Un recente studio, pubblicato sull’European Journal of Nutrition, ha gettato luce su diverse associazioni tra il cosiddetto “Social Jet Lag” (SJL) e vari aspetti della salute, tra cui la qualità della dieta, le abitudini alimentari, l’infiammazione e la composizione del microbiota intestinale. Questa ricerca, per la prima volta, ha esaminato questi legami all’interno di una singola coorte di pazienti, basandosi sullo studio clinico ZOE PREDICT (NCT03479866).
Il “Social Jet Lag” quali impatti sulla salute?
Il sonno, insieme alla dieta e all’esercizio fisico, è da sempre considerato un fattore chiave che può essere modulato per migliorare la salute.
Tuttavia, nell’attuale contesto moderno, l’esposizione costante a luci artificiali e l’uso frequente di dispositivi con schermi che emettono luce blu hanno notevolmente influenzato i pattern di sonno degli individui.
Questi fattori, insieme ai turni di lavoro, possono alterare la regolarità del sonno e creare quello che viene chiamato “Social Jet Lag” (SJL). Questa discrepanza tra sonno e ritmo circadiano è stata associata ad un rischio più elevato di malattie cardiovascolari, elevato indice di massa corporea (BMI) e disturbi metabolici.
Il SJL, definito come una differenza di almeno 1 ora nelle ore di sonno tra i giorni lavorativi e quelli non lavorativi, coinvolge oltre il 40% della popolazione, con un picco tra adolescenti e giovani adulti.
Questa alterazione può influenzare negativamente le scelte alimentari, l’adiposità e i disturbi metabolici, oltre a generare squilibri nel microbiota intestinale, associati a condizioni patologiche come obesità e sindrome metabolica.
Risultati dello studio
Lo studio ha coinvolto un totale di 1.002 individui e ha analizzato dati demografici, abitudini alimentari, condizioni cardiometaboliche, analisi metagenomiche delle feci e parametri metabolici postprandiali.
Per calcolare il SJL, è stato preso in considerazione il sonno abituale autoriferito, identificando una differenza di almeno 1,5 ore nel sonno tra i giorni lavorativi e quelli non lavorativi. Le differenze tra i gruppi (SJL vs no-SJL) sono state esaminate in termini di marcatori cardiometabolici e abitudini alimentari, tenendo conto di vari fattori di correzione come sesso, età, BMI, etnia e stato socio-economico. Inoltre, è stata valutata e confrontata la composizione microbica intestinale a livello delle specie presenti in almeno il 20% dei campioni.
Dai risultati è emerso che il gruppo con SJL (16%, n=145) era composto da una maggiore percentuale di maschi (39% vs 25%), e presentava un minor tempo medio di sonno (<7 ore; 5% vs 3%) e un’età media inferiore (38,4±11,3 anni vs 46,8±11,7 anni) rispetto al gruppo senza SJL.
Il Social Jet Lag era associato a un aumento dell’abbondanza relativa di 9 batteri intestinali e a una diminuzione dell’abbondanza di 8 batteri intestinali, fenomeno in parte mediato dalla dieta. Nello specifico, il SJL correlava con una dieta di minore qualità, caratterizzata da un consumo più elevato di patate e bevande zuccherate e un consumo più basso di frutta e noci, oltre a mostrare indicatori di infiammazione (GlycA e IL-6) più elevati rispetto al gruppo no-SJL.
Conclusioni e sviluppi futuri
I risultati di questo studio indicano che anche un lieve disturbo del ritmo circadiano può influenzare notevolmente la dieta e la composizione del microbiota intestinale, fattori che a loro volta possono aumentare il rischio di malattie croniche non trasmissibili.
Sebbene la composizione generale del microbiota non possa predire chi soffra di SJL rispetto a chi non ne è affetto, sono emerse differenze significative nelle singole specie microbiche tra i gruppi SJL e no-SJL, e sembra che la dieta giochi un ruolo chiave in questa associazione.
Studi condotti su modelli animali hanno già dimostrato che la disorganizzazione dei ritmi circadiani può influenzare il microbiota intestinale.
I metaboliti prodotti dal microbiota, a loro volta, possono influenzare il metabolismo dell’ospite, poiché hanno legami con l’infiammazione, e aumentare il rischio di obesità e malattie metaboliche. Le differenze alimentari osservate tra i gruppi SJL e no-SJL sono in linea con studi precedenti.
L’infiammazione, indicata da biomarcatori leggermente più elevati come GlycA e IL-6 nei partecipanti con SJL, rappresenta un elemento chiave nelle malattie croniche. Tuttavia, va sottolineato che le associazioni osservate sembrano essere a un livello subclinico in questa coorte di individui, principalmente sani.
Inoltre, è stato osservato che un sonno sufficiente durante la settimana può mitigare alcuni degli effetti negativi della disarmonia circadiana.
Questa indagine apre, quindi, la strada all’idea che il disallineamento cronico dei ritmi circadiani imposto socialmente possa influenzare il microbiota intestinale, suggerendo potenziali terapie microbiche per le malattie correlate al sonno. Saranno necessarie ulteriori ricerche, comprese analisi oggettive del sonno e approfondimenti a lungo termine sul SJL, per comprenderne appieno gli effetti sulla salute.