Gli individui con prediabete presentano un microbiota intestinale alterato rispetto ai soggetti sani, caratterizzato da un decremento del genere Clostridium e del batterio degradante mucina Akkermansia munichipila.
È quanto dimostrato dallo studio condotto da Kristine H. Allin dell’University of Copenhagen e colleghi, di recente pubblicazione sulla rivista Diabetologia.
La condizione di prediabete è definita dall’innalzamento dei livelli di glucosio a digiuno e di emoglobina glicata al di sopra della norma ma al di sotto di quelli necessari per diagnosticare il diabete standard di tipo 2.
Leggi anche: Prediabete: probiotico migliora il profilo metabolico
Si riscontra prevalentemente in individui sovrappeso, insulinoresistenti e con un basso grado di infiammazione, più o meno cronica, che, nel complesso, contribuiscono allo sviluppo del diabete vero e proprio oltre che a patologie cardiovascolari.
È già noto da tempo come soggetti diabetici e con patologie infiammatorie croniche abbiano un diverso microbiota intestinale, ma poco si sa della sua composizione e funzionalità nella situazione prediabetica.
Leggi anche: Microbiota intestinale, diabete e obesità: c’è un filo conduttore?
A questo proposito, il gruppo di ricercatori danese ha confrontato i campioni fecali di 134 individui affetti da prediabete, in sovrappeso, resistenti all’insulina, con dislipidemia e basso grado di infiammazione con altrettanti controlli sani.
Oltre al profilo batterico dei due gruppi, è stato confrontato anche il livello di biomarcatori metabolici ed effettuato il trapianto fecale su modelli murini per verificare se e in che misura il microbioma possa influenzare la sensibilità al glucosio nell’ospite.
I batteri che cambiano nel prediabete
Cinque generi batterici e 36 OTUs differiscono significativamente in termini di abbondanza tra i due gruppi. Il genus Clostridium infatti è risultato diminuito tra i soggetti prediabetici mentre ad aumentare sono stati quello Dorea (Rominococcus), Sutterella e Streptococcus. A livello di OTUs invece quelli a riportare la maggiore alterazione rientrano tra i Clostriadeles (OTU 146564) e A. muciniphila che mostrano minor presenza nel primo gruppo rispetto ai controlli.
Dall’analisi di correlazione tra abbondanza dei taxa e biomarcatori clinici (glicemia, insulina, proteina C-reattiva, triacilglicerolo, BMI e circonferenza addominale) si è visto come Clostridium ne sia in generale negativamente associato mentre, al contrario, come il genere Dorea sia positivamente correlato con la maggior parte dei parametri. È inoltre interessante notare come gli 8 OTUs più carenti nei prediabetici siano anche quelli ad esser fortemente collegati in particolare ai livelli plasmatici di triacilglicerolo e proteina C-reattiva. Tuttavia, OTUs 3856408 e 193129, classificati come Lachnospiraceae, OTU 4364405 e 819353 dei Ruminococcaceae e OTU 4465124 dei Clostridium sono risultati negativamente correlati a tutti i marcatori clinici precedentemente elencati. Contrariamente, positiva associazione l’hanno evidenziata OTU 198646 e 307113 classificati come Blautia, OTU 188047 e 181167 del genere Dorea sp.
Batteri nell’intestino e biodiversità
Passando ai test di alpha e beta diversity applicati a tutti i campioni, si è dimostrato come la biodiversità sia negativamente correlata ai marcatori clinici della condizione prediabetica. In linea con studi precedenti, infatti, ad un aumento di diversità batterica corrisponde un miglior controllo glicemico e un minor deposito adiposo.
Da ultimo, si è voluto approfondire l’ipotesi di trasferimento di microbiota da donatore umano dapprima in un modello murino convenzionale e successivamente in uno germ-free per evitare competizione batterica, al fine di verificare la capacità del solo microbioma nel modificare i parametri legati al prediabete.
Il trapianto fecale tuttavia non ha prodotto i risultati sperati a causa di un basso livello di colonizzazione nell’animale probabilmente a causa di una carenza di specie chiave in questo processo.
Complessivamente si può affermare come i soggetti con prediabete presentino una diversa composizione e minor ricchezza batterica rispetto ai controlli.
Futuri studi saranno dunque necessari per approfondire il ruolo che il microbioma intestinale riveste in questo stadio antecedente la patologia diabetica standard.
Silvia Radrezza