È la prima barriera di controllo verso l’ambiente e gli agenti esterni: la pelle, per poter svolgere le sue attività in modo efficace, ha bisogno del microbiota cutaneo. Microrganismi commensali in grado di stimolare l’attività del sistema immunitario, indurre la risposta verso patogeni e contribuire alla fisiologica struttura della pelle ed al corretto differenziamento cellulare nei vari strati che la compongono.
Sono queste le conclusioni della review pubblicata su Science da parte di Tamia Harris-Tryon ed Elizabeth Grice, due dermatologhe e ricercatrici statunitensi, la prima in forza alla University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas, la seconda della University of Pennsylvania di Philadelphia. Focus principale della revisione degli studi pubblicati: valutare le evidenze che riguardano il ruolo del microbiota cutaneo nel contesto delle funzioni di barriera esercitate dalla pelle.
I batteri del microbiota della pelle
La cute umana è un ambiente ipersalino e acido, con una scarsa disponibilità di nutrienti. Il microbiota cutaneo comprende un ristretta cerchia di batteri, funghi e virus. In dettaglio, i batteri presenti appartengono praticamente solo a tre diversi phyla: Actinobacteria, Firmicutes e Proteobacteria con i loro relativi batteriofagi in grado di modulare in modo dinamico e regolato le attività della popolazione batterica residente così come la relativa virulenza.
Gli eucarioti presenti sono molto meno numerosi;tra essi, si distinguono: Malassezia spp., le specie fungine più numerose mentre il genere Demodex è quello più numeroso a livello del follicolo pilifero.
Si ritiene che la colonizzazione iniziale della cute del neonato avvenga durante il parto. Nei bambini nati con parto naturale le specie Lactobacillus, Prevotella e Sneathia vengono trasferite dalle strutture del canale del parto materno alla pelle del bambino e questa iniziale colonizzazione perdura per circa 6 settimane di vita post natale.
Successivamente, il profilo del microbiota del neonato evolve con la presenza di microrganismi delle specie di Staphylococcus e Corynebacterium. Nel caso di parto con taglio cesareo, le specie Staphylococcus, Corynebacterium e Cutibacterium sono le predominanti.
La struttura pilifero-sebacea rappresenta uno degli ambienti più significativi a livello ecosistema microbico. Il sebo è in grado di determinare una selezione a livello delle specie consentendo la sopravvivenza a quelle in grado di metabolizzare le sostanze in esso presenti e, essendo l’ambiente della struttura pilo-sebacea ipossico consente la sopravvivenza di microrganismi anaerobi facoltativi come Cutibacterium acnes.
I distretti cutanei con maggiore umidità e occlusione, come inguine, ascelle ed ombelico, sono ricchi di Corynobacterium spp. in grado di metabolizzare i lipidi e con una crescita piuttosto lenta.
Il microbiota cutaneo umano muta durante il periodo della pubertà sotto la spinta dei cambiamenti ormonali e quando le ghiandole sebacee cominciano a produrre sebo sostiene la proliferazione di C. acnes e Malassezia spp. con una spiccata attività lipofilica.
Dopo questo repentino e brusco mutamento che caratterizza la pubertà, la composizione del microbiota, sia a livello batterico che fungino che virale, rimane stabile nell’età adulta e nella vecchiaia.
Microbiota e barriera cutanea
La cute è una struttura straordinaria composta da epiteli stratificati con popolazioni cellulari in grado di differenziarsi affinché sia le sue funzioni sia la raffinata architettura vengano mantenute. In questo contesto, anche il microbiota contribuisce al fisiologico mantenimento delle sue proprietà e caratteristiche.
Di per sé, il microbiota è una barriera contro l’invasione, la colonizzazione e le infezioni da parte di microrganismi esterni e patogeni. I microrganismi residenti hanno infatti elaborato delle strategie per antagonizzare i rivali.
Per esempio, lo Staphylococcus hominis produce sostanze ad azione antibiotica efficaci contro lo Staphylococcus aureus e, sempre verso quest’ultimo, lo Staphylococcus capitis agisce con il suo gene regolatorio accessorio (agr) attivando il pathway detto quorum sensing.
Tali meccanismi messi in atto dal microbiota cutaneo spesso sinergizzano con la risposta immunitaria dell’ospite per massimizzare il risultato. Per esempio, i peptidi ad azione antibiotica prodotti dallo Staphylococcus lugdunensis inducono la produzione di LL-37 da parte dei cheratinociti e di CXCL8 ad azione chemotattica nei confronti delle cellule della risposta immunitaria innata.
Barriera fisica
I cheratinociti vanno incontro fisiologicamente a un processo di differenziamento che si conclude con la formazione di uno strato corneo: a queste fasi prendono parte e collaborano attivamente anche i microrganismi del microbiota residente.
In particolare, la presenza di un microbiota funzionale e fisiologico è necessario per la funzione di barriera della pelle e per il mantenimento della sua integrità; soprattutto interagisce con la via di segnalazione mediata dal recettore per gli idrocarburi (Aryl-Hydrocarbon receptor -AHR).
Barriera chimica
L’ambiente acido presente sulla superficie cutanea contribuisce, già da solo, ad attuare una selezione sulla popolazione di microrganismi in grado di sopravvivere.
Barriera per i meccanismi di immunità innata
L’ospite e il microbiota cutaneo hanno molteplici livelli di interazione: per esempio, i microbi sono in grado di indurre l’attivazione di meccanismi di immunità innata.
Per esempio, lieviti come Candida albicans stimolano la risposta immunitaria a livello della pelle. In modo analogo, verso S. epidermidis si attiva una risposta mediata da cellule T che richiede l’espressione di particolari molecole di glicani in modo che gli stessi possano interagire con le lecitine di tipo C presenti sulle cellule dell’ospite. Anche la disponibilità di ossigeno può innescare fenomeni di risposta immunitaria: per esempio, C. acnes, un batterio micro aerofilo o areotollerante, fermenta il glicerolo presente nella struttura dei trigliceridi e produce acidi grassi a catena corta (Short Chain Fatty Acids – SCFAs) i quali sono in grado di inibire l’azione di enzimi ad azione istone deacetilasica che viene interpretato come segnale di attivazione da parte delle cellule del sistema immunitario attraverso l’attivazione della via del TLR.
La comunità di microrganismi che forma il microbioma induce la produzione da parte dell’ospite di proteine e peptidi ad azione antimicrobica ed antibiotica, come le β-defensine, utili contro E. coli e S. aureus. Anche la produzione da parte dell’ospite di proteine cationiche disordinate rappresenta un meccanismo di difesa verso i patogeni.
Il microbiota cutaneo contribuisce anche a coordinare la risposta immunitaria nel contesto della guarigione e riparazione delle ferite, attivando la risposta mediata dell’interferone I.
Meccanismi di immunità acquisita
La pelle ospita anche diversi tipi cellulari coinvolti nella cosiddetta immunità acquisita, come le cellule T della memoria in grado di mediare le risposta verso batteri patogeni.
A livello della struttura formata del follicolo pilifero, risiedono anche linfociti Treg in grado di indurre la produzione di citochine da parte dei cheratinociti.
Un’altra popolazione cellulare presente a livello cutaneo è quella delle cellule T invarianti associate alla mucosa (Mucosal-associated invariant T cells – MAIT) necessarie soprattutto nel periodo dell’infanzia.
Difesa verso le patologie cutanee
Il microbioma residente nella sua composizione fisiologica è destinato a mutare sia per quanto riguarda la composizione che la funzione quando la sua nicchia ecologica viene distrutta o muta come conseguenza di una situazione patologica.
Infatti, alterazioni della comunità microbica sono la regola, piuttosto che l’eccezione, in condizioni di malattia. Inoltre, la scomparsa di microrganismi del microbiota spesso porta alla comparsa di microbi con un effetto negativo sulla salute dell’ospite.
Lo S. aureus è un batterio opportunista spesso presente in caso di dermatite atopica (Atopic Dermatitis – AD) o nelle ferite in grado di sfuggire al sistema immunitario e di produrre infezioni croniche nell’ospite. In dettaglio, esso è in grado di produrre alfa-tossine ed indurre pathway proinfiammatori mediati dalla IL-2.
Nel contesto della disbiosi osservata in casi di dermatite atopica si è notata l’assenza di microbi tipicamente presenti come commensali e responsabili della fisiologica funzione barriera della cute.
Anche nei casi di idrosadenite suppurativa è stato osservato un cambiamento a livello del metabolismo del triptofano che contribuisce ad un’alterazione del microbiota e della funzione del sistema immunitario.
Nel caso della cute acneica, è stata notata un’importante colonizzazione da parte di C. acnes in grado di indurre una copiosa produzione di citochine pro-infiammatorie e porfirine che contribuiscono a creare un microambiente non fisiologico e infiammato.
Nel contesto delle ferite che non si rimarginano e non guariscono, ma persistono cronicamente, è stata notata la presenza di comunità di batteri anaerobi.
Per quanto riguarda la psoriasi, poche informazioni riguardo al ruolo giocato del microbioma sono disponibili. È stato però notato che l’esposizione a C. albicans aumenta l’attività dei linfociti T helper con l’aumento della produzione di IL-17.
Effetti a livello sistemico: le “altre barriere”
Recenti evidenze hanno suggerito che il danneggiamento della cute e la sua sensibilizzazione possa influenzare altre barriere, come quella intestinale o polmonare.
Per esempio, il danno alla cute induce il rilascio di IL-33 da parte dei cheratinociti che, a livello sistemico, induce l’attivazione di ILC2s nell’intestino dove viene altresì prodotta IL-4 in grado di favorire l’espansione dei mastociti che rispondono generalmente agli allergeni e mediano fenomeni di anafilassi. Le ferite della pelle acutizzano anche i fenomeni infiammatori tipici delle colite e della malattia infiammatoria intestinale.
La sensibilizzazione della pelle ha delle ripercussioni anche a livello polmonare. Studi epidemiologici hanno infatti dimostrati che fenomeni di sensibilizzazione cutanea, come la dermatite, proseguono poi con il coinvolgimento delle vie respiratorie e dei polmoni attraverso fenomeni di rinite allergica, asma e allergie a determinati cibi.
Anche situazioni inverse, nelle quali disbiosi intestinali o polmonari, hanno ripercussioni sul microbiota fisiologico della cute sono state notate, ma i dati sono molto scarsi.
Conclusioni
Il microbiota cutaneo in situazioni fisiologiche e patologiche è stato oggetto di numerosi studi in questi ultimi anni e studi futuri contribuiranno sicuramente ad approfondire le sue funzioni e i suoi attributi meccanicistici nel contesto della dermatologia umana.
I progressi terapeutici ottenuti grazie allo studio del microbioma cutaneo hanno consentito di identificare specie responsabili della disbiosi così come specie che, invece, possono riportare l’equilibrio microbiologico nel microambiente considerato.
La batterioterapia, ovvero il trapianto di batteri utili a trattare una certa patologia, sta vedendo la sua applicazione nel contesto di un trial clinico per la cura della dermatite atopica. Tale studio vede il trapianto di specie di S. hominis per fronteggiare la colonizzazione indesiderata di S. aureus.
Inoltre, strategie di screening possono essere attuate per identificare i microrganismi in grado di attivare o spegnere i pathway desiderati.
Altre strategie, come la terapia con batteriofagi, risultano per il momento poco studiate in relazione alle patologie cutanee.