Negli ultimi anni, diversi studi hanno riportato un’associazione tra il microbiota intestinale e la supplementazione di vitamina D, suggerendo che questa e il suo recettore (VDR) possano modellare il microbiota.
La vitamina D e il microbiota intestinale sono anche noti per svolgere un ruolo nel tumore del colon-retto (CRC) e, per questo, l’indagine sulla loro interazione è diventata sempre più interessante per i ricercatori.
Allo scopo di identificare potenziali taxa benefici che variavano dopo un anno di integrazione di vitamina D, un recente studio ha assegnato in modo casuale 74 pazienti con ca. colorettale a ricevere 2.000 UI al giorno di vitamina D3 o placebo per 1 anno.
Microbiota, vitamina D e tumore al colon
È ormai chiaro che il microbiota contribuisce a regolare una serie di attività nell’organismo, tra cui quelle del sistema immunitario, che sembra essere il collegamento tra la disbiosi e diverse malattie, tra cui cancro, diabete e malattie cardiovascolari o autoimmuni.
Studi recenti hanno anche rivelato forti legami tra la composizione del microbiota intestinale e il cancro del colon-retto (CRC), con diversi meccanismi proposti, che possono promuovere lo sviluppo di questo tipo di tumore.
La vitamina D, a sua volta, svolge un ruolo essenziale nella salute umana. In natura sono disponibili due forme distinte di vitamina D:
- la vitamina D2 (ergocalciferolo), che è per lo più derivata da verdure e lievito;
- la vitamina D3 (colecalciferolo), che è prodotta grazie alla luce solare in contatto con la pelle ed è anche presente in alcuni alimenti di origine animale.
La vitamina D viene idrossilata nel fegato in 25-idrossivitamina D (25(OH)D) e ulteriormente idrossilata in 1,25-diidrossivitamina D (1,25(OH)2D) nel rene.
La 25(OH)D è la principale forma circolante di vitamina D ed è un metabolita abbastanza stabile. Per questo motivo, è generalmente considerato un indicatore affidabile dello stato della vitamina D nell’organismo.
Diversi studi hanno trovato un’associazione tra vitamina D e rischio di CRC. Infatti, confrontando i livelli di 25(OH)D in coorti numerose di individui, i dati hanno rivelato una significativa riduzione del rischio nei pazienti con livelli più alti di vitamina D, con un forte effetto dose-risposta.
Come interagiscono microbiota e vitamina D
L’impatto della vitamina D sulla composizione dei batteri intestinali potrebbe influenzare in modo significativo la funzione del sistema immunitario e, in definitiva, la salute umana.
L’evidenza indiretta di una possibile interazione tra vitamina D e microbiota è stata fornita da studi in vitro, che hanno evidenziato un effetto sinergico del butirrato e della vitamina D nel potenziare l’espressione della fosfatasi PTEN e la conseguente apoptosi delle cellule tumorali.
Altri studi sui roditori hanno dimostrato che la carenza di vitamina D attraverso la restrizione alimentare, la mancanza di CYP27B1 o la mancanza di recettori della vitamina D (VDR) promuovono l’aumento dei Bacteriodetes e dei Proteobacteria.
Ci sono anche prove che la supplementazione di vitamina D influenzi i principali phyla microbici intestinali (Firmicutes, Actinobacteria e Bacteroidetes) con una diminuzione o un aumento dell’abbondanza relativa.
Infine, dati in letteratura dimostrano che la carenza di vitamina D predispone i topi alla colite, attraverso la disregolazione dell’attività antimicrobica del colon e la ridotta omeostasi batterica enterica.
I risultati del nuovo studio
Il recente studio italiano pubblicato su Neoplasia, condotto su 74 pazienti con CRC ha mostrato che diverse specie batteriche del microbiota sono associate al CRC e suggerisce che l’integrazione di vitamina D può contribuire a modellare il microbiota intestinale influenzando phyla come Bacteroides e Firmicutes e che il microbiota, a sua volta, può parzialmente mediare l’effetto dell’integrazione di 25(OH)D.
Altre specie, come il Fusobacterium nucleatum, sono risultate correlate con la dieta e con i biomarcatori sierici di infiammazione. In particolare, la presenza di Fusobacterium nucleatum al basale era associata a una minor sopravvivenza libera da malattia, mentre pazienti che avevano raggiunto valori sufficienti di 25(OH)D avevano un’abbondanza inferiore di questa specie dopo il trattamento.
In sostanza, l’analisi effettuata nello studio ha confermato il ruolo significativo del microbiota nel mediare l’effetto della dieta sul rischio di CRC. Infine, sono state trovate prove che taxa associati al tumore del colon retto potrebbero essere indicatori di una ricaduta precoce.
Sono state riscontrate anche differenze tra uomini e donne in risposta alla supplementazione di vitamina D che sembra influenzare sia il microbiota che le vie coinvolte nella biosintesi degli aminoacidi essenziali.
Conclusioni
In futuro, questi dati potranno essere integrati con informazioni su dieta, biomarcatori sierici relativi all’infiammazione e al tessuto adiposo (come adiponectina, leptina, proteina C-reattiva, ecc.) e dati sull’espressione genica, relativi al sistema immunitario e valutati nel tessuto tumorale, per studiare come l’interazione tra tutti questi fattori di rischio influisca sia sul microbiota che sulla progressione del tumore.