In un lavoro recentemente pubblicato su Biofilms and Microbiomes, partendo dai risultati di studi derivanti da analisi singole e per questo considerati piuttosto conflittuali, Angela Zou e i suoi colleghi, avvalendosi di una metanalisi, hanno identificato nel Lactobacillus un nuovo “influencer” del microbioma intestinale dei polli.
Questo tipo di analisi combina insieme 19 studi diversi e raccoglie un campione di 1.572 microbiomi intestinali di polli. L’RNA ribosomiale (rRNA) 16S è stato estratto e sequenziato e le sequenze sono state clusterizzate in OTUs (Operational Taxonomic Units).
L’analisi dei dati di sequenziamento ha fatto emergere che:
- gli antibiotici riducono drasticamente la diversità del microbioma intestinale dei polli;
- esiste un network, caratteristico del microbioma intestinale, composto da parecchi cluster che si creano tra le diverse specie.
Nonostante anche le metanalisi presentino un grosso limite, gli autori hanno dimostrato che tutti questi microrganismi sembrerebbero essere influenzati, sia positivamente sia negativamente, dalla presenza del Lactobacillus.
Questa associazione tassonomica molto solida rappresenta, quindi, un buon punto di partenza per lo sviluppo di interi consorzi microbici come alternativa agli antibiotici.
Limiti dello studio
Gli autori sono stati molto cauti nell’interpretazione di dati provenienti da sequenziamenti di rRNA16S. In questo caso, i risultati sono stati ottenuti usando due diverse piattaforme di sequenziamento (Illumina e Roche) e ciò ha significato tassi di errore e profondità di lettura diversi, che hanno quindi influenzato il numero di OTUs rilevate per singolo campione.
Infatti, se l’analisi interessa tutte le regioni ipervariabili del 16S (dalla V-1 alla V-8), l’alfa diversità dei campioni provenienti da polli trattati con antibiotici è maggiore rispetto a quella dei controlli non trattati. Se, invece, l’analisi viene suddivisa per regioni ipervariabili (V1-V3, V4 e V6-V8), la diversità tra i due gruppi analizzati si appiana o, addirittura, diminuisce, a prescindere dalla regione ipervariabile analizzata.
Cluster microbici instabili identificati attraverso un co-occurence network
Gli autori hanno costruito un network di associazioni tassonomiche per identificare gruppi di microrganismi che coesistono in una stessa comunità naturale. Per definire questi gruppi, le specie sono state clusterizzate sulla base dei pattern di co-occurrance, ovvero co-occupazione. La famiglia del Lactobacillus, per esempio, da un lato correla negativamente con quella del Ruminococcaceae e del Lachnospiraceae, dall’altro invece positivamente con altri Lactobacilli, Bacteroides e Christensenellaceae. Su 13 cluster, 2 sono ampiamente rappresentati dalla famiglia dei Lactobacillus.
Inoltre, gli autori hanno confermato che non è corretto classificare i microbiomi in classi enterotipiche basandosi sulla co-occurrence di specifici gruppi di microrganismi. Infatti, come già dimostrato in studi recenti condotti sull’uomo, gli enterotipi sembrano essere artefatti delle analisi, in quanto solamente una piccola frazione di campioni racchiude tutti i membri all’interno di ogni cluster. In questo studio, per esempio, solo i cluster 5 e 6 avevano almeno il 25% dei loro membri presenti in più del 20% dei campioni. Ciò suggerisce, quindi, che il microbioma intestinale mostra piuttosto realmente quella che è la notevole variabilità nelle interazioni tassonomiche.
Il Lactobacillus ha un effetto polarizzante sulla composizione della comunità microbica
Allo scopo di identificare il microrganismo chiave, il vero “influencer”, gli autori hanno rimosso dalla struttura del microbioma intestinale la specie con più alto numero di interazioni, positive o negative che siano, con le altre specie. Sorprendentemente, i Lactobacilli si aggiudicano il ruolo di maggiori “influencer” all’interno del microbioma intestinale, essendo presenti in più del 10% dei campioni sequenziati per le regioni ipervariabili V1-V3 o V6-V8 del rRNA 16S. Inoltre, anche se i microbiomi intestinali non si possono classificare in enterotipi, la presenza della famiglia del Lactobacillus nei cluster 5 e 6 porta allo stabilirsi di veri e propri sottogruppi di microrganismi che si ritrovano in una proporzione significativa di campioni. Per esempio, almeno il 30% dei 1572 campioni contengono almeno il 25% dei componenti dei cluster 5 e 6.
Perciò, nonostante i potenziali errori sperimentali relativi a questo studio, il messaggio che gli autori vogliono comunicare è decisamente comprovato: il Lactobacillus suscita una reazione di “amore-odio” (“marmite effect” in inglese) tra gli altri membri del microbioma, giustificando, almeno in parte, il suo ruolo preponderante come probiotico in caso di infezioni alimentari.
Concludendo, questo studio getta le basi per lo sviluppo di veri e propri consorzi microbici sintetici, prodotti per promuovere un sano tratto gastrointestinale nei polli.