La metformina è un farmaco usato da molti anni come terapia per il diabete di tipo 2. Il suo meccanismo d’azione si basa principalmente sulla marcata diminuzione della gluconeogenesi, il processo di biosintesi del glucosio, a livello degli epatociti. Ma è tutto qui? Sembrerebbe di no, almeno stando a quanto dimostra lo studio coordinato da Lulu Sun della Peking University, e pubblicato su Nature Medicine.
Nonostante i dati in merito siano scarsi, è stato infatti dimostrato come la metformina influenzi anche la componente batterica intestinale, il cui benessere è determinante nella salute generale dell’individuo.Tra le vie maggiormente controllate dal microbioma intestinale c’è quella di trasformazione degli acidi biliari, metaboliti coinvolti, tra le altre, anche nella patologia diabetica.
I ricercatori hanno dunque voluto approfondire quali siano le specie batteriche realmente responsive alla metformina e quali siano i meccanismi di regolazione del glucosio indotti attraverso il microbioma. Per fare ciò sono stati analizzati campioni fecali ed ematici di 22 pazienti diabetici prima e dopo tre giorni di trattamento con metformina (1.000 mg 2 volte/die), dal punto di vista sia metagenomico sia metabolomico e con attenzione particolare agli acidi biliari. A completamento dei risultati ottenuti sono stati condotti anche test in vivo su modelli murini. Di seguito le principali evidenze.
Metformina, microbioma e acidi biliari
Partendo dalle analisi di metagenomica dei campioni raccolti dopo il trattamento è emerso:
- una leggera diminuzione di alpha diversity contrapposta a un sostanziale ri-arrangiamento in termini di composizione batterica rispetto alle condizioni di partenza
- un generale e marcato decremento del genere Bacteroidetes, B. fragilis in particolare
Si è passati poi alla determinazione del profilo metabolico post-metformina registrando:
- un incremento dei livelli di acido glicodesossicolico (GUDCA) e tauroursodesossicolico (TUDCA)
- un aumento del rapporto degli acidi biliari coniugati vs non coniugati nonostante i valori totali siano rimasti pressoché stabili
- una diminuzione dell’attività del recettore farnesoide intestinale (FXR), di norma stimolato dagli acidi biliari e dai loro metaboliti
- un incremento dell’attività epatica di CYP7A1, enzima implicato nella regolazione del glucosio
Tutto ciò ha portato i ricercatori ad approfondire i meccanismi di inibizione del recettore FXR data la sua importanza nel processo metabolico.
Sia GUDCA sia TUDCA hanno dimostrato, in vitro e in vivo, di poter esercitare un’azione antagonista nei suoi confronti.
Metformina e recettori intestinali
Lo studio si è quindi spostato in vivo dimostrando, nel complesso, come la metformina inibisca l’attività di FXR attraverso il microbiota e non mediante il complesso mitocondriale AMP-chinasi (AMPK), target intestinale proposto per la metformina. Nel dettaglio:
- i livelli di TUDCA e di acido tauro-β-muricolico (TβMCA, un altro antagonista di FXR nel modello murino) hanno raggiunto valori più elevati nell’ileo di modelli trattati con metformina vs i controlli. I livelli di GUDCA sono invece risultati non rilevanti
- l’espressione del gene per FXR si è dimostrata notevolmente ridotta a livello intestinale nei modelli trattati, inalterata invece nel fegato
- i geni epatici codificanti per CYP7A1 hanno registrato una sovra-espressione nel gruppo trattato
- la via AMPK è risultata attivata solo in maniera transitoria e ad alte dosi di farmaco
- l’inibizione di FXR è stata osservata nel gruppo trattato solo con metformina, non in quello a cui è stata somministrata anche terapia antibiotica. Ciò supporta il ruolo del microbioma come mediatore di metformina
Microbioma e metformina: qual è la specie coinvolta?
Al fine di identificare nello specifico la specie batterica responsabile del metabolismo di TUDCA e GUDCA nei pazienti diabetici, i ricercatori hanno valutato le eventuali correlazioni tra i cambiamenti sierici e fecali di batteri e di acidi biliari.
L’unica correlazione, negativa, è emersa con B. fragilis che ha dimostrato inoltre:
- correlazione positiva con i livelli sierici di FGF19, gene indotto da FXR, negativa con quelli di C4 (7alfa-idrossi-4-colesten-3-one), altro metabolita controllato dal recettore
- inibizione di crescita dose-dipendente in seguito a terapia con metformina da collegare all’alterazione del metabolismo batterico di folati e metionina
- di annullare, se trapiantata in vivo, i benefici indotti da metformina in termini di regolazione glicemica, sensibilità insulinica e calo ponderale. Anche i livelli di TUDCA e TβMCA hanno registrato un decremento
Ridurre a monte l’espressione intestinale di B. fragilis può essere quindi una valida strategia per incrementare gli effetti positivi della metformina.
Metformina e intestino: non solo batteri
Dopo aver determinato il ruolo chiave di B. fragilis nell’azione intestinale della metformina, i ricercatori hanno cercato eventuali altri attori. L’FXR, per esempio, è indispensabile?
Sembrerebbe di sì. Modificando infatti alcuni modelli murini per non esprimere tale recettore non si è notato alcun effetto indotto invece dal farmaco in condizioni normali (perdita di peso e controllo glicemico).
E tra gli acidi biliari?
Il ruolo principale, sempre su modelli animali, lo ha mostrato l’acido glicodesossicolico (GUDCA) presentando effetti terapeutici sia nella regolazione del glucosio sia nella resistenza insulinica attraverso l’inibizione selettiva proprio di FXR.
In conclusione, dunque, questo studio dimostra come l’azione anti-diabetica della metformina non sia da ricercare solo a livello epatico, ma anche nell’intestino. La riduzione di B. fragilis e dell’attività del recettore farnesoide (FXR) controbilanciata dall’aumento di metaboliti come l’acido glicodesossicolico (GUDCA) e tauroursodesossicolico (TUDCA) rappresenta infatti un nuovo e inaspettato schema d’azione.