Un recente studio, che ha coinvolto anche ricercatori italiani ed è stato pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine, fornisce la prova che la composizione del microbiota fecale, insieme ai livelli circolanti di acidi grassi a catena corta (SCFA) e ai relativi metaboliti, sono alterati nel modello murino mdx di distrofia muscolare di Duchenne, rispetto ai controlli sani. La disbiosi intestinale potrebbe, quindi, rappresentare un nuovo target per il trattamento di questa patologia, per la quale non esistono ancora cure mirate.
Distrofia muscolare di Duchenne e microbiota intestinale
Patologia neuromuscolare di origine genetica che colpisce circa un nato maschio su 3.500 in tutto il mondo, nella maggior parte dei casi è causata dalla delezione di uno o più esoni all’interno del gene che codifica per la distrofina.
L’alterazione dell’espressione e della funzione della distrofina porta al collasso della struttura muscolare e alla degenerazione tissutale irreversibile, una condizione che è ulteriormente aggravata dalla conseguente infiammazione persistente, dalla compromissione dell’autofagia, dalla fibrosi e dalla necrosi tissutale.
Sfortunatamente, una cura per la DMD non è ancora disponibile, sebbene le terapie sperimentali abbiano fatto importanti progressi nel corso degli anni. Per questo motivo, i corticosteroidi rimangono il gold standard delle cure palliative.
Stato dell’arte della ricerca
Sebbene sia ormai chiaro che il microbiota intestinale giochi un ruolo fondamentale nella salute umana, ma anche nella patogenesi di molte malattie, ancora molto poco si conosce circa la sua potenziale implicazione nei disturbi muscolo-scheletrici.
In questo contesto, studi recenti hanno dimostrato il ruolo delle principali classi di metaboliti prodotti o correlati al microbiota intestinale, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA) e i corpi chetonici, nel contribuire alla massa muscolare scheletrica, al metabolismo del glucosio e dei lipidi e alle prestazioni fisiche.
Inoltre, prove più recenti indicano il sistema endocannabinoide come un regolatore chiave nella comunicazione tra il microbiota intestinale e l’ospite.
Il ruolo del sistema endocannabinoide
Il sistema endocannabinoide (ECS) è una complessa rete di segnalazione delle cellule lipidiche che svolge un ruolo importante nella salute umana. Sebbene il numero di molecole che si scoprono essere legate al ECS sia in continua espansione, i principali attori rimangono i due mediatori lipidici anandamide (AEA, N-arachidonoylethanolamine) e 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), che attivano principalmente due recettori G-accoppiati, diversamente distribuiti nel corpo, denominati recettore dei cannabinoidi di tipo 1 (CB1) e di tipo 2 (CB2).
Nonostante il promettente utilizzo di endocannabinoidi o cannabinoidi vegetali come farmaci complementari e/o alternativi, ad oggi il loro potenziale utilizzo nei disturbi muscolo-scheletrici è ancora in gran parte inesplorato.
Disbiosi e ruolo del butirrato di sodio Duchenne
Sulla base di questo background e utilizzando un approccio multidisciplinare, il nuovo studio ha esplorato se i cambiamenti nella diversità del microbiota intestinale e la sua conseguente interazione disfunzionale con l’ECS potessero rappresentare un nuovo potenziale meccanismo molecolare da prendere di mira nella DMD.
In particolare, lo studio ha dimostrato, in un modello murino di DMD (mdx), che la composizione del microbiota fecale è alterata rispetto ai controlli sani. Infatti, l’analisi ha rivelato che i topi distrofici sono caratterizzati da una maggiore abbondanza della famiglia delle Prevotellaceae, mentre, al contrario, l’abbondanza relativa delle famiglie Saccharimonadaceae, Helicobacteriaceae, Peptococcaceae e Clostridiales vadinBB60 è ridotta.
Ad essere alterati nella DMD sono anche i livelli circolanti di acidi grassi a catena corta (SCFA) e i relativi metaboliti.
Inoltre, l’integrazione con butirrato di sodio (NaB), (un SCFA) nei topi mdx ha permesso di preservare la forza muscolare e l’autofagia e ha prevenuto l’infiammazione associata a un’eccessiva segnalazione degli endocannabinoidi sui recettori CB1, come fanno i corticosteroidi. NaB è anche in grado di ridurre l’infiammazione dei mioblasti e promuovere l’autofagia, sempre agendo sul recettore CB1.
Conclusioni
La scoperta di questi meccanismi dell’asse microbioma intestinale-sistema endocannabinoide potrà offrire un nuovo approccio modificante la malattia, in grado di apportare benefici anche in altri tipi di distrofie muscolari.