Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Chung-Aug University di Seoul, i lattobacilli isolati da una tipica pietanza coreana, il kimchi, attenuano la risposta allergica indotta nei topi dalla sensibilizzazione con l’ovoalbumina.
Il kimchi viene preparato sottoponendo a fermentazione diversi tipi di verdura. Durante questo processo si producono alti livelli di probiotici, primi fra tutti i lattobacilli, batteri commensali noti per possedere un’importante azione immunomodulatoria a livello enterico.
Secondo alcuni recenti studi, la disbiosi intestinale rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le allergie alimentari, contro le quali non esiste ancora oggi un trattamento vero e proprio, se non quello basato sull’esclusione dalla dieta degli alimenti “incriminati”.
Il forte legame fra microbioma e sistema immunitario e la necessità di individuare una terapia per contrastare le allergie alimentari hanno spinto i ricercatori dell’università di Seoul a verificare l’effetto di tre ceppi di lattobacilli isolati dal kimchi (Lactobacillus rhamnosus GG, Lactobacillus plantarum CJLP133 e Lactobacillus plantarum CJLP243) in un modello murino sensibilizzato con l’ovoalbumina (OVA), una proteina presente nell’albume, comunemente utilizzata come allergene per studiare nei topi patologie come l’asma e le allergie alimentari o della pelle.
Per confermare la già nota attività immunomodulatoria dei lattobacilli, i ricercatori hanno stimolato con OVA o placebo, in presenza o in assenza dei lattobacilli, splenociti ottenuti dai topi.
Secondo quanto pubblicato sulla rivista Journal of Functional Food, il trattamento di queste cellule con i tre diversi ceppi di lattobacilli sembra associato a una ridotta produzione di interleuchine prodotte dai linfociti Th2 (IL-4, IL-5, IL-13), mentre sui livelli di IL-17A sembrano agire solo i due ceppi di Lactobacillus plantarum, ma non il Lactobacillus rhamnosus.
Per confermare i risultati ottenuti in vitro, gli studiosi hanno somministrato i lattobacilli a topi sensibilizzati con l’OVA: i dati ottenuti indicano una riduzione della diarrea (sintomo tipico delle allergie alimentari), che si associa a una minore espressione nell’intestino tenue di geni coinvolti nella risposta immunitaria Th2, come GATA-3, IL-4, IL-5, IL-9 e IL-13.
Inoltre, la somministrazione di questi lattobacilli sembra sopprimere l’aumentata espressione di citochine proinfiammatorie indotta dalla sensibilizzazione con l’OVA. Infine, sembrano in grado sia di modulare l’infiltrazione e l’attivazione dei mastociti a livello intestinale, sia di attenuare la risposta immunitaria Th2, riducendo i livelli sierici delle immunoglobuline IgE e IgG1 (prodotte in risposta alle citochine Th2), ma non delle IgG2a (prodotte in risposta alle citochine Th1).
Nel complesso, i risultati ottenuti suggeriscono quindi la possibilità che la somministrazione di specifici lattobacilli possa essere utile nel trattamento delle allergie alimentari, vista la loro capacità di inibire l’infiltrazione dei mastociti a livello dell’intestino tenue e di ridurre l’espressione sia di geni associati alla risposta immunitaria Th2 sia di interleuchine proinfiammatorie.