Alcuni studi recenti hanno ipotizzato che l’esposizione dei neonati ai batteri del microbiota vaginale materno durante il parto fosse in grado di influenzare lo sviluppo della comunità di microbi intestinali dei bambini.
Inoltre, alcuni studi avevano osservato nei bambini nati con parto cesareo la mancanza dell’immunità naturale, probabilmente per la mancata esposizione ai batteri vaginali della madre alla nascita.
A fronte di queste evidenze, il vaginal seeding – ovvero la pratica di passare una garza di cotone sul fluido vaginale materno per trasferire i microrganismi alla bocca, al naso o alla pelle di un neonato – è diventata sempre più popolare, pur se largamente criticato da alcune società scientifiche.
Il ruolo del microbiota vaginale durante il parto
Di recente, uno dei più grandi studi “madre-bambino” condotti fino ad oggi sembra capovolgere questa idea.
I dati ottenuti indicano infatti che il microbiota vaginale della madre non rappresenta un fattore determinante per la composizione e lo sviluppo del microbiota intestinale del suo bambino durante i primi mesi di vita.
I risultati, pubblicati su Frontiers in Cellular and Infection Microbiology, suggeriscono quindi che le pratiche per modificare il microbiota intestinale infantile dovrebbero concentrarsi su fattori diversi dai microbi vaginali materni.
Questo studio è stato condotto da Janet Hill della University of Saskatchewan e Deborah Money della University of British Columbia, che insieme ai loro colleghi hanno analizzato l’effetto del microbiota vaginale materno sullo sviluppo del microbiota intestinale dei loro bambini dopo 10 e 90 dalla nascita.
Lo studio su parto naturale e parto cesareo
I ricercatori hanno reclutato 621 donne canadesi in gravidanza che avevano pianificato di partorire per via vaginale o mediante parto cesareo.
Il team ha raccolto tamponi vaginali dalle madri prima del parto e campioni di feci dai neonati entro 72 ore dalla nascita e dopo 10 e 90 giorni.
La maggior parte dei bambini di 10 giorni aveva un microbiota intestinale dominato da batteri come Escherichia coli e vari membri dei generi Bifidobacterium, Enterococcus, Klebsiella, Bacteroides e Streptococcus.
I ricercatori hanno raggruppato i campioni di feci dei neonati in 25 cluster: 23 erano caratterizzati da una singola specie dominante, uno da una miscela di E. coli, Bifidobacterium breve e Parabacteroides distasonis e l’ultimo da più specie batteriche.
A 3 mesi, la diversità del microbiota intestinale infantile e l’abbondanza di batteri E. coli e Bifidobacterium sono aumentate. Il numero di cluster batterici è sceso a 14, dei quali 12 caratterizzati da una singola specie.
Antibiotici nel periodo neonatale
Il team ha scoperto che, a 10 giorni dal parto, il microbiota intestinale infantile mostrava differenze significative nella composizione in base alla modalità di parto. Batteri come Klebsiella, Enterococcus e Streptococcus parasanguinis erano sovrarappresentati nel microbiota delle feci dei neonati nati con parto cesareo, mentre E. coli e le specie Parabacteroides, Bacteroides e Bifidobacterium erano più comuni nei bambini nati con parto vaginale.
Tuttavia, dai dati ottenuti è emerso che queste differenze si sono ridotte a tre mesi di vita e che non possono essere spiegate dalla composizione del microbiota vaginale materno, in quanto molto probabilmente sono dovute all’esposizione agli antibiotici nel periodo neonatale.
Conclusioni
I ricercatori non hanno raccolto campioni di feci materne, quindi non hanno potuto escludere l’influenza dei microbi intestinali della madre sul microbiota del suo bambino.
Tuttavia, i risultati suggeriscono che l’esposizione al microbiota vaginale materno al momento della nascita non influisce sulla composizione e sullo sviluppo del microbiota intestinale infantile nelle prime fasi della vita.