I batteri commensali devono adattarsi all’ambiente intestinale in condizioni di salute e di malattia. Una nuova ricerca mostra che uno specifico microbo commensale risponde alle infezioni intestinali evolvendo in varianti in grado di adattarsi all’infiammazione.
I risultati, pubblicati su Cell Host & Microbe, suggeriscono che una lieve infezione gastrointestinale può alterare le popolazioni intestinali aumentando la capacità di questo commensale di proliferare durante un’infezione.
Resistenza alla colonizzazione
Precedenti studi hanno dimostrato che il microbiota intestinale non solo contribuisce allo sviluppo del sistema immunitario e alla digestione, ma protegge anche le cellule ospiti dai patogeni, un processo noto come resistenza alla colonizzazione.
Sebbene le infezioni gastrointestinali possano modificare la composizione del microbiota intestinale e alterare la resistenza alla colonizzazione, non è chiaro come i batteri commensali si adattino alle infezioni intestinali.
Per rispondere a questa domanda, Andrew Goodman della Yale University School of Medicine e i suoi colleghi hanno analizzato le dinamiche della popolazione di Bacteroides thetaiotaomicron – un microbo comunemente trovato nel microbiota intestinale umano – nei topi infettati da un patogeno intestinale.
Bacteroides thetaiotaomicron
Per misurare le dinamiche della popolazione di B. thetaiotaomicron all’interno dell’intestino di un topo, i ricercatori hanno etichettato il genoma del microbo con “codici a barre”, ovvero piccoli frammenti di DNA di un gene specifico.
Quattro giorni dopo che il B. thetaiotaomicron con codice a barre ha colonizzato topi germ-free, i ricercatori hanno infettato gli animali con il patogeno intestinale Citrobacter rodentium.
Nell’intestino di topi sani, la popolazione di B. thetaiotaomicron è rimasta stabile per settimane. Ma durante una lieve infezione da C. rodentium, il microbo commensale ha sostituito la maggior parte della sua precedente popolazione con i discendenti di poche cellule.
Queste cellule “fondatrici” presentano una variante genetica che promuove la resistenza alle molecole antibatteriche prodotte dall’ospite durante l’infezione, aumentando così la fitness del commensale.
Ulteriori esperimenti hanno suggerito che i cambiamenti nella fitness batterica rimangono stabili per diverse generazioni.
Il ruolo della vitamina B6
I ricercatori hanno identificato specie commensali intestinali, tra cui Bacteroides caccae e Bacteroides ovatus, che riducono la selezione della variante adattata all’infiammazione di B. thetaiotaomicron durante l’infezione, aumentando i livelli di vitamina B6 nell’intestino.
Dai dati ottenuti è emerso inoltre che somministrare vitamina B6 ai topi è sufficiente per ridurre l’espansione delle varianti negli animali infetti.
I ricercatori ipotizzano che questa vitamina possa rappresentare un collegamento molecolare tra la composizione del microbiota, la dieta e la dinamica della popolazione dei microbi commensali durante l’infezione.
«Il nostro lavoro dimostra che un’infezione enterica autolimitante può lasciare un segno stabile sulle popolazioni commensali residenti che aumentano la fitness durante l’infezione», concludono gli autori.