Gli antibiotici sono farmaci preziosi per contrastare infezioni batteriche che l’organismo umano difficilmente riuscirebbe a debellare basandosi sulle sue sole difese immunitarie. Tuttavia, trattandosi di principi attivi indirizzati a bloccare/rallentare la crescita batterica, quando assunti per via sistemica, inevitabilmente interferiscono in modo più o meno marcato con l’equilibrio del microbiota intestinale, causando effetti collaterali gastrointestinali.
Antibiotici e microbiota intestinale
Gli effetti degli antibiotici sulla comunità microbica enterica dipendono dallo spettro di azione, dalla dose utilizzata, dalla farmacocinetica del principio attivo e dalla durata del trattamento. In particolare, terapie ad alto dosaggio e/o di lunga durata, con molecole poco selettive e/o poco assorbite nell’intestino tenue hanno una maggiore capacità di indurre alterazioni del microbiota (disbiosi) e relativi disturbi intestinali, a partire dalla diarrea da antibiotici (AAD, Antibiotics Associated Diarrhea).
Oltre a questo fastidio caratteristico, ampiamente sperimentato da adulti e bambini, le disbiosi intestinali possono avere serie ripercussioni sulla salute dell’ospite poiché espongono alla colonizzazione intestinale da parte di batteri patogeni e a un significativo aumento del rischio di essere interessati da gravi infezioni da Clostridioides difficile (CDI, C. difficile Infection), soprattutto durante ricoveri ospedalieri e nel caso di persone anziane (over65).
In aggiunta, le disbiosi intestinali tendono a determinare una riduzione della produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA, Short-Chain Fatty Acid), squilibri elettrolitici, disfunzioni della barriera intestinale e allentamento delle giunzioni strette (tight-junctions) presenti nell’epitelio, con conseguente maggiore propensione all’attivazione immunitaria locale e allo sviluppo di infiammazione della mucosa intestinale.
Il ripristino spontaneo dell’equilibrio del microbiota intestinale dopo una terapia antibiotica richiede tempo ed è spesso incompleto, soprattutto per alcune specie batteriche. Questo fenomeno può far perdurare i sintomi gastroenterici per diverse settimane/mesi dopo la conclusione della terapia antibiotica e lasciare esposto l’intestino allo sviluppo di ulteriori disbiosi e colonizzazioni da parte di patogeni intestinali.
Diarrea da antibiotici e infezioni da C. Difficile
Si parla di “diarrea da antibiotici” quando, durante una terapia antibiotica o nei due mesi successivi alla sua interruzione, si manifestano almeno tre evacuazioni con feci morbide o liquide al giorno per almeno 24 ore, non attribuibili ad altre cause.
I dati epidemiologici indicano che la AAD si manifesta in circa il 5-35% dei pazienti trattati con questi farmaci, soprattutto durante i ricoveri ospedalieri. Nella maggioranza dei casi, si tratta di una complicanza non grave e di breve durata. Tuttavia, in alcuni soggetti anziani o particolarmente fragili/suscettibili, la AAD può comportare un prolungamento della degenza e promuovere l’insorgenza di un’infezione intestinale da C. difficile, decisamente ostica da debellare.
La CDI può manifestarsi con un ampio range di severità: dalla diarrea lieve-moderata o severa alla colite pseudomembranosa, condizione potenzialmente life-threatening specie nei pazienti anziani e/o resi fragili dalla presenza di comorbilità o dai trattamenti somministrati (Theriot CM, Young, VB. Gut Microbes 2014;5:86-95).
La CDI rende conto di tutte le coliti pseudomembranose e di circa il 20% delle AAD che si sviluppano in ospedale. Gli antibiotici maggiormente associati allo sviluppo di CDI sono la clindamicina e quelli appartenenti alle classi dei chinoloni, delle cefalosporine e delle aminopenicilline, tutti ampiamente usati durante i ricoveri ospedalieri (Theriot CM, Young, VB. Gut Microbes 2014;5:86-95).
Numerosi studi condotti nell’ultimo decennio hanno dimostrato che alcuni specifici ceppi di microrganismi probiotici, somministrati singolarmente o in combinazione durante la terapia antibiotica, permettono di contenere lo sviluppo di disbiosi, riducendo il rischio di AAD, nonché di favorire il recupero successivo dell’equilibrio batterico intestinale.
Lo studio sulla protezione offerta dal mix probiotico
Uno studio condotto presso il Dipartimento di Medicina Interna dell’Ospedale “San Carlo di Nancy” di Roma ha evidenziato che uno specifico mix probiotico a base di Limosilactobacillus reuteri LMG P-27481 e Lacticaseibacillus rhamnosus GG ATCC 53103 permette di prevenire la diarrea da antibiotici e di azzerare le infezioni da C. difficile in pazienti ricoverati trattati con diverse classi di antibiotici, migliorando anche i sintomi gastrointestinali.
Lo studio è stato condotto su 113 pazienti adulti ricoverati tra Gennaio e Settembre 2023, trattati per via orale o parenterale, per almeno 5 giorni, con antibiotici come ceftriaxone, piperacillina/tazobactam, metronidazolo, meropemen, vancomicina, azitromicina, amoxicillina/acido clavulanico o altri principi attivi per contrastare infezioni di vario tipo (urinarie, respiratorie, cutanee, del tratto biliare, endocarditi, diverticoliti ecc.).
I soggetti arruolati (49 uomini e 64 donne, età media 69,6 ± 21,3 anni) sono stati randomizzati, in aperto, 1:1 per ricevere la sola terapia antibiotica (gruppo di controllo) o, in aggiunta alla terapia antibiotica, anche il mix probiotico in stick orali da 1,4 g (2×1010 CFU) 2 volte al giorno. I pazienti sono stati monitorati durante e dopo la conclusione del trattamento per lo sviluppo di AAD e CDI (endpoint primario) e la comparsa di sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e dolori addominali, numero di evacuazioni, necessità di altri trattamenti e insorgenza di eventi avversi attribuibili al mix probiotico (endpoint secondario).
Dalla valutazione è emerso che, nel gruppo trattato con Limosilactobacillus reuteri LMG P-27481 e Lacticaseibacillus rhamnosus GG ATCC 53103 in aggiunta alla terapia antibiotica, la ADD ha riguardato soltanto l’11% dei pazienti contro il 28% di quelli del gruppo di controllo (p < 0,01), con una riduzione dell’incidenza di circa il 30%.
Nei pazienti che sviluppavano AAD, la complicanza insorgeva in media 4 giorni dopo l’avvio della terapia antibiotica, mentre in nessun caso è stata osservata durante il follow-up post trattamento.
Un esito particolarmente incoraggiante riguarda il fatto che, nel gruppo trattato con il mix probiotico in aggiunta alla terapia antibiotica, non è stato riscontrato alcun caso di CDI, insorta invece nell’11% dei pazienti del gruppo di controllo. In questi casi, in media, la CDI si è manifestata 7 giorni dopo l’inizio del trattamento antibiotico e ha richiesto un’ulteriore somministrazione di antibiotici specifici per essere contrastata.
L’aggiunta dell’intervento probiotico a base di Limosilactobacillus reuteri LMG P-27481 e Lacticaseibacillus rhamnosus GG ATCC 53103 ha permesso anche di limitare i sintomi gastrointestinali tipicamente associati all’assunzione di terapie antibiotiche sistemiche, con una riduzione dell’incidenza di diarrea e vomito dal 9% (gruppo di controllo) al 2% (p < 0,05), senza causare effetti collaterali di alcun tipo e dimostrandosi ben tollerato.
Conclusioni
In accordo con studi precedenti che hanno dimostrato la capacità di alcuni specifici ceppi probiotici di prevenire l’instaurarsi di disbiosi indotte da antibiotici e relative manifestazioni diarroiche, lo studio che ha testato l’aggiunta del mix probiotico contenente Limosilactobacillus reuteri LMG P-27481 e Lacticaseibacillus rhamnosus GG ATCC 53103 a diversi tipi di terapia antibiotica sistemica ha evidenziato la capacità di questo preparato di proteggere dall’insorgenza di AAD, azzerare i casi di CDI e ridurre i disturbi gastrointestinali, in pazienti ricoverati.
Oltre alla rilevanza clinica di limitare complicanze debilitanti e, nel caso della CDI, potenzialmente life-threatening in soggetti fragili grazie a un intervento probiotico sicuro e ben tollerato, questo esito appare vantaggioso per il sistema sanitario sul piano economico e organizzativo, in quanto permette di evitare il prolungamento delle degenze ospedaliere e la somministrazione di terapie aggiuntive, peraltro non sempre risolutive (specie nel caso della CDI).
Sulla base dei dati di letteratura, si ritiene che per ottenere dagli interventi probiotici la massima azione preventiva nei confronti di AAD e CDI, i preparati contenenti ceppi di dimostrata efficacia (come Limosilactobacillus reuteri LMG P-27481 e Lacticaseibacillus rhamnosus GG ATCC 53103) vadano somministrati fin dall’inizio della terapia antibiotica e per tutta la sua durata.
Contenuto realizzato in collaborazione con NOOS.
Reference
Saviano A, et al. The Efficacy of a Mix of Probiotics (Limosilactobacillus reuteri LMG P-27481 and Lacticaseibacillus rhamnosus GG ATCC 53103) in Preventing Antibiotic-Associated Diarrhea and Clostridium difficile Infection in Hospitalized Patients: Single-Center, Open-Label, Randomized Trial. Microorganisms 2024;12(1):198. DOI: 10.3390/microorganisms12010198