Cerca
Close this search box.

Il propionato prodotto dal microbiota intestinale riduce il colesterolo

Un’alimentazione ricca di fibre e prebiotici che stimolino la produzione di SCFA può rappresentare una strategia per la prevenzione delle patologie cardiovascolari.
CONDIVIDI →

Il propionato prodotto dal microbiota intestinale riduce il colesterolo

CONDIVIDI →

In questo articolo

Stato dell’arte
Le patologie cardiovascolari sono la principale causa di morte e malattia. Il ruolo del microbiota sul metabolismo del colesterolo rimane da chiarire.

Cosa aggiunge questa ricerca
Questo studio ha analizzato gli effetti del propionato, prodotto di fermentazione del microbiota intestinale e mediatore immunitario, sul metabolismo del colesterolo.

Conclusioni
Il propionato influenza l’espressione del trasportatore del colesterolo Npc1l1 e di IL-10. Il microbiota intestinale potrebbe essere un’alternativa terapeutica per il controllo di dislipidemie.

Il propionato, mediatore immunitario e prodotto dai batteri presenti nell’intestino, potrebbe influenzare il metabolismo del colesterolo intestinale agendo sul suo trasportatore epiteliale

Il sistema immunitario intestinale rappresenta quindi una nuova frontiera per sviluppare strategie alternative nella prevenzione di disturbi cardiovascolari, attraverso terapie in grado di contrastare le dislipidemie.

Ne sono convinti Arash Haghikia e i suoi colleghi dell’Università di Berlino (Campus Benjamin Franklin) che di recente hanno pubblicato un interessante lavoro di ricerca su European Heart Journal

Colesterolo e intestino

Le patologie cardiovascolari rappresentano la prima causa di malattia e mortalità nel mondo occidentale. 

Tra le principali cause troviamo alti livelli di lipoproteine (LDL e HDL) che trasportano il colesterolo e che quindi rappresentano i principali target per la prevenzione e il trattamento in quanto fattori modificabili con terapie farmacologiche. 

Di recente il microbiota intestinale e i relativi metaboliti prodotti dai batteri sono entrati a pieno titolo tra i possibili target per cercare di controllare i livelli di colesterolo ematico e, di conseguenza, migliorare la funzionalità vascolare e ridurre il rischio di aterogenesi.

Trimetilammina-N-ossido, per esempio, uno dei prodotti batterici, ha mostrato di indurre aterosclerosi in modelli animali. 

Di contro, gli acidi grassi a catena corta (SCFAs;  acido propionico, butirrico, acetico ecc.) sono tra i metaboliti batterici (postbiotici) che hanno dimostrato di esercitare benefici diversi sulla salute: modulano il sistema immunitario, controllano la proliferazione cellulare e le riserve energetiche ecc. 

L’acido propionico (PA) in particolare è risultato implicato nel controllo dell’immunità mediata da T-cells e, perciò, nel decorso di patologie autoimmuni, promuovendo la differenziazione verso CD25þ Foxp3þ regulatory T cells (Tregs). 

Ma non solo. L’acido propionico ha poi mostrato benefici in casi di ipertensione. È infatti ormai noto come l’assunzione di fibre prebiotiche, che stimolano la produzione di SCFA da parte del microbiota intestinale, sia in generale positiva per la salute cardiovascolare e, nello specifico, in grado di contrastare un disequilibrio lipidico. 

Rimane tuttavia da capire se questa regolazione avvenga in maniera immuno-dipendente o meno. 

Acido propionico e rischio cardiovascolare

Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno indagato se e come l’acido propionico possa regolare i livelli di lipoproteine in modelli murini modificati per non presentare apolipoproteine E (apoE-/-; trasportatori plasmatici di colesterolo) e in pazienti con ipercolesterolemia. 

Di seguito i principali passaggi e risultati. 

Iniziando dal controllo dei livelli di lipidi plasmatici in vivo dopo eventuale intervento antibiotico per la deplezione batterica, dieta standard o ad alto contenuto di grassi (HFD) per 6 settimane, si è osservato come:

  • nel gruppo con microbiota depleto i livelli di VLDL e HDL totali sono risultati maggiori della controparte non trattata con antibiotici indipendentemente dalla dieta, supportando il ruolo generale del microbiota;
  • l’aumento dei livelli di colesterolo è risultato associato a un parallelo aumento di lesioni aterosclerotiche;
  • il supplemento esogeno di acido propionico (200 mg/kg) ha, di contro, prevenuto l’aumento di VLDL e HDL correlato a dieta ricca di grassi soprattutto nel gruppo pre-trattato con antibiotici, suggerendo come PA possa compensare; 

Ma come interviene l’acido propionico? Sembrerebbe andando a modulare l’espressione Niemann-Pick C1-like protein 1 (Npc1l1), principale trasportatore transmembrana del colesterolo nonché responsabile del suo assorbimento. 

Segue (anche se meno marcato) un controllo della proteina di legame per steroli (Srebp2), ritornata a livelli di attività fisiologici dopo il trattamento con PA. Nessuna differenza significativa invece nell’espressione di altri geni coinvolti nella stessa via metabolica quali 7-alfa-idrolasi, recettore per LDL, reduttasi ecc. 

Concentrandosi quindi su Npc1l1:

  • un aumento della sua densità è stato registrato nelle sezioni istologiche intestinali di modelli murini apoE-/- alimentati con HFD rispetto a dieta standard. Tale accumulo è stato tuttavia contrastato dal supplemento con PA;
  • i livelli plasmatici di stigmasteroli e sitosteroli (usati come indicatori di assorbimento intestinale) hanno mostrato un aumento in seguito a HFD, situazione anche in questo caso mitigata da PA;
  • nonostante il presunto impatto di PA sul trasportatore, il solo trattamento con organoidi di PA non ha mostrato marcate differenze nella sua espressione suggerendo un panorama più complesso.

Il ruolo del sistema immunitario

I ricercatori hanno quindi esplorato i meccanismi d’azione dell’acido propionico anche dal punto di vista immunitario. Precedenti studi hanno infatti dimostrato come sia, per esempio, attivamente coinvolto nel controllo del metabolismo sistemico dei linfociti T intestinali

Anche in questo caso, il supplemento di PA ha indotto un aumento di cellule Treg e interleuchine-10 (IL-10) nell’intestino tenue. 

Nessuna altra alterazione è stata invece registrata in relazione ad altre cellule immunitarie quali Th1 o Th17, monociti, IL-6, TNF-alfa. 

Potrebbero quindi Treg e/o IL-10 mediare l’azione di Npc1l1? Sembrerebbe essere così per IL-10. Infatti:

  • il trattamento con organoidi esprimenti recettori per IL-10 (R1-2) ha indotto una down-regolazione dose dipendente nell’espressione di Npc1l1;
  • bloccando questi recettori si è registrata una diminuzione dell’efficacia di PA nel ridurre i livelli di colesterolo e lipoproteine totali oltre che la severità di lesioni aterosclerotiche. Aumentati inoltre anche i livelli di fitosteroli plasmatici.

L’acido propionico sembrerebbe quindi regolare indirettamente l’assorbimento di colesterolo agendo su Npc1l1 attraverso IL-10.

Lo studio su pazienti con colesterolemia elevata

Da ultimo, le evidenze osservate in vivo sono state quindi testate su 62 pazienti con ipercolesterolemia osservando una tendenza analoga. In particolare il trattamento con acido propionico per otto settimane:

  • ha ridotto significativamente i livelli sierici di lipoproteine LDL e colesterolo totale rispetto al gruppo con placebo;
  • ha, di contro, supportato lo sviluppo fenotipico di cellule T periferiche con un aumento di Treg senza però alterare i livelli di Th17 e Th1;
  • il supplemento è poi risultato ben tollerato non soltanto dall’ospite, ma anche dalla componente batterica intestinale la quale non ha mostrato alcuna variazione significativa in termini di composizione e funzionalità.

Conclusioni

Per riassumere, questo studio sottolinea l’attività dell’acido propionico, prodotto di fermentazione batterica, nel diminuire l’assorbimento del colesterolo intestinale attraverso un pathway immunitario

Il trasportare Npc1l1 e il mediatore IL-10 tra i principali fattori coinvolti e sui quali, questo acido grasso a catena corta, va ad agire. 

Il supplemento orale di acido propionico ha dimostrato, anche in un contesto clinico, di migliorare i livelli LDL e HDL contribuendo quindi alla salute cardiovascolare. 

Un’alimentazione più ricca di fibre e prebiotici che stimolino la produzione di SCFA ha quindi tutte le carte in regola per diventare una strategia di modulazione del microbiota il cui obiettivo è la prevenzione delle patologie cardiovascolari.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

Potrebbe interessarti

Oppure effettua il login