Paragonabile per molti aspetti a un autentico scrigno biologico delle meraviglie, quello straordinario mondo interno brulicante di innumerevoli forme di vita che è il nostro microbiota nasconde infinite sorprese.
Se ormai è acquisito che lo stato di salute dipende anche dall’incessante dialogo che gli ecosistemi microscopici che popolano il nostro corpo intraprendono con il resto dell’organismo e che l’equilibrio di questo interscambio è tanto precario quanto delicato, non si può che restare ammirati dalla versatilità che il microbiota mette in mostra.
E sottolineato che si tratta di un filone di studi relativamente recente che lascia ampio margine ad altre scoperte, basta puntare random l’indice sul già corposo elenco di batteri di cui si conoscono proprietà benefiche per trovare storie curiose che meritano di essere raccontate in vivavoce.
È sicuramente il caso del Propionibacterium freudenreichii – che sembra contribuire al ripristino dell’assetto fisiologico del microbiota ed esercitare un’azione antinfiammatoria sull’intestino e per questo è alla base di un integratore alimentare – ma che è noto fin dai primi del Novecento per essere all’origine delle caratteristiche del formaggio tipo emmenthal, grazie agli studi dello svizzero Eduard von Freudenreich e del suo allievo svedese Sigurd Orla-Jensen.
Curiosità nella curiosità, mentre quest’ultimo era biochimico di formazione, von Freudenreich era in origine un avvocato, soltanto in seguito prestato alla batteriologia. Proprio il P. freudenreichii è quindi il protagonista della nostra seconda intervista impossibile.
Che cosa si prova a dovere la propria fama ai buchi nel formaggio svizzero?
«Diciamo che questa dote mi colloca a pieno titolo nella storia della produzione casearia, sia sul versante propriamente scientifico sia in termini pratici, visto che vengo ancora utilizzato a questo scopo nella fermentazione dei classici formaggi con occhiatura, quelli con i tipici buchi per intenderci. Devo però sottolineare che quei fori caratteristici non sono tutta farina del mio sacco».
In che senso?
«Nel processo di fermentazione io entro in scena dopo i fermenti lattici, quando cioè la cagliata è tanto consistente da intrappolare nell’impasto l’anidride carbonica, che forma appunto i simpatici buchi. Non vorrei comunque sembrare l’unico microrganismo che vanta un’attività del genere: va infatti precisato che sono in buona parte proprio i batteri – o le muffe nel caso dei formaggi erborinati – a determinare le caratteristiche dei formaggi DOP tipici di una determinata area geografica. E questo vale anche per i formaggi italiani. (1) Quindi mi trovo in buona compagnia di fronte agli amanti della buona tavola. Detto questo, si calcola che in un grammo di emmental le cellule viventi di P. freudenreichii siano circa un miliardo, che attribuiscono al formaggio il suo sapore inconfondibile. Diciamolo poi chiaramente: meglio fare i buchi nel formaggio che essere responsabili dell’odore sgradevole del sudore o della formazione dell’acne come accade per altri membri della famiglia dei batteri propionici».
In effetti, proprio come suggerisce il nome della sua famiglia di appartenenza, l’acido propionico è il fattore chiave della sua azione nell’intestino…
«È corretto. Nel processo di fermentazione propionica sono infatti al centro della produzione di acido acetico e soprattutto di grandi quantità di acido propionico – entrambi SCFA ad azione benefica – ma anche di vitamina B9 (acido folico) e di vitamina B12 (cobalamina), cui si aggiungono molecole ad azione bifidogena, quindi protettiva a livello del microbiota, come DHNA e ACNQ (2). Sono questi, in estrema sintesi, i meccanismi alla base di quello che, senza falsa modestia, è stato definito un potente effetto probiotico.
Come si traduce, in pratica, questa sua azione a favore della salute?
«In pratica, oltre a fare i buchi nel formaggio, sono un probiotico. Mi sento e agisco da probiotico. Nell’intestino il mio intervento può fare la differenza tra disbiosi ed eubiosi. In termini generali contribuisco a ottimizzare la composizione del microbiota intestinale grazie alla produzione di DHNA e di ACNQ, che favoriscono la proliferazione di bifidobatteri a scapito dei patobionti Bacteroides (3). Allo stesso tempo, sempre grazie ai miei metaboliti, produco un effetto antinfiammatorio che può rivelarsi utile di fronte alla sindrome dell’intestino irritabile e alle malattie infiammatorie croniche intestinali. I benefici della mia azione vanno comunque al di là dell’ambito intestinale e contribuiscono all’eradicazione dell’H.pylori, riducono la prevalenza della candidosi nell’anziano e sembrano anche rappresentare una protezione contro i tumori. (4)
Senza contare l’azione immunomodulante, che sembra ridurre l’incidenza della dermatite atopica nei bambini più piccoli e rivelarsi utile nell’artrite reumatoide. Per non creare false illusioni vorrei però precisare che, a parte l’intervento sull’assetto complessivo del microbiota, questi impieghi specifici provengono in buona parte da studi sperimentali che attendono le opportune conferme».
I presupposti per un suo nuovo ruolo nella società sembrano promettenti…
«Sì, come si dice in questi casi, la carne al fuoco è molta e sono sempre più frequenti gli studi in letteratura che mi vedono protagonista. Giusto per fare un esempio, tra le ipotesi più recenti si parla spesso di un’azione favorevole a livello osseo sulla differenziazione degli osteoblasti e la mineralizzazione dell’osso. Si tratta di un nuovo filone, tutto da approfondire, che si aggiunge agli altri. Importante, adesso, è procedere per gradi, affrontando una sfida alla volta e confermare le grandi aspettative che mi circondano: ho di fronte diversi traguardi ma il tempo è dalla mia parte».
Ma quindi sta cercando un nuovo lavoro?
L’impiego alla base dei formaggi di tipo svizzero e olandese è da tempo consolidato e ritengo quindi valga la pena di concentrare i miei sforzi in quello che per il momento resta un secondo lavoro, cioè l’azione protettiva a favore dell’organismo, che potrebbe diventare un impegno a tempo pieno.
Di cosa si tratta?
Nonostante riguardi un utilizzo “di nicchia”, non mi spiacerebbe confermare al più presto quanto emerso da alcuni studi riguardo alla produzione di vitamina B12. La cobalamina, infatti, si trova solo nei prodotti d’origine animale e questo ovviamente complica la vita di chi sceglie un’alimentazione vegetariana e vegana. Sembra però che il mio impiego nella fermentazione dei cereali produca un significativo aumento della vitamina in particolare nella crusca di riso e in misura minore anche nella crusca di grano saraceno. Il tema che è stato al centro di una recente tesi di dottorato all’University of Helsinki e, per un microrganismo in circolazione da tempo immemore come me, sarebbe una gran bella soddisfazione risolvere un problema che riguarda una scelta alimentare così moderna (5).
References
- Collins YF, McSweeney PLH, Wilkinson MG. 2003. Lipolysis and free fatty acid catabolism in cheese: a review of current knowledge. Int. Dairy J. 13:841–866. doi.org/10.1016/S0958-6946(03)00109-2
- Rabah H, Rosa do Carmo FL, Jan G. Dairy Propionibacteria: Versatile Probiotics. Microorganisms. 2017;5(2):24. Published 2017 May 13. doi:10.3390/microorganisms5020024
- Isawa K, Hojo K, Yoda N, et al. Isolation and identification of a new bifidogenic growth stimulator produced by Propionibacterium freudenreichii ET-3. Biosci Biotechnol Biochem. 2002;66(3):679-681. doi:10.1271/bbb.66.679
- Cousin FJ, Mater DDG, Foligné B. et al. Dairy propionibacteria as human probiotics: A review of recent evidence. Dairy Science & Technol. 91, 1–26 (2011). doi.org/10.1051/dst/2010032
- Xie C, Coda R, Chamlagain B, Edelmann M, Deptula P, Varmanen P, Piironen V, Katina K. In situ fortification of vitamin B12 in wheat flour and wheat bran by fermentation with Propionibacterium freudenreichii. Journal of Cereal Science 2018, Volume 81,133-139. doi.org/10.1016/j.jcs.2018.05.002