La celiachia, una reazione immunitaria intestinale a una proteina presente in alcuni cereali, è causata da una combinazione di fattori genetici e ambientali. Di recente, un gruppo di ricercatori ha scoperto che la degradazione del triptofano assunto con la dieta da parte dei batteri intestinali è alterata nei topi con questa patologia.
I risultati, pubblicati su Science Translational Medicine, potrebbero aiutare a spiegare perché, nonostante il 40% della popolazione mondiale esprima geni di suscettibilità alla celiachia, soltanto l’1% sviluppa la malattia. Inoltre, i dati ottenuti potrebbero indicare anche una potenziale strategia per il trattamento di questa condizione.
Oltre la dieta senza glutine
«L’unico trattamento per la celiachia è una stretta aderenza a una dieta priva di glutine, che è difficile da seguire e non sempre porta al completo recupero dello stato di salute dell’intestino o alla risoluzione dei sintomi», afferma la co-autore senior dello studio Elena Verdu della McMaster University di Hamilton, in Canada.
È noto che alcuni batteri intestinali sono in grado di metabolizzare il triptofano, un aminoacido essenziale che si trova in alcuni alimenti tra cui carni bianche, banane e verdure come broccoli e cavoli.
Scomponendo il triptofano introdotto con la dieta, i microbi intestinali producono metaboliti che si legano ai recettori presenti nell’intestino.
Uno di questi è chiamato recettore per gli idrocarburi arilici (AhR) e la sua attivazione non ottimale è stata correlata all’insorgenza di malattie infiammatorie intestinali.
Elena Verdu e i suoi colleghi hanno quindi deciso di indagare se il metabolismo del triptofano fosse alterato nell’intestino dei topi che esprimono un gene di suscettibilità alla celiachia.
Probiotici che “spengono” l’infiammazione
I topi con una predisposizione alla celiachia sono stati esposti al glutine e quindi sottoposti a tre interventi volti a potenziare l’attivazione di AhR.
I ricercatori hanno scoperto che una dieta ricca di triptofano è in grado di alterare la composizione del microbiota nei roditori aumentando così la produzione di molecole che si legano ad AhR, riducendo a loro volta l’infiammazione correlata al glutine.
Il trattamento con ceppi probiotici, tra cui Lactobacillus reuteri, che producono molecole in grado di legarsi a AhR, ha mostrato di ridurre l’impatto dei processi infiammatori intestinali causati dalla celiachia. Risultati simili sono stati osservati dopo aver trattato i topi con un farmaco chiamato Ficz, che aumenta l’attività di AhR.
Fondamentale il metabolismo del triptofano
Successivamente, il team di ricercatori ha analizzato campioni di feci di persone affette da celiachia.
Rispetto alle persone sane e alle persone con la malattia in remissione grazie a una dieta priva di glutine, le persone con celiachia in fase attiva producono mediamente meno molecole in grado di legarsi a AhR e mostrano un’attivazione compromessa del pathway intestinale di AhR.
Tali risultati suggeriscono quindi che la celiachia potrebbe essere associata a una ridotta capacità del microbiota intestinale di metabolizzare il triptofano e sottolineano il potenziale valore terapeutico di agire sul metabolismo del di questo aminoacido nell’intestino per controllare meglio i sintomi della celiachia.
«Sulla base dei nostri risultati dovrebbero essere condotti studi clinici in pazienti celiaci per valutare gli effetti dell’integrazione di triptofano in combinazione con organismi probiotici, come ceppi di L. reuteri, che producono ligandi di AhR a partire da substrati alimentari», affermano i ricercatori.
«Questo approccio terapeutico potrebbe essere utile anche come strategia preventiva nelle popolazioni a rischio», concludono.