In caso di prostatite batterica cronica, nonostante la terapia d’elezione sia rappresentata da antibiotici, un aiuto importante sembrerebbe venire dal probiotico L. paracasei CNCM I-1572 (L. casei DG ®).
Ancora una volta, infatti, i batteri hanno dimostrato di ingaggiare una lotta ad “armi pari”: da una parte i buoni, il probiotico, dall’altra i patogeni responsabili della prostatite. Il supplemento ha, infatti, dimostrato di essere efficace nel ridurre le ricorrenze e nel migliorare la qualità di vita, riducendo quindi la necessità del trattamento antibiotico, principale causa di disbiosi.
È quanto emerge da un recente studio coordinato da Tommaso Cai dell’ospedale regionale Santa Chiara di Trento, di recente pubblicato sul World Journal of Urology.
Prostatite e antibiotici
Nonostante le prostatiti batteriche croniche rappresentino solo il 7-14% delle prostatiti, il loro impatto sulla quotidianità è considerevole. Il trattamento con fluorochinoloni rappresenta la terapia di prima linea, ma la necessità di migliorare l’aderenza ai programmi di gestione degli antibiotici ha portato a pensare a quale fosse l’approccio più adeguato per la prostatite cronica batterica.
Proprio con l’obiettivo di aumentare l’aderenza terapeutica, oltre che la percentuale di successo, e considerando le caratteristiche della sua patogenesi con la presenza di biofilm batterico, di recente si è cominciato a studiare l’utilizzo di probiotici.
La presenza di infiammazione richiede, però, un ceppo in grado di agire anche in quel contesto. Lactobacillus spp. si candidano quindi come i ceppi migliori, considerandone il già dimostrato ruolo nel contrastare stati di infiammazione intestinale.
Lo studio su L. casei DG®
Tra tutti i ceppi di Lactobacillus, i ricercatori hanno selezionato L. paracasei CNCM I-1572 (L. casei DG®), ceppo di proprietà SOFAR, somministrandolo due volte al giorno per tre mesi (T1) a 90 soggetti con prostatite batterica cronica (CBP) dopo il trattamento con antibiotici.
Le analisi cliniche (sintomi nelle ultime due settimane) e microbiologiche (carica batterica residua) sono state condotte al baseline (T0) e sei mesi dopo l’interruzione del trattamento con L. casei DG® (T2) per confermarne gli effetti nel medio-termine.
Negli 84 pazienti che hanno completato lo studio è stato osservato che:
- soltanto due pazienti hanno manifestato lievi eventi avversi (lieve dispepsia) che non hanno richiesto la sospensione del trattamento. Non sono stati segnalati effetti avversi gravi.
- 61 pazienti (72.6%) hanno riportato un miglioramento clinico significativo con una riduzione della sintomatologia significativa tra T2 e T0
- dopo sei mesi, l’indice NIH-CPSI (NIH Chronic Prostatitis Symptom Index), IPSS (International Prostate Symptoms score) e QoL (Quality of Well-Being questionnaires) hanno mostrato cambiamenti statisticamente significativi con valori medi rispettivamente di -16.5 ± 3.58; -11.0 ± 4.32 e + 0.3 ± 0.09
- è diminuita in modo considerevole anche la necessità di antibiotici passando da una dose giornaliera (UDD) di 9,525.6 a 1,587.6 in tre mesi.
Conclusioni
I risultati di questo studio devono essere letti alla luce del continuo aumento di ceppi batterici resistenti agli antibiotici e della necessità di trovare nuove strategie per ridurre l’uso di questi farmaci nella prostatite cronica batterica.
L. casei DG® ha dimostrato di essere in grado di ridurre sia la recidiva sintomatica che l’uso di antibiotici. Serviranno, ovviamente, trial più grandi, per confermare i risultati ottenuti.
Questo contenuto è stato realizzato con il supporto incondizionato di Sofar SpA