Una dieta fortemente ipocalorica (VLCD) consiste nell’assunzione di 800 Kcal al giorno, comunemente somministrate sotto forma di liquidi. Tale restrizione calorica intensa altera la composizione del microbiota intestinale, ma le sue conseguenze sulla fisiologia dell’ospite non sono ancora state confermate.
Con l’obiettivo di chiarire tali effetti, un gruppo di ricercatori tedeschi e statunitensi, capitanato da Joachim Spranger e Peter J. Turnbaugh, ha coinvolto 80 donne in post-menopausa, sovrappeso o obese.
I risultati sono stati pubblicati su Nature.
Lo studio sulla dieta ipocalorica
Il gruppo di studio è stato suddiviso in due sottogruppi in modo randomizzato: per 16 settimane, un gruppo è stato sottoposto a un programma di intervento finalizzato alla perdita di peso e al cambiamento dello stile di vita, mentre l’altro al mantenimento del peso corporeo.
Il programma per la perdita di peso era costituito da 8 settimane di VLCD, 4 settimane di una dieta ipocalorica convenzionale e 4 settimane di mantenimento del peso.
Il gruppo di intervento ha mostrato una riduzione del peso tra il 10-18% circa corrispondente a 9-17 Kg dopo 12 settimane.
La dieta ipocalorica ha portato a una riduzione dell’adiposità e una regolazione della glicemia, però quest’ultima è tornata ai livelli basali dopo il ritorno alla dieta convenzionale, nonostante il mantenimento di una minore adiposità.
Gli effetti sul microbiota intestinale
Sebbene i parametri metabolici abbiano subito un miglioramento, l’analisi del DNA fecale e del gene 16S rRNA hanno mostrato una diminuzione significativa del livello di colonizzazione microbica intestinale.
La dieta ipocalorica ha portato ad un abbassamento dell’abbondanza batterica e ad una ristrutturazione significativa, sebbene reversibile, del microbiota intestinale.
Anche la capacità funzionale del microbioma, misurata con la tecnica di sequenziamento metagenomico shotgun, è stata modificata dalla dieta VLCD.
Inoltre, i livelli di acidi grassi a catena corta (SCFA, Short Chain Fatty Acids), quali acetato, butirrato e valerato, sono diminuiti significativamente.
La perdita di peso dipende dal microbiota
È stato effettuato un trapianto del microbiota intestinale umano in topi germ-free (GF), il quale ha indicato che le modifiche dietetiche sul microbiota intestinale contribuiscono alla perdita di peso.
Sono stati selezionati i 5 partecipanti che avevano perso maggior peso e sono state trapiantate le loro feci sia del periodo pre-intervento sia del post VLCD in topi germ-free.
Quest’ultimo gruppo ha perso peso in modo significativo rispetto ai topi GF e al gruppo che ha ricevuto le feci pre-VLCD, il quale ha mostrato anche un aumento dell’adiposità e della tolleranza al glucosio valutata con un test di tolleranza al glucosio orale (OGTT) rispetto ai controlli GF.
Una spiegazione di tali effetti è data dall’alterazione delle capacità funzionali dei principali pathways del metabolismo del carbonio, degli acidi grassi e degli amminoacidi in seguito alla restrizione calorica.
Si può concludere quindi che la perdita di peso e il miglioramento dei parametri metabolici sono trasmissibili attraverso il microbioma intestinale e che il microbioma intestinale umano post-VLCD contribuisce al dimagrimento attraverso una diminuzione dell’efficienza dell’assorbimento energetico dalla dieta. Tuttavia, bisogna studiare i cambiamenti indotti dal microbioma sul dispendio energetico dell’ospite e/o sul metabolismo basale.
Rischio colonizzazione da C. difficile
Un altro risultato mostrato dal trapianto fecale del microbiota post-dieta nei topi GF è stato l’arricchimento di Clostridioides difficile, confermato attraverso la PCR quantitativa (qPCR) del gene tcdB.
C. difficile è un batterio sporigeno, appartenente alla famiglia Clostridiaceae, normalmente presente nel microbiota intestinale umano. Quando però produce le tossine, può diventare patogeno per l’uomo.
L’abbondanza di C. difficile e tcdB è risultata simile in entrambi i gruppi al basale, ma è risultata inferiore nei topi pre-dieta, il che dimostra che la differenza tra i due gruppi derivava da un’alterata capacità di limitare la crescita di C. difficile piuttosto che da una differenza nell’esposizione iniziale.
Per verificare se la presenza di C. difficile fosse sufficiente per replicare la perdita di peso, sono stati colonizzati topi GF con un campione umano post-VLCD o con lo stesso campione aggiungendo le spore di C. difficile.
Il campione di donatore umano post-VLCD è risultato sufficiente per indurre la perdita di peso (perdita massima 6,3 ± 2,3% (media ± ds) al giorno 1); tuttavia, l’aggiunta delle spore di C. difficile ha portato a una perdita di peso aumentata e sostenuta per tutta la durata dell’esperimento (perdita massima 9,4 ± 2,3% al giorno 4) senza causare disidratazione.
Infine, si è voluto verificare se i cambiamenti indotti dalla dieta influenzano la resistenza alla colonizzazione di C. difficile e quindi la fisiologia dell’ospite. Per farlo i topi sono stati colonizzati con campioni fecali presi da donatori in diverse fasi della dieta e sono stati inoculati con le spore di C. difficile.
La colonizzazione di C. difficile è risultata simile tra i gruppi e nel periodo di trattamento; tuttavia, è stata rilevata una quantità significativamente maggiore del gene TcdB due giorni dopo la colonizzazione nei topi che avevano ricevuto il trapianto di campioni da dieta convenzionale, suggerendo che le interazioni dieta-microbiota possono influenzare sia la crescita, sia l’espressione dei tratti di virulenza di C. difficile.
Per stabilire se gli effetti di C. difficile su peso e metabolismo fossero mediati da tali fattori di virulenza TcdA e TcdB, è stato creato e sfruttato un modello privo delle tossine di C. difficile in questione. Tale modello è stato usato per replicare l’esperimento in GF e topi umanizzati ed ha permesso di verificare che C. difficile ha portato ad una perdita di peso sia nei topi GF che umanizzati in modo indipendente dalle tossine.
Conclusioni
In conclusione, nonostante alcuni limiti, il lavoro dimostra chiaramente che una forte restrizione calorica porta a cambiamenti significativi, ma reversibili, nel microbiota intestinale umano. I topi colonizzati dal microbiota post dieta VLCD hanno permesso di replicare i fenotipi mostrati nell’uomo in seguito a VLCD, tra cui diminuzione del peso e dell’adiposità, guidati in parte dall’incapacità di limitare la crescita di C. difficile.
In aggiunta, viene proposto un modello di studio attraverso il quale dieta e C. difficile modulano il bilancio energetico dell’ospite. Più in generale, questo studio sottolinea l’utilità di unire un intervento dietetico clinico ben controllato con interventi in topi umanizzati, al fine di valutare le complesse relazioni tra l’ospite, il microbioma e i microrganismi patogeni dell’intestino.