L’acido ialuronico (HA, hyaluronic acid) è un polimero lineare di un disaccaride, che ha peso molecolare variabile da decine di migliaia a milioni. È presente ubiquitariamente nella matrice extracellulare dei vertebrati ed è particolarmente abbondante nel tessuto connettivo e in organi quali pelle, liquido sinoviale, vasi sanguigni, cervello, cartilagine. Pertanto è sempre più utilizzato come integratore per migliorare la salute della pelle e delle articolazioni, e la sua sicurezza è stata confermata da diversi studi.
Ma il meccanismo dettagliato di come HA, con un peso molecolare così elevato, eserciti effetti benefici è ancora da chiarire.
Uno studio in vivo che ha utilizzato 14C-HA ha mostrato che circa il 90% dell’acido ialuronico somministrato per via orale veniva rilevato, dall’autoradiografia, nel plasma di ratti e ha suggerito che l’acido ialuronico fosse in qualche modo assorbito, metabolizzato e trasferito sulla pelle.
Nel frattempo, una ricerca in vitro ha dimostrato che l’HA non veniva degradato dai succhi gastrici e intestinali artificiali, ma dal microbiota cecale di ratto a oligosaccaridi HA (oligo-HA); e in altri lavori è stato segnalato che i ceppi batterici appartenenti al genere Bacteroides, Prevotella, Porphyromonas e Fusobacterium, che sono comuni abitanti dell’intestino umano, sono in grado di degradare l’acido ialuronico.
Tuttavia, sappiamo ancora poco sui modelli di degradazione dell’HA da parte dei batteri intestinali.
Partendo da questi assunti, un team giapponese ha voluto identificare nelle feci umane batteri in grado di degradare HA a oligo-HA e valutarne la distribuzione nel microbiota di soggetti sani.
Isolamento e identificazione dei batteri
I batteri sono stati isolati con successo tramite un metodo di arricchimento selettivo, in cui le feci di 10 donatori giapponesi sani sono state diluite in serie e incubate individualmente in un terreno di coltura arricchito contenente acido ialuronico; in seguito dalle colonie formate sulle piastre di agar contenenti HA sono stati isolati i ceppi da esaminare e tra questi sono stati selezionati i ceppi che degradano acido ialuronico misurandolo nel medium con metodo ELISA.
Test genomici e biochimici su tali ceppi hanno poi identificato Bacteroides finegoldii, B. caccae, B. thetaiotaomicron e Fusobacterium mortiferum. Inoltre, l’analisi HPLC ha rivelato che essi hanno degradato l’HA a oligo-HA di varie lunghezze.
Il successivo dosaggio PCR quantitativo, mirato ai batteri che degradano l’HA, ha mostrato che la loro distribuzione nei donatori giapponesi variava.
In sintesi da questi test è emerso che:
- il microbiota fecale umano possiede capacità di degradazione dell’acido ialuronico;
- nel microbiota fecale analizzato in questo studio HA è stato degradato al di sotto del limite di rilevazione ELISA (0,625 ng/ml) in 9 campioni (ad eccezione di quello del donatore 8) dopo la fermentazione per 30 ore;
- dopo la fermentazione per 9 ore è risultato che il microbiota fecale del donatore 2 ha degradato l’HA fino allo 0,00±0,00% in modo più efficiente tra 10 donatori;
- il microbiota fecale del donatore 2 è stato quindi sottoposto a diluizione graduale da 4 volte a 411 volte e fermentato con 100 μg/ml di HA. La singola colonia isolata è stata identificata come Bacteroides finegoldii, non segnalato precedentemente come batterio degradante l’HA;
- il ceppo isolato di B. finegoldii è risultato essere omologo al 99,2% al gene 16S rRNA del ceppo standard.
Il ruolo di B. finegoldii
Per confermare che la capacità di degradazione dell’acido ialuronico del microbiota fecale si deve al numero di cellule di B. finegoldii, sono stati determinati il numero di cellule batteriche di tutti gli eubatteri e di B. finegoldii nel microbiota fecale di tutti i donatori.
È emerso che:
- il donatore 2 conteneva 1.010,01 cellule/ml di B. finegoldii con la più forte capacità di degradazione dell’HA,
- i donatori 3, 4, 6 e 8 hanno mostrato una scarsa capacità di degradare HA e quantità relativamente piccole di B. finegoldii
- i donatori 1, 5 e 7 hanno mostrato buona capacità di degradazione dell’HA sebbene questi microbioti contenessero meno di 107,30 cellule/ml di B. finegoldii.
Questi risultati hanno suggerito che il microbiota dei donatori 1, 5 e 7 conteneva altri batteri, rispetto a B. finegoldii, in grado di degradare l’HA.
Altri batteri che degradano l’acido ialuronico
Analogamente all’isolamento di B. finegoldii, sono stati isolati altri batteri degradanti l’HA: F. mortiferum, B. caccae e B. thetaiotaomicron, la cui distribuzione nel microbiota fecale dei 10 donatori influenza anche la capacità di degradazione dell’acido ialuronico.
Inoltre, nonostante la scarsa abbondanza di Bacteroides spp. e F. mortiferum in due dei 10 donatori, gli HA rimanenti erano rispettivamente del 4,9% e del 3,3%, suggerendo la presenza di altri batteri che degradano l’HA oltre alle quattro specie rilevate in questo studio.
Conclusioni
Studi precedenti hanno riportato che HA ad alto peso molecolare (900 kDa) controlla il sistema immunitario tramite recettore toll-like 4 nella linea cellulare epiteliale intestinale umana, mentre a pesi molecolari inferiori, fino a 35 kDa, riduce le infezioni batteriche, aumenta l’espressione di una proteina delle giunzioni stretti e ridurre la permeabilità intestinale.
Questi rapporti suggeriscono che le dimensioni molecolari dell’HA influenzano l’attività biologica attraverso il tasso di assorbimento e/o i recettori bersaglio.
Il team giapponese ha dimostrato che la conta dei batteri che degradano l’HA varia tra gli individui, quindi, l’attività biologica dell’HA somministrato per via orale potrebbe differire a seconda della dimensione e distribuzione della popolazione dei batteri che degradano l’HA nel microbiota intestinale dell’ospite. I ricercatori concludono che sarebbero utili studi futuri che determinassero la biodisponibilità degli oligo-HA prodotti dai batteri degradanti l’acido ialuronico, compresa la loro capitalizzazione da parte degli altri gruppi batterici nell’intestino crasso, sia in vitro (KUHIMM, Kobe University Human Intestinal Microbiota Model in Bottle) che in vivo sull’uomo.