Le carenze di micronutrienti, che comprendono minerali essenziali e vitamine vitali per i processi metabolici, rappresentano un problema di salute pubblica globale, che colpisce in particolare i gruppi vulnerabili nei Paesi a basso e medio reddito.
Queste carenze possono infatti portare a vari esiti avversi per la salute, tra cui anemia e problemi di sviluppo fisico e cognitivo nei bambini. Le carenze di ferro, zinco, vitamina A e folato sono le più comuni in tutto il mondo.
Gli sforzi per combattere queste carenze includono la fortificazione degli alimenti di base, ma queste strategie non sono sempre efficaci a causa della scarsa accettabilità e del controllo di qualità.
L’assorbimento dei micronutrienti avviene principalmente nell’intestino, che ospita una complessa comunità di microrganismi, in particolare batteri, che necessitano anche di micronutrienti per sopravvivere. Ad esempio, alcuni batteri competono per fonti esterne di ferro, mentre altri possono sintetizzare vitamine come il folato.
Sebbene i meccanismi di assorbimento della maggior parte dei micronutrienti da parte dell’ospite siano ben compresi, l’impatto del microbiota intestinale sul loro assorbimento e sulla loro disponibilità è meno chiaro.
Una recente revisione della letteratura condotta da Christèle Humblot e colleghi, pubblicata su Critical Reviews in Food Science and Nutrition Journal, fornisce una panoramica della relazione reciproca tra microbiota intestinale e micronutrienti, che dimostra da una parte come l’assunzione di micronutrienti da parte dell’ospite abbia un impatto sulla composizione del tratto gastrointestinale, e dall’altra come il microbiota influisca sulla disponibilità di micronutrienti.
Micronutrienti fondamentali per la salute
I micronutrienti sono essenziali per il metabolismo e la salute umana in generale. Nonostante gli sforzi per aumentare l’assunzione di micronutrienti attraverso l’integrazione, la fortificazione e la diversificazione della dieta, le carenze di micronutrienti sono ancora altamente diffuse a livello globale, colpendo sia i Paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo. I gruppi vulnerabili come i bambini e le donne sono particolarmente colpiti a causa del loro maggiore fabbisogno nutrizionale.
I segni clinici delle carenze di micronutrienti sono specifici per ciascun nutriente e si manifestano tipicamente negli stadi avanzati di carenza.
Ad esempio, la carenza di ferro, la forma più comune di malnutrizione da micronutrienti, può portare ad anemia, compromissione della funzione immunitaria, ridotta capacità lavorativa e disfunzione endocrina. I fattori che contribuiscono alla carenza di ferro includono un basso apporto di ferro eme (che è più biodisponibile rispetto al ferro non eme), diete ricche di fitati e composti fenolici che riducono l’assorbimento del ferro e infiammazione cronica.
La carenza di zinco, che colpisce oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo, è associata a problemi di crescita nei bambini (arresto della crescita) e a un indebolimento della funzione immunitaria, rendendo i bambini più suscettibili a malattie come diarrea, polmonite e forse anche malaria. Inoltre, la carenza di zinco può aumentare il rischio di altre carenze di micronutrienti.
Un’assunzione inadeguata di folati durante la gravidanza può provocare difetti del tubo neurale nelle prime fasi dello sviluppo embrionale. Nella popolazione generale, la carenza di folati può portare ad anemia megaloblastica e sintomi neurologici simili alla carenza di vitamina B12. Si stima che oltre il 20% delle donne in età riproduttiva nei Paesi a basso e medio reddito siano carenti di folato.
Infine, la carenza di vitamina A non solo causa problemi agli occhi e cecità, ma compromette anche la funzione immunitaria e l’integrità della pelle e dell’epitelio. Per combattere questa carenza, ogni sei mesi vengono somministrati integratori di vitamina A ad alte dosi ai bambini sotto i 5 anni di età in molti Paesi a basso e medio reddito, sebbene l’efficacia di questo intervento non sia ancora chiara.
Effetti del ferro sul microbiota intestinale
È stata dimostrata una relazione complessa tra ferro, crescita batterica e microbiota intestinale. Si ritiene che i livelli di ferro nel colon siano elevati, superando di gran lunga il requisito minimo per la crescita batterica.
Tuttavia, la biodisponibilità del ferro per i batteri dipende da vari fattori, tra cui la forma chimica e la speciazione del ferro, i livelli di pH e quelli di ossigeno. Diverse forme del ferro vengono utilizzate nell’integrazione o nella fortificazione. Gli integratori di ferro contengono più ferro di quanto il corpo possa assorbire, portando a una quantità significativa di questo micronutriente non assorbito che rimane nel tratto digestivo.
Studi sull’uomo hanno dimostrato che l’integrazione o la fortificazione del ferro può portare a un aumento di batteri potenzialmente patogeni e a una diminuzione di specie benefiche come quelle della famiglia delle Lactobacillaceae. L’integrazione di ferro dopo una terapia antibiotica ha comportato anche cambiamenti nella composizione e nella funzione dei batteri intestinali.
Il ferro è essenziale per i batteri patogeni e il sistema immunitario dei mammiferi può controllare la disponibilità di ferro per i batteri producendo proteine che lo legano come la lattoferrina, in un processo noto come “immunità nutrizionale”.
La ricerca sull’impatto della supplementazione di ferro sul microbiota intestinale ha prodotto risultati contrastanti. Gli unici dati coerenti includono una diminuzione della famiglia delle Lactobacillaceae e del phylum Actinobacteria durante l’integrazione di ferro.
Anche la forma chimica del ferro utilizzata può influenzare la composizione batterica e la supplementazione di ferro non sempre compensa una sua carenza.
Effetto dei batteri intestinali sulla biodisponibilità del ferro
Il ferro eme viene assorbito più facilmente sia dai batteri sia dall’uomo rispetto al ferro non eme, che in molte matrici alimentari è legato a inibitori come polifenoli, fibre o fitati.
Gli enzimi batterici possono abbattere questi inibitori, migliorando l’assorbimento del ferro.
I batteri, in seguito alla fermentazione di carboidrati indigeribili, possono anche generare acidi grassi a catena corta (SCFA) che sono in grado di abbassare il pH nel tratto digestivo, convertendo il ferro ferrico in ferro ferroso, migliorandone così l’assorbimento da parte sia dei batteri sia dell’ospite.
Inoltre, i batteri del tratto intestinale possono produrre alcuni acidi organici, come l’acido lattico. L’acidificazione dell’ambiente intestinale può degradare i complessi che si legano ai micronutrienti, rendendo più efficiente l’assorbimento del ferro.
Strategie innovative per le carenze di ferro
A causa della scarsa compliance e degli effetti avversi dell’integrazione di ferro, come diarrea o stitichezza, le strategie per migliorare lo stato del ferro includono l’uso di probiotici, prebiotici, simbiotici e postbiotici.
Ad esempio, uno studio ha scoperto che l’assunzione del probiotico Lactiplantibacillus plantarum 299v, insieme a ferro, acido ascorbico e acido folico, è sicura e migliora lo stato del ferro attenuando al contempo la perdita delle riserve di questo micronutriente.
Un altro approccio che ha previsto l’uso di lattoferrina priva di ferro insieme al solfato ferroso ha aumentato significativamente l’assorbimento del ferro.
La lattoferrina può essere utile nella formulazione del ferro per i neonati, poiché migliora il suo assorbimento riducendo al contempo i potenziali effetti avversi sul microbiota intestinale.
Ulteriori strategie per prevenire e curare la carenza di ferro includono l’uso di microrganismi arricchiti di ferro, che possono fornire all’ospite grandi quantità di minerali oltre ai benefici probiotici.
Alcuni esperimenti su topi anemici hanno dimostrato un miglioramento delle concentrazioni di emoglobina attraverso il consumo di lieviti cresciuti in presenza di ferro. Tuttavia, studi sull’uomo hanno dimostrato che il consumo di formaggio contenente lievito arricchito in ferro si è rivelato meno efficiente nell’assorbimento rispetto al formaggio con solo solfato di ferro, suggerendo la necessità di ulteriori ricerche sugli esseri umani.
Nel complesso, i dati emersi dalla revisione chiariscono il ruolo dei batteri intestinali nella regolazione della biodisponibilità del ferro per l’ospite, così come la complessità delle interazioni tra i fattori dell’ospite e i batteri nella gestione dell’assorbimento del ferro, inclusa la potenziale condivisione delle risorse di questo micronutriente tra i batteri commensali e con l’ospite.
Zinco e microbiota intestinale
La ricerca sull’impatto dello zinco o della sua integrazione sul microbiota intestinale è limitata, nonostante il suo ruolo essenziale in numerosi processi metabolici. Uno studio recente ha rivelato un livello comparabile di diversità batterica nei bambini in età scolare con e senza carenza di zinco.
Tuttavia, nei bambini con carenza di zinco è stata osservata una maggiore diversità del microbiota. In particolare, sono stati rilevati livelli più elevati di alcuni batteri, tra cui Coprobacter, Acetivibrio, Paraprevotella e Clostridium.
Questi batteri potrebbero potenzialmente essere utilizzati come biomarcatori per diagnosticare la carenza di zinco in contesti clinici, anche se sono necessarie ulteriori ricerche per confermare questi risultati.
Strategie per le carenze di zinco
Alcuni studi hanno dimostrato che l’integrazione di zinco influisce sulla composizione e sulla funzione del microbiota intestinale, portando a indagini sulla somministrazione combinata di zinco e probiotici.
In studi pilota sull’uomo, lo zinco da solo si è rivelato più efficace dei probiotici nel trattamento di bambini di età inferiore a 24 mesi. Tuttavia, la co-integrazione di zinco e Lactiplantibacillus plantarum IS-10506 nei bambini in età prescolare non ha dimostrato una maggiore efficienza rispetto ai soli probiotici.
Sono quindi necessarie ulteriori ricerche per determinare i potenziali benefici della co-somministrazione di zinco e probiotici negli esseri umani.
Mentre gli studi su zinco e microbiota si sono concentrati principalmente sulle condizioni patologiche, sono necessarie indagini più approfondite, soprattutto sugli esseri umani, per comprendere meglio la relazione tra batteri intestinali e zinco in una situazione fisiologica. Strumenti emergenti come i probiotici arricchiti di zinco offrono alternative promettenti per il trattamento della carenza di questo micronutriente, soprattutto considerando che l’integrazione di zinco ad alte dosi e a lungo termine può interferire con l’assorbimento di ferro e rame, portando potenzialmente a una loro carenza.
Folati e microbiota intestinale
I batteri necessitano di folato per la loro crescita: alcuni possono sintetizzarlo a partire da precursori ambientali, mentre altri devono acquisirlo dall’ambiente. Alcuni studi suggeriscono che la sintesi dei folati batterici contribuisce in modo significativo allo stato dei folati dell’ospite. I primi studi hanno infatti rilevato livelli più elevati di folato nei campioni fecali umani rispetto all’assunzione alimentare.
L’analisi dei genomi batterici ha inoltre mostrato che una percentuale sostanziale contiene geni per la biosintesi del folato.
Il microbiota intestinale costituisce quindi una fonte significativa di folati e le alterazioni nella sua composizione derivanti da vari fattori come la dieta possono influenzare il fabbisogno di questo micronutriente.
Il consumo di fibre alimentari può alterare la composizione del microbiota intestinale, portando potenzialmente a un aumento dei livelli di folato nel colon e nel circolo sanguigno. Inoltre, è stato osservato che, nonostante un assorbimento più lento dei folati nel colon rispetto all’intestino tenue, i folati marcati mirati specificamente al colon vengono incorporati nel tessuto ospite.
I batteri intestinali possono anche convertire l’acido folico in forme meglio assorbite dall’ospite. Esiste anche un’interazione tra diversi batteri intestinali per quanto riguarda la produzione e l’uso dei folati, come dimostrato negli esperimenti di co-coltura sintetica.
La capacità metabolica del microbiota intestinale dipende sia dalla sua composizione sia dalle caratteristiche fisiologiche dell’ospite.
Ad esempio, i geni responsabili della biosintesi dei folati sono più comuni nel microbioma intestinale dei neonati e dei bambini piccoli rispetto agli adulti. Inoltre, i bambini denutriti mostrano una minore abbondanza di geni legati al metabolismo della vitamina B nel loro microbioma, e le donne obese con un basso livello di folati hanno una ridotta presenza di batteri produttori di vitamina B.
Batteri produttori di folato
Numerosi batteri in grado di produrre folato sono stati identificati e utilizzati efficacemente per aumentare il contenuto di folato negli alimenti fermentati.
Alcuni di questi hanno anche dimostrato la capacità di aumentare i livelli di folato nei roditori che seguono diete carenti di acido folico.
L’uso di probiotici produttori di folato offre quindi una potenziale strada per migliorare i livelli dei folati e regolare il microbiota intestinale. Risultati incoraggianti sono emersi da studi in vitro, in cui è stato scoperto che il batterio produttore di folato Latilactobacillus sakei aumenta gli SCFA e modifica la composizione batterica fecale. Allo stesso modo, nei ratti, il consumo di latte fermentato prodotto con un batterio produttore di folato della specie Lactiplantibacillus plantarum non solo ha ripristinato i normali livelli di folato, ma ha anche rimodellato significativamente la composizione dei batteri intestinali.
Assorbimento e metabolismo della vitamina A
La vitamina A svolge un ruolo vitale nella regolazione immunitaria, nella produzione di citochine e nel mantenimento della barriera intestinale. Inoltre, supporta la proliferazione e la differenziazione delle cellule epiteliali intestinali e la loro resistenza all’invasione dei patogeni.
La vitamina A alimentare esiste sotto forma di esteri retinilici e carotenoidi (provitamina A), presenti rispettivamente negli alimenti di origine animale e nelle verdure. L’assorbimento di questi composti avviene principalmente nella metà superiore dell’intestino tenue. Essendo composti liposolubili devono essere solubilizzati in micelle prima di poter essere assorbiti dagli enterociti.
Questo processo di solubilizzazione inizia con l’emulsificazione in piccole goccioline nello stomaco e nel duodeno, dove la vitamina A diventa parte delle micelle create con i sali biliari.
I carotenoidi possono diffondersi passivamente negli enterociti, mentre i retinoidi si affidano a proteine dipendenti dal trasportatore per l’assorbimento.
Vengono assorbite solo le forme retinoidi libere, rendendo necessaria l’idrolisi degli esteri retinilici in retinolo. La presenza di sali biliari prodotti da alcuni batteri intestinali, come Lactobacillaceae, Bifidobacterium, Bacteroides o Clostridium, può facilitare la solubilizzazione della vitamina A e migliorarne l’assorbimento, poiché i sali biliari sono essenziali per il processo di micellizzazione.
L’assunzione e i livelli dei carotenoidi sono collegati a una maggiore diversità del microbiota e all’abbondanza di batteri benefici.
Nelle donne in gravidanza, l’assunzione di carotenoidi e le loro concentrazioni plasmatiche sono correlate con una maggiore diversità nel microbiota intestinale. L’influenza della vitamina A sulla composizione del microbiota intestinale può influenzare indirettamente le risposte immunitarie nell’intestino.
Ad esempio, è stato dimostrato che la vitamina A inibisce la replicazione del norovirus, una causa comune di gastroenterite acuta, sia direttamente che indirettamente attraverso cambiamenti nel microbiota, in particolare a carico delle Lactobacillaceae.
Nei pazienti con colite ulcerosa, l’assunzione di vitamina A porta a cambiamenti significativi nella composizione del microbiota. Nei bambini con autismo, l’integrazione di vitamina A aumenta i batteri Bacteroidales riducendo al contempo il Bifidobacterium. È interessante notare che uno studio condotto su 306 neonati in Bangladesh ha suggerito che l’integrazione di vitamina A aumenta i livelli di bifidobatterio nei maschi rispetto al placebo, senza differenze significative nelle femmine. Inoltre, l’abbondanza relativa degli actinobatteri era positivamente associata al retinolo plasmatico nelle femmine in modo dipendente dalla concentrazione, ma non nei maschi. Infine, la relativa abbondanza di Akkermansia, un batterio associato alla mucosa, era positivamente associata al retinolo plasmatico nelle femmine.
Conclusioni
In sintesi, non sono stati ancora prodotti dati sufficienti sui meccanismi con cui i micronutrienti come ferro, zinco, vitamina B9 e vitamina A influiscono sulla composizione dei microbi intestinali.
Tuttavia, l’interazione tra questi micronutrienti e il microbiota potrebbe rappresentare un fattore significativo nel determinare il rischio di carenze vitaminiche e minerali, con implicazioni per la salute pubblica globale.
Pertanto, ricercatori e politici, anche a livello europeo, dovrebbero considerare il ruolo che il microbiota umano riveste nelle carenze di micronutrienti.
Inoltre, gli studi sul metabolismo dei micronutrienti dovrebbero analizzare anche la composizione complessiva del microbiota intestinale, piuttosto che solo i batteri patogeni, come è avvenuto invece in studi sul ferro.
Sebbene gli effetti del ferro sul microbiota intestinale siano stati ampiamente studiati a causa della diffusa prevalenza della sua carenza, sono necessarie ulteriori ricerche sugli effetti dello zinco, della vitamina B9 e della vitamina A, da soli o in combinazione, per comprendere meglio l’intricato meccanismo di interazione tra micronutrienti, microbiota e ospite.