Le nuove tecniche di indagine basate su metagenomica e metabolomica consentiranno in un prossimo futuro di delineare al meglio sia la complessità del microbioma intestinale del pollame sia il reale impatto della somministrazione di prebiotici nei confronti di patogeni andando di conseguenza ad incrementare la sicurezza in campo alimentare.
È quanto conclude la revisione di letteratura condotta da Andrew C. Micciche e colleghi, di recente pubblicata su Frontiers in Veterinary Science.
Il patogeno Salmonella rappresenta con ogni probabilità il principale campanello d’allarme nell’ambito della contaminazione batterica di pollame o uova, problema generalmente affrontato tramite antibiotici.
L’aumento della resistenza batterica e dei controlli sugli alimenti hanno reso necessario lo studio di alternative per assicurare al contempo la nostra salute e quella degli animali.
Tra queste troviamo i prebiotici considerando come abbiano in più occasioni dimostrato la capacità di influire sui batteri proprio del tratto gastrointestinale, sede fisiologica anche del patogeno Salmonella.
Alcuni prebiotici hanno infatti comportato una riduzione della sua colonizzazione o andando ad occupare gli stessi siti di legame o aumentando la produzione di acidi grassi a corta catena (SCFAs) in grado di inibirne la proliferazione.
Il panorama delle potenzialità dei prebiotici somministrati ad animali da allevamento nel combattere patogeni dannosi anche per l’uomo rimane tuttavia ancora da approfondire presentando, in alcuni casi, dati contrastanti.
Scopo di questo lavoro è stato dunque quello di riunire e analizzare le evidenze disponibili per tracciare un quadro relativo a come la somministrazione nel pollame di certi prebiotici possa andare a contrastare il batterio Salmonella e di come l’utilizzo di tecniche d’indagine all’avanguardia possa rappresentare un supporto unico nell’individuazione dei meccanismi d’attività di questi prodotti.
Prebiotici e pollame: lo stato dell’arte
Tra i prebiotici più comunemente utilizzati anche nell’industria alimentare troviamo gli oligosaccaridi come ad esempio i mannanoligosaccaridi (MOS), galattoligosaccaridi (GOS) e fruttoligasaccaridi (FOS).
Mannanoligosaccaridi
Si trovano nella parete cellulare di numerose specie di funghi, lieviti inclusi, o piante e presentano un alto livello di stabilità durante il processo di lavorazione permettendone una loro agevole aggiunta al cibo. Sulla base di alcuni studi condotti su pollame, i MOS hanno dimostrato:
- Da un lato di sopprimere patogeni enterici, dall’altro di sostenere il sistema immunitario
- Buona capacità di contrastare l’adesione alle pareti intestinali del patogeno Salmonella e, conseguentemente, il suo livello di proliferazione
- Favorire nel complesso la salute intestinale aumentando la lunghezza dei villi intestinali e cooperando nell’individuazione di antigeni microbici
- Aumentare il peso corporeo, la digeribilità e la sopravvivenza
Fruttoligasaccaridi
Di origine vegetale, supportano la crescita di batteri buoni come Lactobacillus e Bifidobacterium andando di contro a ostacolare, fra le altre, quella del patogeno Salmonella.
Il meccanismo che ne sta alla base si riconduce al conseguente aumento di produzione di SCFAs ai quali, come anticipato, il patogeno risulta sensibile. Secondo alcuni dati tuttavia, la presenza di SCFAs va sì a diminuire la presenza di Salmonella ma anche ad aumentarne il grado di virulenza.
L’efficacia dei FOS, inulina compresa, è risultata però dipendente da svariati fattori tra i quali la dieta, il loro grado di polimerizzazione, la presenza di ceppi Bifidobacterium e le caratteristiche dell’ospite.
Come sottolineano gli autori dunque, nel complesso i risultati disponibili sul loro utilizzo nel pollame rimangono ad oggi inclusivi benché promettenti.
Galattoligosaccaridi
Si ritrovano naturalmente nel latte sia umano che animale per la scissione del lattosio.
I GOS, rispetto ai FOS e MOS, sono quelli meno studiati in relazione al pollame nonostante i primi dati ottenuti ne sostengano un loro potenziale utilizzo.
Tra i prebiotici “minori” ma con buone prospettive di reale efficacia nei confronti del patogeno Salmonella troviamo inoltre gli xylogosaccaridi e gli isomaltoligosaccaridi.
Anche una dieta ricca di fibre, per quanto sia ancora discussa l’opzione di considerare o meno la fibra un prebiotico, sembrerebbe andare a portare benefici nel combattere la proliferazione di patogeni, Salmonella compresa.
Tecniche all’avanguardia nei protocolli di studio
I ricercatori hanno infine posto l’attenzione sull’importanza che un giusto metodo di indagine riveste nell’ottenimento di risultati di buona qualità e in grado di fornirci il maggior numero di informazioni possibili.
Grazie al progredire della tecnologia si è infatti passato da studi sul microbioma condotti con metodiche oggi considerate “rudimentali” o basilari come ad esempio la TTGE (temporal temperature gradient electrophoresis) o la T-RFLP (terminal-restriction fragment length polymorphism) ad analisi di metagenomica e metabolimica in grado di fornire dati a tutto tondo e ad alta risoluzione.
Conclusioni
In conclusione dunque, nonostante l’uso dei prebiotici sia in continua espansione, anche negli allevamenti di pollame, molto rimane ancora da chiarire.
Tuttavia, la capacità di utilizzare nuovi strumenti d’indagine sarà sicuramente un punto di forza nell’analisi approfondita della complessità batterica e dell’individuazione dei meccanismi d’azione di prodotti come i prebiotici.
Tutto questo ci sarà quindi utile per assicurare e implementare il benessere degli animali da allevamento e, di conseguenza, la nostra salute.