Anche tralasciando la distinzione di comodo tra “batteri buoni” e “batteri cattivi” – peraltro piuttosto arbitraria – è evidente che le popolazioni che convivono nell’econicchia del microbiota intestinale si differenziano anche per quantità e, se proprio vogliamo, pure per qualità.
A distinguersi sia per quantità sia per qualità è per esempio il Faecalibacterium prausnitzii. Tra i commensali più abbondanti presenti nel microbiota e dotato di una potente azione infiammatoria, è uno dei principali produttori di butirrato a livello intestinale (1) ed è in grado di condizionare l’equilibrio fisiologico del microbiota e il benessere complessivo dell’organismo. Nonostante sia problematico da coltivare, viene considerato uno dei candidati più adatti a interpretare un ruolo da protagonista nello scenario in divenire dei cosiddetti NGP – i Next Generation Probiotics – destinati a rivoluzionare il settore, rendendo disponibili i futuribili probiotici di precisione, che consentiranno trattamenti personalizzati.
Ce n’è insomma quanto basta per considerare il F. prausnitzii una grande promessa del palcoscenico dei probiotici 2.0.
Buongiorno, in molti pensano che lei sia un personaggio difficile da trattare. È davvero così?
«Mi rendo conto che dietro le quinte, nell’ambiente di laboratorio, venga considerato un tipo complicato e problematico, ma vorrei chiarire che non si tratta di un atteggiamento, semmai fa parte della mia natura: sono infatti un organismo estremofilo, in grado cioè di resistere a condizioni apparentemente impossibili, e come tale richiedo tecniche di coltivazione particolari, più complesse di quelle convenzionali; in più sono un anaerobio stretto e risento quindi anche di minime presenze di ossigeno. Come tutti i protagonisti, ho insomma bisogno di grandi attenzioni».
Insomma, è una “prima donna”. Ma molti esperti la considerano un possibile protagonisti della stagione dei probiotici 2.0. Come mai?
«Sul “palcoscenico” intestinale posso contare su una presenza scenica ragguardevole, dato che in genere un batterio su venti è un F. prausnitzii. Sono molto forte per quanto riguarda l’effetto antinfiammatorio e immunomodulante (2). E sono anche bravissimo nel mantenere adeguate le proprietà fisiologiche della barriera intestinale. In pratica, se io non ci sono, per l’ospite sono guai: sale parecchio il rischio di sviluppare malattie che vanno dal Crohn alla celiachia e al diabete. Nei pazienti affetti da cancro colorettale, inoltre, risulto quattro volte meno presente che nei soggetti sani e in questo campo potrei probabilmente interpretare ruoli anche diagnostici oltre che terapeutici».
In effetti, nel libro “Contengo moltitudini” (3) il premio Pulitzer Ed Jong non ha esitato a collocare il suo nome tra quelle che si possono considerare le “star dell’intestino”…
«Non posso negare che mi abbia fatto piacere la citazione su un testo che si può considerare uno dei riferimenti della divulgazione microbiologica di questi anni, ma Jong si è limitato ad accennare alla mia azione antinfiammatoria, al ruolo che interpreto nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e alla mia presenza quantitativa a livello intestinale, che mi mette nelle migliori condizioni per colonizzare l’organo. Non vorrei apparire come il classico primo attore borioso che le spara grosse, ma io sono molto di più: mi sento duttile, versatile e sono in grado di interagire attivamente con gli altri batteri e il resto della troupe. Come attestano tante evidenze scientifiche, risulto credibile in tutte le parti che interpreto, secondo le esigenze che di volta in volta richiede il copione. Quindi sì, credo che nel grande spettacolo del microbiota mi spetti di diritto un ruolo di primo piano».
Nonostante un nome d’arte non certo accattivante né facile da memorizzare, lei è all’origine di una start-up che ha ottenuto finanziamenti di tutto rispetto…
«Il nome mi è stato attribuito nel 1937 in onore del batteriologo tedesco Otto Prausnitz e ne vado molto fiero. La start-up è invece un’iniziativa francese che ha preso le mosse a partire da uno studio del 2008 (4) – uno di quei lavori che ti cambiano la carriera – che ha approfondito in particolare i miei “poteri” nei casi di Crohn recidivante. Al centro del discorso c’è la proteina MAM (Microbial Anti-Inflammatory Molecule) e oggi l’ipotesi è di proporre un trattamento parallelo a quelli tradizionali per intervenire sulla disbiosi con intento antiflogistico e non soltanto sulla componente immunitaria. Vorrei comunque sottolineare che sono molto attivo anche su altri palcoscenici bio-tech e che tra le ulteriori possibili applicazioni che mi chiamano in causa c’è anche il trattamento dei pazienti oncologici che presentano gravi disturbi intestinali determinati dai danni della radioterapia pelvica: i primi riscontri in questo ambito sembrano incoraggianti».
Dove ci sono le luci, ci sono anche le ombre. Avrà anche lei qualche difetto. O no?
«Direi di sì. Da alcuni studi (5) risulta infatti che se sono troppo abbondante, in quantità più elevate della media, c’è una probabilità più elevata di sviluppare psoriasi. O forse è meglio dire che nel microbiota dei pazienti affetti da psoriasi sono presente con un’abbondanza decisamente più elevata della norma, con una contemporanea riduzione di Bacteroides. Il meccanismo in gioco non è ancora stato chiarito, ma sembra che il problema sia da attribuire ad alcuni sottoceppi di Faecalibacterium che non producono butirrato. Si tratta comunque dell’ennesima conferma che nell’ambito del microbiota non è tanto una questione di dosi, ma che il fattore fondamentale è rappresentato dall’equilibrio».
Conoscere i sottotipi di Faecalibacterium e i fattori che condizionano la sua azione sembra determinante per la sua futura carriera…
«Sì, come è emerso da uno studio italiano (6), la diversità dei ceppi di Faecalibacterium sembra sia legata alla provenienza geografica, all’età, al lifestyle, allo stato di salute dell’ospite. È quindi chiaro che comprendere meglio il modo in cui questi fattori si influenzano e incidono sulla modulazione dei vari ceppi di Faecalibacterium favorirebbe lo sviluppo di nuove strategie probiotiche sempre più personalizzate. Ma questo vale un po’ per tutti i concetti legati al microbiota: come dettano infatti le regole del teatro moderno, anche il pubblico deve fare la sua parte».
References
- Duncan SH, Hold GL, Harmsen HJ, Stewart CS, Flint HJ . (2002). Growth requirements and fermentation products of Fusobacterium prausnitzii, and a proposal to reclassify it as Faecalibacterium prausnitzii gen. nov., comb. nov. Int J Syst Evol Microbiol 52: 2141–2146
- Lopez-Siles, M.; et al. Faecalibacterium prausnitzii: from microbiology to diagnostics and prognostics. The ISME journal. 2017, 11(4): 841-852
- Jong E. Contengo moltitudini. La Nave di Teseo, Milano, 2019: 307-308
- Sokol H, Pigneur B, Watterlot L, et al. Faecalibacterium prausnitzii is an anti-inflammatory commensal bacterium identified by gut microbiota analysis of Crohn disease patients. Proc Natl Acad Sci U S A. 2008;105(43):16731-16736. doi:10.1073/pnas.0804812105
- Codoñer FM, Ramírez-Bosca A, Climent E, et al. Gut microbial composition in patients with psoriasis. Sci Rep. 2018;8(1):3812. Published 2018 Feb 28. doi:10.1038/s41598-018-22125-y
- De Filippis F, Pasolli E, Ercolini D. Newly Explored Faecalibacterium Diversity Is Connected to Age, Lifestyle, Geography, and Disease. Curr Biol. 2020;30(24):4932-4943.e4. doi:10.1016/j.cub.2020.09.063