Un recente studio, pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences, ha descritto, per la prima volta, i preziosi risultati della tipizzazione basata sulla metagenomica del microbiota dell’occhio sano, definito come Eye Community State Type (ECST).
Negli ultimi anni, diversi studi hanno valutato il microbioma e/o il microbiota della superficie oculare, utilizzando metodi di microbiologia tradizionale.
Tuttavia, le attuali conoscenze nelle tecnologie omiche, attraverso l’analisi metagenomica, permettono la caratterizzazione dell’intera comunità microbica presente in un campione, così come la definizione della ricchezza e dell’uniformità di questa comunità.
Il microbiota oculare: che cosa sappiamo
Recenti studi metagenomici hanno già suggerito che il microbiota oculare è caratterizzato da una relativa stabilità e da una bassa diversità.
In particolare, è stato osservato che il core del microbiota oculare presenta alcuni batteri commensali, ambientali e opportunistici che sono comuni a tutti gli individui. Proteobacteria, Actinobacteria e Firmicutes sono i phyla dominanti. Mentre i taxa più comuni a livello di genere sono Pseudomonas, Propionibacterium, Bradyrhizobium, Corynebacterium, Acinetobacter, Brevundimonas, Stafilococchi, Aquabacterium, Sphingomonas, Streptococcus, Streptophyta e Methylobacterium.
Nonostante questa grande diversità, il microbiota oculare rimane comunque molto meno ricco in confronto a quelli dell’intestino, della pelle o della cavità orale.
A parte queste conoscenze, finora la stratificazione del microbiota oculare non era stata ancora descritta in soggetti sani e, tuttavia, è chiaro che comprendere la composizione e la funzione del normale microbioma e microbiota oculare rappresenta un punto di partenza critico per una terapia mirata ed eventualmente per lo sviluppo di adeguati prodotti probiotici, che potrebbero migliorare l’omeostasi e contrastare lo squilibrio causato da alcune malattie.
Gli Eye Community State Type (ECST)
Questo nuovo studio ha utilizzato il metodo di sequenziamento del 16S rRNA per esplorare il microbiota oculare e stratificare i diversi profili di comunità batteriche che coesistono in un occhio sano, dando vita al concetto di Eye Community State Type (ECST).
I risultati hanno mostrato che la stragrande maggioranza dei campioni analizzati, ottenuti da circa 140 pazienti, era altamente arricchita in Staphylococcus. Solo in alcuni campioni predominavano altri generi, tra cui Bacillus, Pseudomonas e Corynebacterium.
Inoltre, è stato osservato che il microbiota dell’occhio sano è caratterizzato da un numero medio di 88 generi, un valore molto basso rispetto ad altre comunità batteriche, come quelle dell’intestino, della cavità orale o della pelle. Pertanto, questi dati suggeriscono che il microbiota oculare sano sia un microbioma a bassa diversità, con pochi generi predominanti.
Infine, lo studio ha permesso di osservare che, sebbene la stragrande maggioranza dei campioni mostrasse un profilo tassonomico simile, con una prevalenza di Staphylococcus, alcuni campioni mostravano profili differenti.
Pertanto, eseguendo un’analisi di clustering simile a quella dell’”enterotipizzazione” del microbiota intestinale, gli autori sono riusciti a descrivere ben nove ECST differenti.
È stato osservato che lo Staphylococcus era presente in quasi tutti gli ECST, sebbene non fosse sempre predominante. In alcuni casi, infatti, i generi più ricchi erano rappresentati da Bacteroides, Pseudomonas e Kocuria.
Conclusioni
Per il futuro, gli autori indicano che sarà interessante analizzare le differenze nella composizione del microbiota tra congiuntiva inferiore e superiore, oltre che stratificare l’analisi per sesso, età e altri potenziali fattori confondenti.
Inoltre, sarà utile analizzare, allo stesso modo, il viroma, la componente virale, o il micobiota, la componente fungina dell’occhio.
Aumentare le conoscenze e la comprensione della composizione del microbiota oculare sano permetterà di capire anche lo squilibrio causato da alcune malattie e di sviluppare terapie mirate.