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Efficacia del trapianto di microbiota: luci e ombre del modello murino

Un team ha dimostrato il funzionamento del trapianto di microbiota da uomo a topo. I risultati potrebbero essere preziosi per futuri studi.
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Efficacia del trapianto di microbiota: luci e ombre del modello murino

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In questo articolo

Stato dell’arte
I modelli animali germ-free (GF) hanno permesso ai ricercatori di analizzare in modo specifico il microbiota animale attraverso l’inoculo di batteri di interesse, per indagare l’associazione tra i microrganismi che popolano l’intestino umano e diverse patologie.

Cosa aggiunge questo studio
Lo studio dimostra che batteri del microbiota umano hanno un profondo impatto sulla comunità microbica dei roditori nei quali sono stati trasferiti con trapianto fecale. Inoltre, questo studio propone un metodo accurato per valutare l’efficienza del trapianto di microbiota dall’uomo al topo.

Conclusioni
La ricerca conferma che i microrganismi presenti nelle feci umane sono in grado di colonizzare topi germ-free; tuttavia, è stato dimostrato che la comunità batterica che ne scaturisce assomiglia solo parzialmente alla popolazione batterica del donatore.

Modelli murini nello studio del microbiota

I modelli murini vengono comunemente utilizzati per studiare le interazioni ospite-microbiota in vivo. I topi possono essere resi germ-free (GF) ed è possibile introdurre specifici cambiamenti nella loro dieta o trapiantare specie microbiche umane e di altri animali, al fine di studiare la relazione tra la composizione batterica intestinale e alcune patologie.

Sebbene diversi studi abbiano dimostrato la possibilità di effettuare con successo un trapianto di microbiota fecale dall’uomo al topo, sono state riportate in alcune indagini anche forti pressioni selettive sulle specie microbiche e una scarsa efficacia dei trapianti.

In questo studio il team di ricercatori si è focalizzato sull’efficienza del trapianto da donatori umani a topi GF.

Poiché l’abbondanza relativa dei taxa batterici intestinali è influenzata da fattori ambientali, la ricerca ha coinvolto 4 donne adulte affette da anoressia nervosa (AN) e 4 controlli sani (con stessa età, razza, sesso), senza anamnesi di disturbo del comportamento alimentare o anormale indice di massa corporea.

Campioni fecali forniti dai donatori umani sono stati utilizzati per la colonizzazione di 153 topi femmine e maschi GF utilizzando 77 diverse biomasse fecali. I pellet fecali sono stati raccolti dai topi una volta ogni 7 giorni dopo la colonizzazione per un periodo di 28 giorni.

Efficacia del trapianto fecale

Al fine di studiare le dinamiche della colonizzazione microbica, i ricercatori hanno sfruttato nuovi strumenti bioinformatici per identificare variazioni nella sequenza (SV) del gene rRNA 16S. Analizzando la presenza di comunità microbiche enteriche in campioni fecali umani, sospensioni e pellet fecali di topo, i ricercatori hanno valutato l’efficienza del trapianto di microbiota nei topi GF nel corso di 28 giorni e hanno scoperto che:

  • il trapianto di microbiota ha determinato una variazione significativa della comunità batterica nel roditore colonizzato, che è rimasta stabile durante il periodo di studio
  • la composizione microbica è risultata fortemente preservata tra feci umane e sospensioni (l’88,39% delle SV è condiviso).

Pertanto, i ricercatori hanno effettuato un’analisi non accoppiata tra le SV delle sospensioni e dei pellet fecali di topo, scoprendo che, una settimana dopo la colonizzazione, il 95,34% delle SV era condiviso.

Tuttavia, quando gli studiosi hanno analizzato le SV nelle sospensioni e nei corrispondenti pellet fecali (analisi accoppiata) hanno scoperto che soltnto il 42,15 ± 9,95% delle SV erano condivise. Inoltre, un numero significativo di SV è stato rilevato solo nella sospensione (32,57 ± 11,67%) o solo nel pellet fecale di topo (25,28 ± 10,11%) alla prima settimana dopo la colonizzazione.

I batteri con maggiori probabilità di trasferimento

I taxa trasferiti con maggior successo sono quelli più abbondanti nelle sospensioni e includono: Streptococcaceae, Lachnospiraceae, Rumino coccaceae, Veillonellaceae, Erysipelotrichaceae, Peptos treptococcaceae e Famiglia_XIII. Tuttavia, Firmicutes e Bacteroidetes, di cui sono risultate ricche le sospensioni, erano significativamente sovra e sotto-rappresentati. È interessante notare che la percentuale di SV condivisa tra coppie di pellet e sospensioni fecali è indipendente dal sesso.

In sintesi, questi dati hanno mostrato che solo il 42% delle SV è stata trasferita dalle sospensioni ai topi GF corrispondenti e l’abbondanza relativa di numerosi taxa fecali umani nelle sospensioni erano scarsamente rappresentate nei pellet fecali di topo e viceversa.

Il team ha ipotizzato che le SV presenti solo nelle sospensioni possano essere il risultato di una contaminazione ambientale dovuta a un metodo di preparazione non sterile. Studi simili hanno imputato una scarsa efficienza del trapianto microbico alla diversa anatomia e fisiologia gastrointestinale di topi e umani, a cambiamenti introdotti nella dieta durante l’esperimento e allo sviluppo immunitario carente nei topi GF.

Tutti questi fattori, come anche la contaminazione, potrebbero spiegare le correlazioni negative rilevate nei taxa dall’analisi accoppiata tra i campioni prelevati dai topi e le rispettive sospensioni.

Conclusioni

Questo studio suggerisce quindi che:

  • l’analisi non accoppiata utilizzata per determinare l’efficienza del trapianto sopravvaluta il risultato e in futuro dovrebbe essere evitata
  • l’analisi accoppiata potrebbe rappresentare un modo alternativo e più accurato per valutare la percentuale delle SV che si innestano con successo nel topo ricevente.

Infine, i ricercatori hanno identificato specifici taxa la cui abbondanza nel campione del donatore corrisponde a quella presente nei topi GF dopo il trapianto.

I risultati di questo studio indicano che il microbiota fecale umano si modifica una volta trapiantato nel topo; inoltre, sono stati identificati specifici taxa caratterizzati da un’elevata efficienza di trasferimento, che potrebbero rappresentare una fonte preziosa per condurre ulteriori studi clinici.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione

Stefania Ippati
Ricercatrice nel campo delle malattie neurodegenerative presso l’Ospedale San Raffaele di Milano.

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