetti da patologie intestinali, come la diarrea, sia dalle feci di cani sani, ovviamente con incidenza diversa.
La causa più comune dell’insorgenza di coliti pseudo membranose, ovvero coliti associate ad antibiotici, è proprio il C. difficile, capace di provocare diarrea ripetuta e violenta, soprattutto in pazienti ospedalizzati. Lo stesso microrganismo è spesso associato alle enterocoliti e alla diarrea anche negli animali, come per esempio i cani e le marmosette. L’antibiotico d’elezione per la cura dell’infezione causata da questo microrganismo è il metronidazolo, al quale però spesso il batterio diventa resistente.
Il case report di Sugita e dei colleghi della Tokyo University of Agriculture and Technology di Tokyo, in Giappone, presenta il caso un bulldog francese maschio, di 8 mesi e 11kg, che al giorno 1 mostrava un precedente di 4 mesi di diarrea intermittente ed episodi di crisi focali avvenute quasi tutti i giorni negli ultimi 7 giorni. Le feci, la cui consistenza non era buona, presentavano all’interno muco e sangue, e la frequenza delle scariche era elevata (7 volte al giorno). L’analisi del DNA ricavato dalle feci di questo cane 4 mesi prima aveva rivelato la presenza di Campylobacter jejuni, e per questo motivo il cane era stato sottoposto a terapia con tilosina per 7 giorni, su suggerimento del veterinario. Purtroppo, però, anche in seguito a questo trattamento la qualità delle feci non era migliorata. Per questo al cane fu somministrato anche un probiotico a base di erbe e Bacillus coagulans, Bifidobacterium longuin, Lactobacillus acidophilus e Streptococcus faecalis, che migliorò le sue condizioni ma solo fino a quando veniva assunto.
Confermata la presenza di Clostridium difficile nelle feci
Al momento della presentazione di questo caso (giorno 1), al fine di valutare l’intero quadro clinico, il cane è stato sottoposto a un check up completo. Nel frattempo è stata iniziata una terapia antibiotica a base di eritromicina per 14 giorni, per curare la precedente infezione da Campylobacter jejuni.
Al giorno 2, le analisi del DNA ricavato dalle feci del giorno 1 hanno fatto emergere una positività alle tossine A&B del C. difficile, un risultato che è stato confermato anche da test immunocromatografici.
Durante il follow-up, al giorno 16, la qualità delle feci non era ancora migliorata, anche in seguito alla terapia con eritromicina. Per questo motivo è stato ipotizzato che la diarrea potesse essere una conseguenza di una colite associata alla presenza di Clostridium difficile. Il trattamento con metronidazolo, efficace in questi casi, è stato proposto al padrone che però ha rifiutato, a causa di effetti collaterali avversi (neuropatie). Il trattamento alternativo con zonisamide, noto antiepilettico, è stato proposto per curare le crisi, la cui frequenza è effettivamente diminuita.
Trapianto di microbiota fecale da un donatore sano
Al giorno 25, il cane presentava ancora episodi diarroici, e gli esami del DNA proveniente dalle feci hanno rivelato ancora positività alla presenza di tossine del Clostridium difficile. A questo punto, in alternativa alla terapia con metronidazolo, è stato eseguito un trapianto di microbiota fecale, con il consenso del padrone. Le feci utilizzate per il trapianto provenivano da un donatore sano, razza beagle di 9 anni e 11kg, cresciuto a scopo di ricerca in gabbia e alimentato con dieta commerciale una volta al giorno. L’acqua gli era offerta ad libitum. Sessanta grammi di feci fresche sono state dissolte in 50mL di acqua del rubinetto e filtrate due volte. I 30ml ottenuti sono stati poi somministrati per via orale al cane malato mediante l’uso di una siringa.
In seguito al trapianto, la qualità delle feci è migliorata notevolmente, così come anche la frequenza delle scariche. Muco e sangue non sono stati più riscontrati nelle feci. L’analisi del DNA effettuata dopo 7 giorni dal FMT non ha più rilevato la presenza di tossine A&B provenienti da Clostridium difficile, come confermato anche dai test immunocromatografici. Inoltre, la diarrea non si è ripresentata più dopo il FMT e il cane non ha più avuto bisogno di ulteriori medicazioni. La qualità delle feci è ancora buona dopo 190 giorni dal FMT.
Si ipotizza, quindi, che il meccanismo alla base del FMT sia il ripristino di un normale microbiota intestinale.
In conclusione, questo studio ha dimostrato che il FMT orale rappresenta un efficace trattamento nella cura della diarrea associata a infezione da Clostridium difficile nei cani, in quanto è capace di re-introdurre un microbiota normale, proveniente da individui sani, in individui malati, guarendo i casi di disbiosi.