Le malattie infiammatorie intestinali (IBD), che colpiscono più dello 0,3% delle persone nei Paesi sviluppati, sono disturbi debilitanti caratterizzati da un’infiammazione a lungo termine del tratto digestivo.
Un gruppo di ricercatori ha sviluppato una strategia di trattamento su due fronti, un peptide ingegnerizzato e un farmaco approvato dalla FDA, che potrebbe aiutare a ridurre l’infiammazione intestinale.
I risultati, pubblicati su Science Immunology, suggeriscono che l’approccio combinato al trattamento delle IBD potrebbe essere utilizzato in studi clinici.
IBD: il ruolo del microbiota intestinale
Le IBD includono la colite ulcerosa, che è caratterizzata da infiammazione del rivestimento dell’intestino, e il morbo di Crohn, che spesso può coinvolgere gli strati più profondi del tubo digerente. Entrambi i disturbi di solito sono caratterizzati da diarrea, affaticamento e perdita di peso.
Uno dei principali driver dell’IBD è un’eccessiva risposta di specifiche cellule immunitarie, chiamate cellule T CD4 +, nei confronti del microbiota intestinale.
Studi precedenti hanno dimostrato che i linfociti T CD4 + iperattivi prendono di mira le flagelline, elementi costitutivi delle appendici utilizzate da molte specie batteriche per muoversi.
Per cercare di ridurre l’infiammazione intestinale nell’IBD, Charles Elson della University of Alabama a Birmingham (Stati Uniti) e i suoi colleghi hanno sviluppato un metodo che elimina le cellule T CD4 + iperattive e stimola la proliferazione di cellule immunitarie regolatorie che limitano le risposte immunitarie eccessive.
Modulare le cellule T CD4+
Per sviluppare un potenziale trattamento per le IBD, i ricercatori hanno prima creato un peptide ingegnerizzato che include porzioni delle flagelline batteriche. Quindi, hanno esposto il peptide a un mix di cellule immunitarie per isolare le cellule T CD4 + e attivarle.
Successivamente, il team di ricercatori ha trattato le cellule attivate con rapamicina, un farmaco approvato dalla FDA che ha attività immunosoppressiva. La rapamicina è risultata efficace nell’eliminare le cellule T CD4 + coltivate in laboratorio.
Questo trattamento in topi con infiammazione intestinale ha ridotto il numero di cellule T CD4 + patogene e ha soppresso l’immunità iperattiva. La terapia ha anche aiutato a eliminare i linfociti T CD4 + patogeni nei campioni di sangue di persone con malattia di Crohn.
«Questo studio dimostra un miglioramento della malattia infiammatoria immuno-mediata attraverso l’ablazione periferica di cellule T CD4 +» spiegano i ricercatori. «Questo approccio si è dimostrato efficace nel prevenire la colite in un modello murino di trasferimento di cellule T e ha avuto effetti inibitori simili sulle cellule T CD4 + specifiche della flagellina batterica isolate da cellule del sangue periferico di pazienti con malattia di Crohn, indicando una potenziale applicazione clinica per questo approccio nella prevenzione e nel trattamento delle IBD».
La stessa strategia potrebbe anche aiutare a trattare altre malattie infiammatorie o autoimmuni come il diabete di tipo 1 e la sclerosi multipla.