Negli ultimi mesi, l’amministrazione Trump ha introdotto una serie di tagli senza precedenti al finanziamento della ricerca scientifica federale, colpendo in modo trasversale numerosi settori — dalla medicina di base alla genomica, fino agli studi sul microbioma.
Le misure, motivate ufficialmente dal desiderio di “ripulire la scienza da influenze ideologiche”, stanno in realtà sollevando fortissime preoccupazioni nella comunità accademica, tanto da spingere centinaia di ricercatori a denunciare pubblicamente l’accaduto.
Tagli massicci al budget del NIH
Al centro della tempesta c’è il National Institutes of Health (NIH), la principale agenzia federale per il finanziamento della ricerca biomedica negli Stati Uniti. Secondo quanto riportato dal Washington Post (29 luglio 2025), l’amministrazione Trump ha pianificato una riduzione drastica del budget del NIH per l’anno fiscale 2026, portandolo da circa 47 miliardi di dollari a poco più di 27 miliardi, ovvero un taglio del 40%.
In aggiunta, già nei primi mesi del 2025, sono stati bloccati, ritirati o sospesi più di 2.100 finanziamenti in essere, per un totale stimato di oltre 9 miliardi di dollari. Un colpo durissimo per decine di migliaia di ricercatori, tecnici e studenti coinvolti in progetti pluriennali.
La Bethesda Declaration: la protesta dei ricercatori NIH
In risposta a queste decisioni, centinaia di scienziati NIH hanno firmato la cosiddetta Bethesda Declaration, un documento in cui si esprime profonda preoccupazione per il danno arrecato alla scienza e alla salute pubblica. Come riporta Reuters (9 giugno 2025), uno dei firmatari, la dottoressa Jenna Norton, ha dichiarato: «Sono molto più preoccupata dai rischi del restare in silenzio». Anche il ricercatore Ian Morgan ha sottolineato come la cancellazione dei grant stia impedendo il proseguimento di studi cruciali: «Molti pazienti stanno perdendo l’accesso a potenziali terapie oncologiche in fase sperimentale, e il taglio all’investimento nella ricerca di base avrà effetti a lungo termine devastanti».
A rischio la ricerca sul microbioma
Sebbene non esistano dichiarazioni pubbliche dirette da parte dei maggiori esperti statunitensi del microbioma — come Martin Blaser o Jeffrey Gordon — le implicazioni dei tagli sono chiare anche in questo campo. Una testimonianza raccolta dal Washington Post (28 marzo 2025) riporta le parole di una ricercatrice anonima il cui team lavora sul microbioma intestinale: «Una parte significativa del nostro lavoro è ferma da mesi per via dei ritardi nei finanziamenti e dell’incertezza amministrativa».
Inoltre, l’università di Harvard, il cui dipartimento di salute pubblica gestisce importanti progetti sul microbioma intestinale e vaginale, ha denunciato il congelamento di oltre 2,2 miliardi di dollari in grant, molti dei quali collegati a studi di prevenzione nutrizionale, infiammazione e salute intestinale — tutti ambiti in cui il microbioma ha un ruolo centrale (Harvard School of Public Health, 2025).
Effetti a catena: laboratori chiusi, cervelli in fuga
Secondo un’inchiesta del Guardian (20 luglio 2025), in alcuni centri di ricerca i tagli hanno portato al licenziamento del 60% del personale e alla sospensione dei programmi di dottorato. Alcuni ricercatori, in forma anonima, hanno parlato apertamente di “disastro annunciato”, sottolineando come “la comunità scientifica statunitense rischi di perdere una generazione di giovani scienziati”.
Le aree di frontiera, come la ricerca sul microbioma, che richiedono tecnologie avanzate, collaborazione interdisciplinare e investimenti a lungo termine, sono particolarmente vulnerabili.
Un danno anche per la salute pubblica
Il microbioma è ormai considerato un elemento chiave nella comprensione e nella prevenzione di patologie croniche come obesità, diabete, malattie autoimmuni, disturbi neuropsichiatrici e tumori. Interrompere o rallentare la ricerca in questo settore non significa solo un ritardo nella produzione scientifica, ma anche una minore capacità di sviluppare nuove terapie e strategie di prevenzione.
I tagli dell’amministrazione Trump rappresentano un attacco senza precedenti alla scienza americana. Se non saranno revocati o mitigati, lasceranno cicatrici profonde, riducendo la competitività degli Stati Uniti nel panorama scientifico globale e compromettendo settori vitali come la ricerca sul microbioma.
Le proteste della comunità scientifica sono chiare: non si tratta di una questione ideologica, ma di salvaguardare la salute collettiva, l’innovazione e il futuro della ricerca.