Uno studio di recente pubblicazione ha introdotto un metodo che integra i dati metagenomici al fine di valutare come il microbioma intestinale, e le relative interazioni metaboliche, possano influire sui meccanismi biologici coinvolti nello sviluppo e nella progressione delle malattie.
La rilevanza clinica del microbioma intestinale
Il microbioma intestinale è un network complesso che si basa sull’interdipendenza tra i microrganismi presenti. La comunità microbica che risiede all’interno dell’intestino, infatti, non solo trae nutrimento dalla dieta dell’ospite, ma è in grado di autoalimentarsi con i metaboliti che essa stessa produce.
In questo circolo metabolico, ogni specie residente ha un ruolo cruciale; pertanto, la presenza di “specie ridondanti”, che producono e consumano gli stessi metaboliti, è fondamentale per il mantenimento del microbioma e della salute dell’ospite.
Nonostante la ridondanza sia una nota caratteristica dei microbiomi intestinali umani, la rilevanza clinica della ridondanza nell’interscambio metabolico rimane tutt’ora poco indagata.
Ripristinare la diversità microbica tramite i metaboliti, infatti, potrebbe essere una strategia terapeutica applicabile in molte malattie correlate al microbioma intestinale ed al suo funzionamento.
Identificare le intricate interazioni nutrizionali tra i microrganismi
In questo contesto, i modelli meccanicistici che simulano lo scambio metabolico in silico, sembrerebbero mezzi utili per identificare le interazioni metaboliche tra i microrganismi; tra questi, i Genome-scale metabolic models (GEMs), modelli metabolici in scala genomica e metagenomica, permettono di predire gli scambi metabolici.
Un metodo per classificare le interazioni metaboliche secondo un quadro ecologico consente di generare ipotesi mirate, che sottendono a collegamenti meccanicistici tra il microbioma intestinale e le malattie.
Un recente lavoro pubblicato su Nature communications ha introdotto un sistema di punteggio di scambio dei metaboliti, il Metabolite Exchange Score (MES), per identificare le interazioni nutrizionali tra i microrganismi.
In particolare, il MES è il prodotto tra la diversità delle specie che producono uno specifico metabolita moltiplicato per la diversità delle specie consumatrici di tale metabolita, normalizzato per il numero totale di taxa coinvolti.
La potenziale produzione, il consumo e lo scambio metabolico effettuati da ogni membro del microbioma vengono successivamente stimati attraverso un modello metabolico. Lo studio ha analizzato 1.661 campioni metagenomici derivanti da 15 Paesi e da 11 diversi fenotipi patologici; da questi, è stato selezionato un MAG (Metagenome-Assembled Genome) per specie, per un totale di 995 MAG, di cui è stato valutato il MES.
Correlazione tra scambio di metaboliti e patologie
Questo approccio ha rivelato una carenza di potenziali interazioni nutrizionali nei microbiomi associati a 10 diverse patologie e ha individuato promettenti bersagli terapeutici in uno studio caso-controllo sul morbo di Crohn.
Gli Autori hanno identificato per la prima volta un’associazione tra la ribosil nicotinamide, un precursore del NAD+, e l’artrite reumatoide; il NAD, infatti, risulta significativamente ridotto nella malattia.
L’etanolo è stato il metabolita maggiormente influenzato dalla perdita di interazioni nutrizionali nel microbioma negli individui affetti da tumore al colon-retto.
Questo dato si ricollega alla stretta associazione tra l’elevato consumo di alcol e l’aumento nel rischio d’insorgenza della patologia, in cui il microbioma partecipa attivamente consumando l’etanolo per produrre l’acetaldeide carcinogenica.
I metaboliti, identificati da studi precedenti come markers di progressione del diabete mellito di tipo 2, mostravano punteggi MES più elevati negli individui sani, supportando l’idea che lo scambio metabolico sia una caratteristica essenziale dei microbiomi sani.
Una doppia relazione
Per molti metaboliti è emerso che: quando la ricchezza microbica è minore, sono presenti alti livelli di produttori; al contrario, quando la ricchezza microbica è maggiore, i consumatori sono in numero superiore rispetto ai produttori.
Gli Autori suggeriscono che una bassa diversità microbica potrebbe portare a una carenza di metaboliti, favorendo la colonizzazione da parte di batteri autosufficienti; un microbioma più diversificato, invece, aumenta la disponibilità e la varietà di metaboliti, consentendo alle specie consumatrici di colonizzare l’intestino.
Infine, dal caso studio sulla malattia di Crohn (CD), si evidenzia che i microbiomi dei pazienti affetti da CD presentano una carenza di componenti essenziali per il bilanciamento dell’idrogeno solforato (H2S). Questo gas sembra svolgere un ruolo protettivo quando presente in basse quantità, ma, se presente in eccesso, può provocare disgregazione della mucosa intestinale e potenziali infiammazioni. Lo scambio di H2S da parte del microbioma, infatti, può influenzare la salute dell’ospite direttamente, modulando il pH intestinale, o indirettamente, influenzando la composizione della comunità microbica.
La rilevanza clinica delle interazioni nutrizionali
La classificazione delle interazioni nutrizionali nei microbiomi intestinali, tramite modelli metabolici che integrano dati metagenomici, rappresenta un mezzo che potrebbe evidenziare potenziali microrganismi o metaboliti target utili in strategie terapeutiche costo-efficaci e durature. Future ricerche sull’applicazione del MES, in combinazione ad informazioni sui singoli ceppi, forniranno evidenze cruciali per l’identificazione di biomarcatori in grado di segnalare lo stato di salute dell’ospite nonché chiarire l’intricata ecologia del microbioma intestinale umano.