Un acido grasso a catena lunga idrossilato sulla terza posizione (C18-3OH), in pratica un postbiotico prodotto da Escherichia coli Nissle 1917 (EcN), mostra evidenti effetti antinfiammatori, mediati dall’azione del recettore PPARγ, in modelli murini di colite cronica.
È questo il principale risultato di uno studio coordinato da Cenac (Institut De Recherche en Santé Digestive, Tolosa), di recente pubblicazione su Gut.
Il probiotico EcN produce alti livelli di C18-3OH
Lo studio francese ha posto la propria attenzione sul probiotico EcN, noto per mostrare significativi effetti antinfiammatori in modelli murini di colite cronica.
Tramite un approccio di spettrometria di massa, i ricercatori hanno quindi confrontato il pool di acidi grassi a catena lunga (n compreso tra 8 e 18) idrossilati sul terzo carbonio prodotti dal coli Nissle 1917 o da altri ceppi di Escherichia coli, sia commensali sia patogeni.
L’analisi dei cluster ottenuti ha permesso di evidenziare che EcN presentava alti livelli dell’acido grasso C18-3OH, che potrebbe quindi essere coinvolto negli effetti antinfiammatori del probiotico.
Acidi grassi a catena lunga e colite
Gli studiosi hanno quindi valutato gli effetti della somministrazione di C18-3OH in topi affetti da colite indotta con destrano sodio solfato (DSS).
Pur non apportando alterazioni nel peso corporeo dei topi esaminati, tale trattamento ha causato un generale miglioramento della patologia, caratterizzato da diminuzione dello spessore del colon, aumento della sua lunghezza e minore permeabilità paracellulare nell’epitelio intestinale.
Inoltre, i topi affetti da colite indotta con DSS presentavano alterazione nell’espressione dei geni Tff3 (stabilizzante della mucosa), Reg3γ (peptide con proprietà antimicrobiche), Tjp1 (proteine delle giunzioni cellulari) e Muc2 (mucina).
A tal proposito, i ricercatori hanno dimostrato che il trattamento con C18-3OH ha portato ad una normalizzazione nell’espressione di Tjp1 e Reg3γ , oltre che all’inibizione di geni pro-infiammatori.
Postbiotici e prebiotici nelle infiammazioni intestinali
I ricercatori hanno sottoposto un modello murino a trattamento con frutto-oligosaccaridi (FOS), agenti prebiotici non digeribili autonomamente dall’organismo.
Tale approccio è stato utilizzato con lo scopo di determinare se altri batteri contenuti nel microbiota intestinale fossero capaci di produrre C18-3OH a partire dai FOS.
I risultati ottenuti hanno permesso di identificare tre generi batterici, Holdemanella, Allobaculum, Parabacteroides, la cui abbondanza presentava una stretta correlazione con i livelli di C18-3OH prodotti.
In tale contesto, l’analisi in vitro del ceppo Holdemanella biformis ha permesso di dimostrare che esso è capace di produrre C18-3OH in concentrazioni anche maggiori rispetto al probiotico EcN.
C18-3OH è antagonista del recettore PPARγ
Il trattamento di cellule epiteliali intestinali umane con C18-3OH ha permesso di determinare che la molecola è in grado di permeare nelle cellule intestinali, ma non di oltrepassare la barriera epiteliale intestinale. Tale risultato è stato confermato anche tramite studi in vivo ed ex vivo.
Data la capacità di C18-3OH di oltrepassare la membrana cellulare, i ricercatori coordinati da Cenac hanno ipotizzato un coinvolgimento del recettore attivato da proliferatori perossisomiali PPARγ. Test in vitro hanno effettivamente dimostrato un’ottima affinità tra l’acido grasso e il recettore (IC50 = 1,11 μM), proponendo la molecola come possibile antagonista.
Gli studiosi hanno inoltre evidenziato che l’utilizzo di C18-3OH altera la regolazione genica indotta da PPARγ, ma manca di efficacia in presenza di altri noti antagonisti del recettore.
Conclusioni
Lo studio riportato dimostra che gli effetti antinfiammatori del probiotico EcN su modelli murini di colite sono probabilmente dovuti alla sua capacità di produrre alti livelli dell’acido grasso a catena lunga C18-3OH.
La somministrazione di tale molecola ha portato a significativi miglioramenti clinici in topi affetti da colite indotta con DSS. Inoltre, il trattamento con FOS ha permesso di identificare altri tre generi batterici contenuti nel microbiota capaci di produrre alti livelli di C18-3OH (Holdemanella, Allobaculum, Parabacteroides) aprendo quindi la strada a nuovi approcci terapeutici.
I ricercatori hanno infine dimostrato che il meccanismo d’azione dell’acido grasso è probabilmente mediato dalla sua interazione con il recettore PPARγ, per il quale presenta un’ottima affinità.