Un gruppo di scienziati finlandesi ha descritto un nuovo approccio per lo studio della funzionalità del microbiota che utilizza la spettrometria di massa, abbinata a metodi computazionali.
La tecnica, pubblicata sulla rivista ISME Communications del gruppo Nature, permetterà di definire i livelli proteici nei campioni di microbiota analizzati e identificarne la funzione specifica.
Se la fotografia genomica non basta più
La profilazione del microbioma ha attirato una crescente attenzione negli ultimi anni, con il riconoscimento dell’importante ruolo che esso ricopre nella salute umana e nella patogenesi e prevenzione di diverse malattie.
Attualmente, il sequenziamento del metagenoma è l’approccio più comune per studiare il microbioma, con diverse applicazioni di successo in vari studi, inclusi ampi studi multicentrici su migliaia di campioni, utilizzando l’rRNA 16S o il sequenziamento dell’intero genoma.
Catalogando quali microbi sono presenti in un campione e le loro relative abbondanze, la metagenomica può fornire importanti informazioni sulla composizione tassonomica delle comunità microbiche e prevederne le possibili funzioni.
Una delle principali limitazioni dell’approccio metagenomico è, tuttavia, che non valuta direttamente la funzione del microbiota.
Per superare questa limitazione, l’analisi del metaproteoma basata sulla spettrometria di massa è emersa come un’opzione molto utile.
Metaproteomica, opzione “intrigante”
La metaproteomica è un campo di ricerca che mira a caratterizzare tutte le proteine espresse da una comunità di microrganismi in un campione biologico complesso.
La sua principale potenzialità sta nella capacità di misurare direttamente la funzionalità del microbiota.
Pertanto, la metaproteomica sta diventando un’opzione intrigante, per esempio, nello studio della funzionalità del microbiota intestinale umano in varie condizioni di salute e patologiche.
Oggi, la metaproteomica utilizza la spettrometria di massa con acquisizione dipendente dai dati (DDA), che è, tuttavia, nota per avere dei limiti, soprattutto a livello di riproducibilità, in particolare nell’analisi di campioni complessi.
Per superare i limiti della DDA, è stato introdotto l’uso della spettrometria di massa ad acquisizione indipendente dai dati (DIA) che frammenta sistematicamente tutti gli ioni peptidici precursori.
Tuttavia, la frammentazione sistematica degli ioni del peptide precursore può produrre spettri difficili da analizzare. Anche in questo caso, il problema è particolarmente evidente nell’analisi di campioni metaproteomici complessi e riguarda la mancanza di strumenti computazionali appropriati per interpretare i dati prodotti.
Infatti, a causa della complessità intrinseca dei dati, gli strumenti convenzionali per analizzare i dati del proteoma di singole specie spesso non sono adatti per la metaproteomica.
GlaDIAtor, il software open source
Il gruppo di ricerca finlandese ha pubblicato un tipo di analisi dei dati metaproteomici DIA che permette di risolvere il problema degli spettri troppo complessi da esaminare.
Ciò avviene utilizzando l’algoritmo DIA-Umpire per deconvolvere gli spettri DIA in pseudospettri simili a quelli ottenuti con la DDA, che possono essere utilizzati per l’identificazione dei peptidi con ricerche di database di proteine convenzionali.
Attraverso l’uso di una miscela microbica assemblata in laboratorio e campioni fecali umani, gli studiosi hanno dimostrato che questo approccio riduce il numero di analisi di spettrometria di massa richieste a una singola analisi DIA per campione.
Inoltre, questo nuovo approccio è stato implementato come pacchetto software open source, chiamato glaDIAtor.
Rispetto a un precedente approccio DIA assistito da DDA sviluppato in precedenza dallo stesso gruppo di ricerca, il nuovo metodo DIA proposto ha il vantaggio di eliminare la necessità di progettare un insieme rappresentativo di campioni DDA per la generazione di librerie spettrali e, quindi, riduce il numero di campioni che devono essere analizzati. Ciò è di particolare importanza negli studi con un gran numero di campioni, come gli studi clinici.
Inoltre, il software glaDIAtor permette un’analisi dei dati DIA molto più veloce, una volta prodotta la libreria spettrale o pseudospettrale.
Conclusioni
Un interessante sviluppo futuro di questo nuovo approccio, potrà essere quello di aggirare la necessità di generare spettri di riferimento separatamente per ogni nuovo progetto.
Per realizzare questo obiettivo, si potrebbe ricorrere all’apprendimento automatico attraverso l’utilizzo di reti neurali artificiali.