Influenzando attivamente il metabolismo del cibo, la sintesi di vitamine, la produzione di energia, la risposta infiammatoria e quella immunitaria, il microbiota intestinale svolge una fondamentale funzione nella promozione e mantenimento della nostra salute.
Fattori come età, dieta, farmaci (antibiotici in primis) o modalità di nascita hanno da tempo dimostrato di impattarlo significativamente. A questi, si è di recente aggiunto l’esercizio fisico con le relative componenti di stress psico-fisico (dieta specifica, ambiente, performance, allenamento ecc.) soprattutto se praticato a livello agonistico.
Data la recente attenzione a questo aspetto, molti sono i punti ancora da approfondire su come l’attività fisica influenzi di preciso la componente batterica. Scoprirlo è tuttavia importante al fine di ottimizzare le performance e il recupero degli atleti.
A fare il punto delle evidenze disponibili, Alex E. Mohr e colleghi della Arizona State University con una revisione di recente pubblicata su Journal of the International Society of Sports Nutrition. Tra le tematiche trattate le differenze tra il microbiota degli atleti rispetto alla restante popolazione, gli effetti di differenti tipologie di esercizio e della dieta nel microbiota.
Il microbiota intestinale cambia a seconda dello sport praticato
Se l’esercizio fisico influenza il microbiota, non lo fa sempre allo stesso modo. Oltre alla tipologia di attività fisica sono poi da considerare anche i fattori ad essa correlati quali l’intensità dell’allenamento, l’ambiente, la dieta seguita dallo sportivo. Studi di paragone tra diverse discipline che tengano in conto anche questi aspetti sono tuttavia ancora carenti.
Tra quelli disponibili, Petersen et al. confrontando il microbiota di 22 ciclisti professionisti vs 11 amatori ha dimostrato come il livello di esercizio sia positivamente associato all’abbondanza di Prevotella, genere a sua volta correlato al metabolismo di amminoacidi e carboidrati. Aumentata anche l’espressione di Akkermansia generalmente associato a un microbiota in salute con, di contro, una minor presenza di Bacteroides.
O’ Donovan et al. ha invece confrontato il microbiota di 37 atleti professionisti irlandesi praticanti 16 sport diversi valutando l’impatto di quelli dinamici vs statici. Nel primo caso si è registrata una maggiore distinzione compositiva, negli atleti invece praticanti entrambe le tipologie invece una differenza funzionale. Livelli maggiori di lattato nelle urine sono poi stati registrati negli atleti da sport statici, di creatinina nelle feci dei dinamici.
Nonostante le limitate evidenze si può comunque assumere come il microbiota degli atleti abbia una maggiore abbondanza di batteri promotori di salute (Akkermansia in primis) oltre che una più elevata diversità. Inoltre:
- composizione del corpo (BMI) e attività fisica sono risultati positivamente correlati con molteplici specie batteriche
- analizzare la funzionalità metagenomica piuttosto che la singola tassonomia fornisce una visione più completa sia dell’ambiente batterico in sé sia della sua interazione con l’ospite
- gli atleti presentano più metaboliti fecali quali SCFAs (acetato, propionato, butirrato ecc.) associati a un maggiore turnover delle fibre muscolari e a un migliore stato di salute. Queste alterazioni sono tuttavia imputabili, almeno in parte, anche ad allenamento e dieta
- il microbiota degli atleti sembrerebbe avere maggiori capacità funzionali quali la riparazione tissutale e un maggior ricavo di energia dalla dieta per il metabolismo di carboidrati, struttura cellulare e sintesi di nucleotidi
Differenze tra “attivi” e sedentari
Maggiori sono invece le evidenze che sottolineano una certa differenza di profilo batterico tra gli sportivi e i sedentari. Vediamone alcune.
Dal confronto del microbiota di donne in premenopausa attive o sedentarie è emerso come nonostante l’esercizio non sia correlato a diversità o ricchezza batterica, specie promotrici di salute quali Faecalibacterium prausnitzii, Roseburia hominis e Akkermansia muciniphila sono più abbondanti nel gruppo attivo. I parametri della sedentarietà (tempo seduti o di pausa) sono inoltre risultati negativamente correlati con la ricchezza (numero di OTUs e specie).
Clarke et al. ha invece dimostrato come il microbiota di giocatori professionali di rugby abbia una maggiore diversità di individui sani non atleti di pari massa corporea, età e genere. Comparando poi lo stesso gruppo con un altro di atleti ma con maggiore massa corporea si è registrato un ulteriore aumento di alpha diversity in quest’ultimo.
Gli atleti con minor BMI hanno tuttavia dimostrato una maggiore abbondanza di Akkermansia. Il consumo di proteine è poi risultato correlato positivamente con la diversità.
Barton et al. approfondendo le differenze dal punto di vista metagenomico e metabolomico ha dimostrato come gli atleti hanno una maggiore espressione di pathways (biosintesi di aminoacidi, metabolismo carboidrati ecc.) e metaboliti (SCFAs,) fecali dei sedentari associabili in generale a una maggiore salute.
Così l’esercizio fisico influenza il microbiota
Sono ancora pochi gli studi che valutano l’impatto dell’esercizio volontario sul microbiota intestinale e, ad oggi, quasi tutti condotti su modelli murini con risultati talvolta contrastanti. Un’alterazione di composizione sembrerebbe però essere in generale confermata come del resto un aumento di alpha-diversity dipendente dall’esercizio.
Choi et al. ad esempio riporta come, rispetto ai controlli sedentari, i modelli che corrono attivamente sulla ruota hanno una maggior abbondanza di Firmicutes, minore di Tenericutes e Bacteroidetes.
Risultati analoghi anche per Lambert et al. secondo il quale invece i modelli attivi hanno una aumentata espressione di Firmicutes e ridotta di Bacteroides/Prevotella. Eccetto che per Lactobacillus, non si è tuttavia registrata una positiva e significativa correlazione con altri ceppi batterici e l’esercizio.
Di contro, Evans et al. ha dimostrato come l’esercizio abbia incrementato i Bacteroidetes diminuendo invece i Firmicutes. Essendo questo un profilo più simile a modelli magri, ciò potrebbe suggerire un aiuto dell’esercizio nel contrastare l’obesità anche a livello intestinale. Il rapporto Firmicutes/Bacteroidetes a inoltre dimostrato esser inversamente relazionato alla distanza della corsa.
I cambiamenti batterici sembrerebbero tuttavia non solo dipendere dalla durata e dal tipo di esercizio ma anche dalla condizione fisiologica dell’ospite e dalla dieta associata.
Passando poi agli studi condotti sull’uomo, il tipo e la durata dell’esercizio (breve o di resistenza) hanno dimostrare di impattare il microbioma degli atleti anche se in maniera specifica.
Estaki et al. ha infatti dimostrato come in individui sani l’esercizio cardio influenzi positivamente la diversità batterica e la funzionalità batterica come la chemotassi, motilità e biosintesi di acidi grassi, butirrato ad esempio.
Durk et al., sempre in atleti cardio ha riscontrato un’associazione positiva tra il rapporto Firmicutes/Bacteroidetes con il volume respiratorio VO2 max considerato responsabile della variazione batterica di circa il 22%.
In un altro studio con donne in premenopausa, l’esercizio cardio è risultato associato alla composizione batterica indipendentemente dall’età e dieta. Individui con minor VO2 max hanno anche dimostrato minor conta di Bacteroides ma maggiore di Eubacterium rectale-Clostridium coccoides.
In giocatori professionisti di rugby invece, chi segue uno specifico piano alimentare basato principalmente su proteine e sottoposto a esercizio più intenso ha anche dimostrato la più elevata diversità. Rimane tuttavia da chiarire il contributo della dieta in questa variazione.
In generale, le evidenze disponibili si possono però riassumere come segue:
- l’esercizio sembrerebbe promuovere la ricchezza della comunità batterica alterando soprattutto i batteri producenti SCFAs e promuovendo la colonizzazione di ceppi promuoventi la salute e le performance atletiche, A. muciniphila e Veillonella inclusi
- i cambiamenti indotti dall’esercizio sono transienti e, con ogni probabilità, dipendenti da stimoli ripetuti
- un esercizio eccessivo e/o prolungato impatta negativamente sulla funzionalità intestinale aumentando ad esempio la permeabilità intestinale
Effetti della dieta sul microbioma degli atleti
Dieta ed esercizio fisico vanno di pari passo nell’influenzare il microbiota. Dividerne gli apporti è perciò complesso.
Riassumendo le evidenze finora note possiamo dire che:
- la dieta modula pesantemente la composizione batterica entro le 24 ore dal suo cambio
- gli effetti di un elevato consumo di proteine (non associato a un altrettanto consumo di grassi) né ancora un punto da approfondire
- l’introito di proteine sembrerebbe essere il più forte modulatore di diversità batterica. Aumento di diversità oltre che di ricchezza si è registrato anche con un elevato apporto di fibre
- proteine di origine vegetale hanno un impatto differente sul microbioma rispetto a quelle animali seppur questo aspetto negli atleti rimane ancora da approfondire
- un elevato apporto di carboidrati e fibre negli atleti sembrerebbe essere associato a un aumento di Prevotella
- l’effetto specifico dei grassi nel microbiota è difficile da isolare dal resto dei nutrienti nonostante la tipologia di grassi assunta sembrerebbe essere importante
Conclusioni
Gli studi disponibili, seppur finora limitati, sembrerebbero dimostrare come la componente batterica degli atleti sia diversa da quella della popolazione media e con caratteristiche più affini a un profilo di salute.
Maggiore è infatti la diversità e funzionalità batterica con un aumento in particolare di ceppi coinvolti nell’immunità mucosale e nel mantenimento della funzionalità della barriera intestinale.
Nonostante siano necessari ulteriori e appropriati studi, sull’uomo soprattutto, queste informazioni preliminari rappresentare un buon punto di partenza nel impostare interventi terapeutici mediati dal microbioma preventivi o di sostegno per la salute e performance atletiche.