In condizioni normali microbiota e fegato collaborano per proteggere l’organismo dalle infezioni. L’integrità della barriera intestinale permette il passaggio solo di una piccola quantità di batteri e prodotti pro-infiammatori che arrivano tramite la vena porta al fegato e vengono da questo neutralizzati, prevenendo così l’infiammazione sistemica.
La rottura del delicato equilibrio tra fattori pro-infiammatori e di tolleranza provoca overgrowth batterica, disbiosi e rottura della barriera intestinale con conseguente eccessiva traslocazione batterica. Ciò induce una risposta immunitaria disfunzionale che perpetua l’infiammazione epatica e sistemica la quale peggiora il danno epatico.
Non è ancora chiaro però se siano le malattie epatiche o la compromissione del microbiota a indurre lo scompenso dell’asse fegato-intestino.
L’ipertensione portale clinicamente significativa, associata alla maggior parte delle complicanze della malattia epatica cronica avanzata ha, negli ultimi anni, attirato crescente attenzione per il ruolo che svolge nel modellare l’asse intestino-fegato.
Poiché rappresenta il principale fattore di scompenso epatico, che, a sua volta, è associato ad un aumento mortalità e morbilità nei pazienti cirrotici, una corretta comprensione del suo legame con il microbioma intestinale è di fondamentale importanza per scopi diagnostici, prognostici e terapeutici.
Date tali premesse, un gruppo di ricercatori italiani ha condotto una review, di recente pubblicata su Microbiology Research, allo scopo di riassume le attuali conoscenze sul ruolo dell’asse intestino-fegato nella patogenesi dell’ipertensione portale, con particolare attenzione alle terapie mirate sia all’ipertensione portale sia al microbiota intestinale.
È la disbiosi o l’ipertensione portale a danneggiare l’asse intestino-fegato?
In uno studio su 12 pazienti con varici gastroesofagee si è osservata nel microbiota una forte concentrazione di Lactobacillales parallela a una carenza di Clostridium cluster IV e cluster IX rispetto a 24 soggetti sani.
Eppure, alterazioni di questo tipo si verificano anche nei casi di malattie come l’epatopatia alcolica o di ridotta produzione degli acidi biliari. L’uso di analoghi degli acidi biliari modificati potrebbe costituire una possibile terapia. In uno studio l’acido obeticolico – agonista del recettore nucleare FXR espresso in fegato e intestino – ha esercitato un effetto benefico sulla pressione portale e sull’integrità della barriera intestinale nei modelli animali affetti da steatoepatite non alcolica (NASH) e nei pazienti con cirrosi alcolica.
In che modo il microbiota condiziona lo sviluppo di ipertensione portale e la salute dell’asse intestino-fegato?
Sul fronte intestinale, uno studio afferma che il microbiota stimola la proliferazione dei vasi e dei collettori linfatici della parete intestinale – e, in parallelo, l’aumento della pressione portale – a causa del rilascio di angiogenina-4 da parte delle cellule di Paneth. L’ipertensione portale, oltre ad aumentare l’incidenza di morbilità e il tasso di mortalità nei pazienti cirrotici, provoca anche la congestione e l’atrofia della mucosa. La scarsa produzione di acido gastrico e la ridotta peristalsi che ne derivano, si riflette anche sulla quantità di specie batteriche autoctone – Lactobacillus, Bifidobacterium, Ruminococcaceae, Lachnospiraceae, Clostridium cluster IV e Bacteroides – che si riducono a favore della moltiplicazione di specie patogene – Streptococcus, Veillonella, Fusobacterium, Enterococcaceae e Proteobacteria (in particolare Enterobacteriaceae).
Recentemente, diversi studi hanno comunque suggerito una forte interazione tra il microbiota intestinale e lo sviluppo e la progressione dell’ipertensione portale.
Il nostro intestino è una miniera preziosa di peptidi antimicrobici che promuovono la risposta immunitaria (lectine e defensine) e contribuiscono alla diversità dell’ambiente intestinale (batteriocine). Nei modelli murini in cui è stata indotta l’epatopatia alcolica, l’impiego di due lectine con proprietà battericida contro i gram-negativi ha inciso positivamente sulla traslocazione batterica e sulla quantità di batteri associati alla mucosa. Bisogna, tuttavia, non dare per scontato questi risultati perché, nella cirrosi sperimentale, la traslocazione batterica ha ridotto le cellule produttrici di peptidi antimicrobici.
Nei modelli animali di cirrosi la somministrazione di Bifidobacterium pseudocatenulatum CECT 7765 sovraregola markers antinfiammatori e molecole associate all’integrità della barriera intestinale e, al contempo, riduce i livelli sierici di endotossina, il flusso portale e l’area della vena porta. Il profilo del microbiota intestinale, ricco di Bacteroidetes e povero di Proteobacteria, ha contribuito alla corretta funzionalità del fegato. Infine, il trapianto di microbiota fecale (FMT) ha ridotto la pressione portale nei modelli murini, in associazione con un aumento di Bifidobacteria.
Le ricerche in questo ambito sono ancora agli albori e i risultati incerti, perché gli stessi microrganismi possono esercitare effetti sia positivi sia negativi sull’organismo.
Ad esempio, un probiotico che contiene una miscela di lattobacilli e bifidobatteri, implicato in diverse malattie infiammatorie intestinali, ha al contrario dimostrato, in uno studio su 94 pazienti cirrotici affetti da grandi varici, di indurre una riduzione della la pressione portale nel 58% dei soggetti trattati con il probiotico in associazione al propranololo contro il 31% del gruppo di controllo, che ha ricevuto solo il betabloccante. Risultati contrastanti sono emersi anche per gli acidi grassi a catena corta (SCFAs) che, in un trial condotto su 62 pazienti cirrotici, erano inversamente proporzionali alla severità della malattia. L’acido butirrico, ad esempio, non influisce sulla pressione portale e neppure sul rilascio di marker infiammatori (TNF-alpha e IL-6) nel flusso epatico, portale e periferico. Di contro, altri studi associano gli SCFAs a cambiamenti emodinamici a tutti i livelli e a resistenza vascolare sistemica.
Le potenzialità “nascoste” di rifaximina e dei betabloccanti
L’assorbimento trascurabile e le sue proprietà eubiotiche rendono la rifaximina (derivato della rifamicina) un candidato ideale nella cura dei pazienti epatopatici. Sulla base di scoperte recenti, la rifaximina riduce l’incidenza del sanguinamento delle varici gastroesofagee e determina l’esito della terapia dell’encefalopatia epatica, perché influenza le componenti del microbiota implicate nella sua comparsa.
La somministrazione di rifaximina determina la modulazione funzionale del microbioma intestinale, piuttosto che la sua composizione.
La rifaximina modula anche i geni bersaglio del recettore X del pregnano (PXR) – correlati all’integrità della barriera intestinale – e previene l’attivazione dell’NFkB. Infine, l’antibiotico aumenterebbe l’efficacia di farmaci come il propranololo, che ha ridotto non solo la pressione portale, ma anche i marker della traslocazione batterica.
Nell’ambito dei farmaci con potenzialità sull’asse intestino-fegato, la risposta a lungo termine ai betabloccanti non selettivi (NSBB) può migliorare i marker di permeabilità intestinale, la traslocazione batterica e i livelli sierici di IL-6 sia in pazienti responders che non-responders. Questo, a detta degli esperti, è legato all’azione regolatrice sul sistema nervoso simpatico che, a sua volta, monitora la salute della mucosa intestinale e del GALT. Nella cirrosi, infatti, l’attività simpatica aumenta per contenere la vasodilatazione del sistema splancnico, ma riduce la peristalsi e compromette la clearance batterica, favorendo la crescita anche di ceppi virulenti (Escherichia coli).
Conclusioni
Molti studi hanno fatto luce sull’importanza della diversità funzionale nelle attività enzimatiche del microbioma intestinale, rivelando come non ci si debba basare esclusivamente sull’analisi compositiva. Tuttavia, c’è ancora molto da imparare sul ruolo dell’asse intestino-fegato nello sviluppo e nella progressione della malattia epatica avanzata e dell’ipertensione portale.
Il trapianto di microbiota fecale (FMT) costituisce la soluzione più promettente nel trattamento dell’ipertensione portale, sebbene siano necessari studi randomizzati e controllati nell’uomo per dimostrarne l’efficacia e chiarirne i meccanismi d’azione.
Infine, l’interazione tra il microbioma intestinale e diversi trattamenti farmacologici disponibili potrebbe essere utile per monitorare l’efficacia del trattamento, rappresentando un marker non invasivo della risposta emodinamica.