I deficit di memoria associati all’obesità potrebbero dipendere da batteri presenti nell’intestino. Lo rivela un recente studio che identificato negli individui obesi uno specifico profilo del microbiota intestinale correlato alla memoria. Lo stesso pattern microbico sembra correlato al volume di alcune regioni cerebrali.
I risultati, pubblicati su Cell Metabolism, suggeriscono che modulare il microbiota intestinale potrebbe aiutare a trattare i disturbi della memoria, in particolare nelle persone obese.
Diversi studi, nel recente passato, hanno collegato l’obesità con i deficit di memoria; inoltre, esperimenti condotti nei topi hanno mostrato interessanti associazioni tra obesità e alterazioni del microbiota intestinale.
Per esplorare la relazione tra memoria e microbiota intestinale, un gruppo di ricercatori guidati da Rafael Maldonado dell’Universitat Pompeu Fabra e José Manuel Fernandez-Real della Girona University ha analizzato la possibile associazione tra le popolazioni batteriche intestinali di individui obesi e non obesi e cambiamenti nella struttura e nelle funzioni del cervello.
Memoria e metaboliti intestinali
I ricercatori hanno quindi deciso di identificare i metaboliti plasmatici e fecali associati ai punteggi dei test di memoria. Le persone obese hanno mostrato alterazioni legate alla memoria nel metabolismo del triptofano, così come cambiamenti nei livelli di betaina, un composto derivato dal metabolismo del precursore del neurotrasmettitore acetilcolina.
Il trasferimento di batteri intestinali da persone obese a topi sani ha portato a una diminuzione dei punteggi di memoria a breve termine negli animali.
I topi che hanno ottenuto un punteggio più alto nei test di memoria avevano livelli aumentati di specie batteriche tra cui Akkermansia, Clostridium e Roseburia, mentre i topi che hanno ottenuto un punteggio inferiore in quei test avevano una maggiore prevalenza di Bacteroides.
I roditori che hanno ricevuto microbi intestinali da individui obesi hanno anche mostrato alterazioni nel metabolismo degli aminoacidi aromatici, nonché una maggiore espressione di geni infiammatori in specifiche aree del cervello.
In conclusione, i risultati ottenuti suggeriscono l’esistenza di un ecosistema ospite-microbo che influenza la fisiologia del cervello.