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Da NIH statunitense 9,5 milioni per la ricerca su microbioma, Alzheimer e polifenoli

Al via la collaborazione USA e Irlanda per indagare gli effetti degli antiossidanti sul microbioma nelle malattia neurodegenerative.
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Da NIH statunitense 9,5 milioni per la ricerca su microbioma, Alzheimer e polifenoli

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I ricercatori dell’UCLA Health, in collaborazione con i colleghi della Repubblica d’Irlanda e dell’Irlanda del Nord, hanno ricevuto una sovvenzione di 9,5 milioni di dollari per studiare i potenziali effetti dei polifenoli sulla salute cognitiva.

Questo significativo finanziamento proviene dal National Institutes of Health (NIH), con ulteriore supporto da parte di agenzie europee come la Science Foundation Ireland (SFI) e la Public Health Agency Health & Social Care (HSC).

Lo studio che sta per partire mira a esplorare la complessa relazione tra polifenoli alimentari, prevenzione dell’Alzheimer e il sistema cervello-intestino-microbioma.

La ricerca si chiama MAEVE — acronimo di “Microbiota mediated flavonoid metabolites for cognitive health” — e fa parte di uno progetto interdisciplinare e multicentrico finanziato dal Programma di Partnership per la Ricerca e lo Sviluppo Tripartito USA-Irlanda.

I ricercatori indagheranno su come i supplementi alimentari di polifenoli influenzano 300 adulti anziani a rischio di malattia di Alzheimer. I polifenoli, noti per la loro abbondanza nelle diete mediterranee e presenti in alimenti come bacche, uva, tè verde e cacao, possono svolgere un ruolo cruciale nel ritardare il declino cognitivo.

La ricerca si concentrerà su come questi composti preservano la funzione e la struttura cerebrale attraverso i metaboliti del microbioma intestinale alterando la fisiologia degli acidi biliari secondari dell’ospite, sottolineando il loro potenziale nella prevenzione dell’Alzheimer.

Arpana Church, PhD, co-direttrice del UCLA Goodman-Luskin Microbiome Center e investigatrice principale di contatto, descrive lo studio come «un intervento multicentrico, longitudinale e traslazionale progettato per esplorare i meccanismi e le vie coinvolte nel declino cognitivo». Sottolinea la natura esaustiva della ricerca, affermando: «Stiamo esaminando più marcatori come il funzionamento cognitivo, la struttura e la funzione cerebrale, il microbioma e i metaboliti microbici dei polifenoli, marcatori infiammatori come le interleuchine e marcatori plasmatici specifici per la malattia di Alzheimer come le proteine tau ptau181 e ptau217».

Questo studio quinquennale coinvolge diversi ricercatori chiave, tra cui il Emeran Mayer, co-investigatore principale e direttore fondatore del Goodman-Luskin Microbiome Center. Insieme, puntano ad approfondire la relazione tra polifenoli, funzione cognitiva e salute cerebrale in adulti oltre i 50 anni a rischio aumentato di malattia di Alzheimer. La ricerca sarà condotta attraverso quattro obiettivi principali del progetto:

  • Valutazione degli effetti protettivi: il team valuterà come l’integrazione alimentare di polifenoli influisce sulla salute cerebrale utilizzando MRI multimodale e altri parametri cognitivi.
  • Analisi di metaboliti e marcatori: i ricercatori studieranno i metaboliti del microbioma, i marcatori infiammatori e i biomarcatori della malattia di Alzheimer associati all’assunzione di polifenoli.
  • Bioinformatica e apprendimento automatico: approcci computazionali avanzati esploreranno i collegamenti tra assunzione di polifenoli e metaboliti microbici intestinali, marcatori infiammatori e della malattia di Alzheimer, parametri cerebrali e funzione cognitiva.
  • Approccio tradizionale inverso: lo studio prevede trapianti di feci da individui ad alto rischio con una dieta ricca di polifenoli in modelli murini per scoprire i meccanismi sottostanti.

«Speriamo di comprendere meglio il ruolo dei polifenoli alimentari nel rallentare lo sviluppo del declino cognitivo e come tutto questo sia influenzato dal cervello e dal microbioma intestinale» spiega Church.

Questa ricerca mira a far luce sulle proprietà benefiche di una dieta ricca di polifenoli e sul suo potenziale per sviluppare interventi dietetici per ritardare l’insorgenza e la progressione del declino cognitivo. Se avrà successo, potrebbe aprire la strada a nuove strategie per prevenire o ritardare l’insorgenza della malattia di Alzheimer, offrendo speranza a milioni di persone a rischio in tutto il mondo.

Redazione

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