Una delle principali cause di morte dopo i trapianti di midollo osseo e di cellule staminali è la cosiddetta malattia del trapianto contro l’ospite (GVHD), una condizione che si verifica quando le cellule staminali del donatore attaccano e danneggiano le cellule sane del ricevente.
Un nuovo studio condotto su modelli murini rivela che il microbiota intestinale è un fattore chiave nel determinare la gravità di questa condizione. I risultati, pubblicati su Immunity, indicano come i microbi intestinali possano contribuire a innescare la GVHD, suggerendo potenziali bersagli per le terapie.
Nella GVHD, le cellule immunitarie rispondono agli antigeni presentati dai complessi proteici di istocompatibilità (MHC-I e MHC-II). Ricerche recenti hanno dimostrato che l’espressione dell’MHC-II nelle cellule che compongono il rivestimento dell’ileo è influenzata dal microbiota intestinale e da specifiche molecole immunitarie.
Un gruppo di ricercatori, guidato da Motoko Koyama del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle, ha precedentemente scoperto che i topi sono protetti da alcuni degli effetti dannosi della GVHD, compresi i danni all’intestino, quando le loro cellule epiteliali intestinali non esprimono l’MHC-II.
Di recente lo stesso team ha deciso di esaminare l’influenza dei microbi intestinali sull’espressione dell’MHC-II da parte delle cellule epiteliali dell’ileo.
Microbiota determinante nelle GVHD
I ricercatori hanno confrontato l’espressione dell’MHC-II da parte delle cellule epiteliali dell’ileo di topi provenienti da diversi fornitori (Jackson Laboratory, Taconic Biosciences, Charles River Laboratories) o da una colonia di derivazione australiana mantenuta presso il Fred Hutchinson Cancer Center.
Il complesso MHC-II è risultato assente nei topi del Jackson Laboratory, mentre era presente ed espresso a livelli simili nei topi degli altri fornitori.
I ricercatori hanno scoperto che anche la composizione batterica intestinale dei topi del Jackson Laboratory differiva da quella degli altri topi.
I primi presentavano livelli elevati di Bacteroidales, mentre gli altri avevano una maggiore abbondanza di Lactobacillus animalis/apodemi e Clostridium.
«Il panorama batterico è stato in gran parte determinato dall’origine dell’ospite piuttosto che da una variazione genetica minore», affermano gli autori.
I ricercatori hanno anche scoperto che il microbiota intestinale dei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali del sangue era associato a GVHD acuta e mortalità correlata al trapianto.
Esiti del trapianto di staminali
Il team ha identificato diversi batteri che inducono o sopprimono l’espressione dell’MHC-II nei campioni fecali e ileali dei topi analizzati. Dai dati ottenuti è emerso che gli i batteri che inducono l’espressione dell’MHC-II erano più abbondanti nei topi di altri fornitori rispetto a quelli del Jackson Laboratory, che sono stati gli unici a non sviluppare una forma letale di GVHD dopo il trapianto.
«Questi dati indicano che, nonostante siano geneticamente identici, i topi che ospitano batteri induttori dell’MHC-II mostrano una GVHD intestinale più grave», affermano i ricercatori.
Ulteriori esperimenti hanno dimostrato che i microbi che stimolano l’espressione dell’MHC-II erano sensibili alla vancomicina. I ricercatori hanno scoperto che il trattamento dei topi con questo antibiotico da 14 giorni prima a 7 giorni dopo il trapianto ha ridotto la gravità della GVHD.
Conclusioni
«I risultati forniscono informazioni utili per definire potenziali strategie focalizzate sul microbiota per prevenire lo sviluppo di una GVHD acuta grave e dimostrano l’impatto significativo dei determinanti ambientali non genetici sull’esito del trapianto».