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Zuccheri semplici alterano il microbioma intestinale e favoriscono l’obesità

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Zuccheri semplici alterano il microbioma intestinale e favoriscono l’obesità

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Lo stile di alimentazione è uno dei principali fattori che favoriscono l’obesità: secondo uno studio condotto dall’Università della Georgia – Athens (USA), non sarebbero solo i grassi alimentari a essere responsabili.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Physiology & Behavior, afferma che anche un alto contenuto di zuccheri nella dieta può causare una serie di effetti negativi sull’organismo, in parte mediati da alterazioni a carico del microbiota intestinale.

Sono sempre di più le evidenze scientifiche che contraddicono l’ipotesi che una dieta povera di grassi sia sufficiente a tenere sotto controllo il peso corporeo. Molti cibi dietetici attualmente in commercio, paradossalmente, sono ricchi di zuccheri e carboidrati complessi, i quali possono influenzare il rischio obesità e alterare il microbioma intestinale.

Per testare la loro ipotesi, i ricercatori hanno sperimentato su un gruppo di roditori quattro differenti diete secondo il contenuto di grassi e di zuccheri assunti, limitandone o aumentandone il livello. Nel corso dello studio, durato quattro settimane, gli scienziati hanno tenuto sotto controllo il peso degli animali e condotto analisi sui tessuti e sulla composizione del microbioma.

Il dato più evidente emerso dalla ricerca è l’aumento di peso degli animali alimentati con un alto contenuto di zuccheri: indipendentemente dalla quantità di grassi assunti, gli animali che hanno seguito una dieta ricca di zuccheri hanno aumentato in maniera significativa peso e massa corporea.

L’aumento di peso si ripercuote a sua volta sul fegato, nel quale va ad accumularsi il grasso. Tale accumulo, spiegano gli scienziati, aumenta il rischio di problemi a carico del metabolismo, e può essere correlato alla composizione specifica del microbioma e dei suoi sottoprodotti.

L’abbondanza di zuccheri, inoltre, provocherebbe alterazioni nell’efficienza energetica: in una dieta povera di grassi, infatti, il consumo di calorie dipenderebbe in larga parte dall’abbondanza di zuccheri, che provocherebbe a sua volta un maggiore accumulo di grassi nell’organismo. In questo processo ha un ruolo decisivo anche il microbioma, che con la sua azione influenza il metabolismo e l’efficienza energetica dell’organismo.

Studi precedenti hanno infatti dimostrato che trapiantando il microbioma di roditori obesi in animali precedentemente privi di batteri commensali, si registra un significativo aumento di peso. In questa ricerca, le analisi sulla composizione dei batteri intestinali hanno evidenziato, a distanza di una sola settimana dall’inizio dello studio una marcata diminuzione nella biodiversità del microbioma in presenza di una dieta ricca di zuccheri.

Oltre a diminuire la biodiversità, l’alto contenuto di zuccheri nella dieta andrebbe a costituire un profilo simile a quello che si registra nell’obesità, con una proliferazione di Firmicutes e una corrispettiva diminuzione di Bacteroides. Tali alterazioni a carico del microbioma andrebbero a favorire la permeabilità della barriera intestinale, permettendo il passaggio di sostanze potenzialmente dannose come i lipopolisaccaridi (sottoprodotti dell’attività batterica) e citochine che favoriscono le infiammazioni.

Il fenomeno, secondo quanto emerso dalla ricerca, ha delle ripercussioni anche sul sistema nervoso: negli animali nutriti con una dieta ricca di zuccheri è infatti emersa una compromissione dei nervi, sia nella loro funzionalità (attraverso una diminuita sensibilità a stimoli e a segnali come quello che indica la sazietà), sia nella loro conformazione, alterando la comunicazione fra intestino e cervello.

Gli esatti processi biologici dietro questa scoperta restano da chiarire, ma secondo i ricercatori ci sono prove sufficienti per affermare che una dieta ricca di zuccheri possa favorire, da sola, l’accumulo di grasso corporeo e costituire un fattore di rischio anche per patologie a carico del fegato come la steatosi epatica non alcolica.

Davide Soldati

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